Gli otto ostacoli che impediscono lo sviluppo sostenibile dell’America Latina e dei Caraibi

Cepal: la sfida sociale si gioca anche nell'economia, nella politica e nell'ambiente

[7 Ottobre 2019]

La terza Reunión de la Conferencia Regional sobre Desarrollo Social de América Latina y el Caribe organizzata a Città del Messico dalla Comisión Económica para América Latina y el Caribe (Cepal), dal governo del Messico e dall’United Nations devlopment programme (Undp) ha visto la partecipazione di 102 rappresentanti di 29 Paesi, 40 delegati di 13 agenzie Onu e di organismi internazionali e di esponenti di 18 istituzioni della società civile, del mondo scientifico e dell’economia dell’America Latina e dei Caraibi.

La Cepal ha approvato l’Agenda regional de desarrollo social inclusivo (Ardsi) che dovrebbe essere lo strumento tecnico e politico che permetterà di «fare progressi nell’attuazione della dimensione sociale dell’Agenda 2030 para el Desarrollo Sostenible en América Latina y el Caribe e contribuire così all’eradicazione della povertà e allo sviluppo di maggiori livelli di eguaglianza e n benessere nella regione».

Mentre l’America Latina si dibatte nella crisi dei governi della sinistra nazionalista e bolivarista (o nella loro trasformazione in governi neoliberisti come nell’Ecuador in fiamme dell’ex “comunista” Lenin Moreno) e nella svolta a destra che vede la sua massima espressione nel Brasile del presidente neofascista Jair Bolsonaro, l’Ardsi sancisce l’accordo dei Paesi latinoamericani e caraibici sulla necessità di dare impulso a «una nuova generazione di politiche sociali basata su un insieme di diritti e di uguaglianza e guidata dal principio dell’universalismo sensibile alle differenze, sul rafforzamento dell’istituzionalità sociale, compresa la capacità dei Paesi di investire nel sociale, di dotare le politiche sociali di risorse sufficienti e di rafforzare l’azione multilaterale».

L’agenda approvata parla di sistemi di protezione sociale universali e globali; politiche di inclusione sociale e del lavoro; istituzionalità sociale rafforzata; cooperazione regionale e integrazione per avanzare verso uno sviluppo sociale inclusivo e raggiungere uno sviluppo sostenibile. Niente di più lontano dall’attuale situazione dell’America Latina che sembra divisa su tutto e ne è cosciente anche Alicia Bárcena, segretaria esecutiva della Cepal, che chiudendo la conferenza ha sottolineato che «Nonostante i problemi e i dilemmi economici, politici e sociali che stiamo passando, l’América Latina e il Caribe deve dimostrare al mondo di avere un impegno profondo per lo sviluppo sociale, la lotta alla diseguaglianza, alla povertà e alla povertà estrema. Non possiamo abbassare la guardia perché l’economia ci sta imponendo restrizioni molto severe. I programmi sociali devono rimanere una priorità per i Paesi della nostra regione. Il messaggio è molto chiaro. I progressi necessari e urgenti nello sviluppo sociale non dovrebbero essere visti come ostacoli alla crescita economica. L’uguaglianza è una condizione necessaria per far progredire la crescita. Si tratta di maggiore uguaglianza per crescere e crescere per avere maggiore uguaglianza».

La Cepal vede nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile lo strumento per realizzare un nuovo modello di sviluppo basato sull’uguaglianza, l’inclusione sociale e lavorativa, l’eradicazione dellla povertà, la sostenibilità ambientale e la crescita economica, ma «Far fronte a questa sfida comporta dare impulso alle tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: sociale, ambientale ed economica». La Cepal evidenzia che «La sfida sociale non si gioca esclusivamente nel sociale, ma anche nell’economia, nella politica e nell’ambiente».

Il summit regionale latinoamericano e caraibico è servito anche a esaminare il rapporto di Undp e Cepal “Nudos críticos del desarrollo social inclusivo en América Latina y el Caribe: antecedentes para una agenda regional” che identifica gli 8 principali fattori che ostacolano il progresso verso uno sviluppo sociale inclusivo nella regione, eccoli:

1. Persistenza della povertà. Nel 2017, il numero delle persone in situazione di povertà in America Latina arrivava a 184 milioni, equivalente al 30,2% della popolazione, 62 milioni dei quali, il 10,2%, vivevano in estrema povertà. Inoltre, nel 2016, il 41,7% delle persone occupate in America Latina ricevevano entrare lavorative inferiori ai salari minimi nazionali. Questa percentuale era particolarmente elevata tra le giovani donne, il 60,3%. Sebbene, tra il 2002 e il 2014, la povertà sia scesa dal 44,5% al 27,8% e la povertà estrema dall’ 11,2% al 7,8%;, tra il 2015 e il 2016 sono stati registrati aumenti successivi in entrambi gli indicatori, il che rappresenta un arretramento significativo. Le cifre del de 2017 hanno rilevato un ulteriore aumento della povertà estrema e una stagnazione della povertà registrata nel 2016. Nonostante le differenze osservate da Paese a Paese, la povertà presenta caratteristiche comuni in tutta la regione: maggiore incidenza tra le donne, maggior incidenza tra i minori, maggior incidenza tra le comunità indigene, afrodiscendenti, campesinos e le persone con disabilità.

2. Le disuguaglianze strutturali e la cultura del privilegio. Secondo la Cepal, «Gli alti livelli di disuguaglianza esistenti nella regione cospirano contro lo sviluppo e sono barriere poderose all’eradicazine della povertà, all’ampliamento della cittadinanza, all’esercizio dei diritti e alla governabilità». Inoltre, «La disuguaglianza è una caratteristica storica e strutturale delle società latinoamericane e caraibiche che si è mantenuta e riprodotta, compreso nei periodi di crescita e di prosperità economica». Tra il 2002 e il 2017, la disuguaglianza nella distribuzione del reddito, espressa mediante l’indice Gini della Banca Mondiale – che fa la media della disuguaglianza di redditi dei cittadini in un Paese – si è ridotta da 0,534 a 0,466, il che è un risultato significativo. Però, il ritmo della diminuzione tra il 2014 e il 2017 ha rallentato e, nonostante i progressi, l’America latina e il Caribe continuano a essere la regione più disuguale del mondo. Ma, oltre all’aspetto economico, le disuguaglianze includono la disuguaglianza nell’esercizio dei diritti, le capacità e i livelli di autonomia. Includono, tra le altre, anche la disuguaglianza di genere, etnica e razziale e territoriale. Queste disuguaglianze sono accentuate e bloccate dal richiamo culturale del privilegio che naturalizza le gerarchie sociali e le profonde asimmetrie di accesso ai frutti del progresso, della deliberazione politica e dei beni produttivi.

3. I gap nell’educazione, salute e accesso ai servizi di base. La Cepal fa notare che, negli ultimi decenni, l’America Latina ha sperimentato importanti progressi in ambiti come la salute e l’educazione, così come nell’accesso alle abitazioni, a servizi di base come l’acqua potabile, l’elettricità, i servizi igienico-sanitari e internet. Però, persistono dei gap. A livello regionale, 6 giovani su 10 tra i 20 e i 24 anni hanno completato l’eduzione secondaria, il che mostra un miglioramento rispetto all’inizio del decennio del 2000, però questo deve ancora essere esteso per universalizzare la conclusione di questo livello educativo. In tal senso, è necessario rafforzare le strategie per prevenire l’abbandono precoce del sistema scolastico. Inoltre, l’istruzione superiore resta riservata a una piccola parte della popolazione: in media, nel 2016, mentre oltre il 40% dei giovani di età compresa tra 25 e 29 anni con il quintile di reddito più elevato ha completato almeno quattro anni di istruzione terziaria, solo il 3,6% di coloro che appartengono al quintile di reddito più basso ha raggiunto quel livello. Lo stesso vale per la salute, dove gli indicatori generali sono migliorati, ma dove la regione deve ancora affrontare grandi sfide, soprattutto per quanto riguarda determinate popolazioni. Ad esempio, la Cepal sottolinea che, «In alcuni Paesi, la mortalità infantile tra gli afro-discendenti era fino a 1,6 volte superiore a quella registrata nel caso dei non afro-discendenti, mentre il tasso di mortalità tra i bambini indigeni raddoppia quasi rispetto a quello dei non indigeni».

4. La mancanza di lavoro e l’incertezza del mercato del lavoro. 4. «Il lavoro è la principale chiave per l’uguaglianza, lo sviluppo personale e la crescita economica», afferma il documento della Cepal. Tuttavia, la struttura e la dinamica dei mercati del lavoro nella regione continuano ad essere caratterizzate dalla loro incapacità di generare posti di lavoro produttivi e lavoro dignitoso, una caratteristica che ha ancora una volta le sue radici nelle profonde disuguaglianze di genere, razza ed età. In America Latina, i redditi degli impiegati in settori a bassa produttività non raggiungono la metà di quelli percepiti dagli impiegati nei settori a media e alta produttività. Inoltre, il tasso di povertà tra le persone occupate in lavori a bassa produttività (30,4%) è il triplo di quello di coloro che lavorano in lavori ad alta produttività. La disoccupazione giovanile è motivo di particolare preoccupazione, mentre il lavoro minorile «rappresenta una delle più chiare antitesi della nozione di lavoro dignitoso e un forte ostacolo allo sviluppo sociale inclusivo». Alla sfida di offrire posti di lavoro migliori, si aggiunge ora l’incertezza che crea l’impatto dei cambiamenti tecnologici. Tuttavia, può essere un momento di opportunità a condizione che si combini con politiche volte a promuovere un lavoro decente.

5. Acceso parziale e disuguale alla protezione sociale. Sebbene la protezione sociale sia un diritto e sia la chiave per eliminare la povertà, il che evita l’emarginazione e nonostante i grandi progressi compiuti, l’effettiva capacità degli Stati dell’America Latina di fornire garanzie universali di protezione sociale per tutto il ciclo di vita rimane limitata. La Cepal sottolinea che, secondo i dati di un insieme di 17 paesi dell’America Latina e i Caraibi, «La protezione sociale rappresenta una delle funzioni più rilevanti della spesa pubblica, alla quale nel 2016 è stato assegnato un importo equivalente al 4,1% del PIL». Un grande sforzo è stato compiuto anche nell’affiliazione o nel contributo ai sistemi sanitari dei lavoratori di età superiore ai 15 anni, dato che, in 14 Paesi, tra il 2002 e il 2016 è aumentato dal 36,8% al 57,3%. Nonostante questi continui progressi, persistono le carenze nella copertura, soprattutto tra i lavoratori appartenenti alle fasce di reddito più basse, quelli che vivono nelle zone rurali e le donne. Ad esempio, nel 2016, mentre il 65,1% degli occupati di età pari o superiore a 15 anni nel quintile di reddito più elevato era iscritto o contribuiva a un sistema pensionistico, solo il 19,4% degli occupati nel primo quintile di reddito era in quella situazione, una proporzione che si riduceva al 16,3% nel caso delle donne in questo gruppo.

6. L’istituzionalizzazione della politica sociale è ancora in costruzione. Dal punto di vista dell’Agenda 2030, l’istituzionalità è il quadro entro il quale dovrebbero essere espressi gli impegni per il suo rispetto, attraverso l’attuazione di politiche a lungo termine con ampia legittimità sociale. Però, questo è lungi dall’essere una realtà e nella maggior parte dei Paesi della regione costituisce piuttosto un processo in corso. La Cepal spiega che «In molti casi, le politiche e i programmi sociali in generale, e la protezione sociale in particolare, poggiano su fragili basi istituzionali e sono soggetti a bruschi cambiamenti di orientamento, capacità di coordinamento limitata tra i pertinenti attori governativi e scarsa chiarezza nelle loro obiettivi e campo di applicazione».

7. Investimento sociale insufficiente. Il finanziamento delle politiche sociali è un fattore chiave per raggiungere uno sviluppo sociale inclusivo, oltre a trasformare l’idea della spesa corrente in quella degli investimenti sociali. Un elemento chiave per allocare le risorse alle politiche sociali è l’onere fiscale. Nel 2017, il gettito fiscale totale in America Latina e nei Caraibi è stato pari al 22,8% del PIL, rispetto a una media del 34,2% del PIL nel caso dei paesi Ocse. Oltre all’aumento della tassazione, parte del problema del finanziamento delle politiche sociali potrebbe essere risolto migliorando l’efficacia della riscossione. Considerando che il livello di evasione fiscale in America Latina è stato pari a un totale del 6,3% del PIL, l’equivalente di un totale di 335.000 milioni di dollari nel 2017, questa è una grande sfida per la regione. La Cepal sottolinea che «Se i Paesi potessero ridurre una parte di questa evasione, queste entrate aggiuntive potrebbero dare un impulso importante al raggiungimento degli obiettivi sociali ed economici inseriti negli Obiettivi di sviluppo sostenibile».

8. Ostacoli emergenti. A questi ostacoli, la Cepal aggiunge cinque ostacoli emergenti per lo sviluppo sociale:

  1. Violenza: l’America Latina e i Caraibi sono la regione più violenta del mondo, un n dato un po’ inatteso, visto il suo livello di sviluppo economico, politico e sociale. Ad esempio, il tasso di omicidi nella regione è cinque volte superiore alla media mondiale. La violenza si riferisce non solo agli omicidi, ma anche ad altre espressioni di violenza, come aggressioni ed episodi di violenza sessuale
  2. Catastrofi naturali e cambiamenti climatici: il verificarsi più frequente di catastrofi naturali e fenomeni estremi legati al riscaldamento globale rende essenziale progettare strategie per ridurre l’esposizione della popolazione.
  3. La transizione demografica: sebbene ci siano grandi differenze tra i Paesi della regione per quanto riguarda il calo della fertilità, i tassi di fertilità sono passati da una media di 5,5 bambini per donna tra il 1965 e il 1970 a 2,05 bambini tra il 2015 e 2020. Nel proiettare queste tendenze, a causa dell’aumento della percentuale di persone anziane in futuro dovrebbero aumentare i tassi di dipendenza.
  4. le migrazioni: le nuove pressioni in ambito mondiale, a partire dall’attuale politica statunitense sull’immigrazione, hanno impresso una maggiore urgenza a questo problema. A sua volta, la regione non è esente da flussi migratori forzati a causa di disastri naturali e climatici imprevedibili, nonché di crisi economiche e instabilità politica.
  5. Cambiamenti tecnologici: le trasformazioni tecnologiche stanno avendo effetti significativi sull’istruzione e sulla formazione. La mancata universalizzazione dell’accesso per trarre vantaggio da questi nuovi strumenti continuerà a rafforzare la disuguaglianza.