I nuovi prodotti compostabili stanno mettendo alla prova la gestione dei rifiuti organici

Consorzio italiano compostatori (Cic): «La rapida diffusione di manufatti monouso compostabili porterà alla determinazione di alcune sicure criticità che devono essere debitamente governate»

[16 Settembre 2019]

Entro il 2021 (anche) l’Italia dovrà applicare la direttiva recentemente approvata in Ue sulla plastica monouso, che impone tra le altre cose il divieto di commercializzazione dei manufatti monouso in plastica come piatti, posate, cannucce, etc, ai quali però nel frattempo vanno sostituendosi altri prodotto monouso in materiali compostabili quali carta, legno e plastiche compostabili, che dovrebbero trovare il loro fine-vita nella filiera del recupero dei rifiuti organici, previa raccolta differenziata insieme agli scarti di cucina: ma che fine fanno questi “nuovi” prodotti una volta divenuti rifiuti?

L’esempio principe è quello delle bioplastiche, o meglio delle plastiche compostabili (norma tecnica di riferimento UNI EN 13432), che rispetto ai loro omologhi tradizionali hanno numerosi pregi – su tutti non derivano da una risorsa non rinnovabile come il petrolio – ma che rappresentano una sfida complessa per la gestione dei rifiuti. All’atto pratico introdurre in un impianto di compostaggio scarti di cucina o un piatto in bioplastica non è la stessa cosa, perché si tratta di materiali che per essere trasformati in compost richiedono di tempi e condizioni (temperatura, umidità, etc) molto diversi tra loro. Questa profonda discrepanza è divenuta ormai di pubblico dominio in Toscana, dove la stessa Regione ha chiesto di attivare un tavolo di confronto tra tutti gli attori in gioco per arrivare a una soluzione che sia sostenibile, ma si tratta di un problema comune come testimonia la recente presa di posizione del Consorzio italiano compostatori (Cic), che conta quasi 130 consorziati in tutta Italia.

Dal Cic ricordano che «la produzione e l’utilizzo di manufatti compostabili in Italia ha inizio più di 25 anni fa con l’impiego dei sacchetti compostabili quale strumento di facilitazione della raccolta differenziata dell’umido», ancora oggi un utilissimo supporto che non crea problemi ma anzi facilita la gestione dei rifiuti organici; la novità è che «si sta assistendo in Italia ad una rapida ed impetuosa comparsa sul mercato di numerose altre tipologie di manufatti realizzati in materiali compostabili (carta, legno e plastiche compostabili, sia in matrice singola che accoppiata), che si propongono quali alternative agli omologhi manufatti in plastica tradizionale quali piatti, bicchieri, posate, capsule caffè, ecc., e non è insensato prevedere una loro imminente rapida diffusione. Attualmente questi manufatti rappresentano meno del 10% del mercato delle plastiche compostabili, ma potrebbero assumere dimensioni ben più rilevanti proprio a seguito dell’imminente recepimento della direttiva europea Sup. La rapida diffusione di manufatti monouso compostabili porterà alla determinazione di alcune sicure criticità che il Cic ritiene debbano essere debitamente governate al fine di evitare la possibilità che venga messa in crisi l’intera filiera del recupero dei rifiuti organici, che oggi garantisce la gestione di quasi 7.000.000 di tonnellate di rifiuti».

Tra le principali criticità il Cic cita le difficoltà di riconoscimento tra prodotti compostabili e non, col rischio di conferimenti errati da parte dei cittadini durante la raccolta differenziata, la presenza di “manufatti compostabili” che non siano certificati in base alla norma unificata UNI EN 13432 e un «significativo cambiamento delle caratteristiche merceologiche e fisiche dei rifiuti organici che gli impianti devono trattare. Dovranno certamente essere messi in atto adeguamenti tecnici e procedurali per gestire al meglio questi cambiamenti; tali adeguamenti necessiteranno, oltre che di investimenti, anche di collaborazione tra tutti i 4 rappresentanti della filiera (produttori dei manufatti, grande distribuzione, consumatori, amministratori pubblici, aziende di raccolta, impianti di riciclo)».

Che fare dunque? Il Cic chiede a governo e istituzioni di fare in modo che i manufatti compostabili abbiano una immediata e facile riconoscibilità, che si lavori sull’ecodesign dei prodotti in modo che siano funzionali al riciclo, che si metta in piedi una capillare ed efficace informazione ai cittadini e che  «vengano previste adeguate risorse per effettuare gli eventuali investimenti che gli impianti di compostaggio dovranno affrontare per far fronte al cambiamento delle caratteristiche merceologiche e fisiche dei rifiuti organici, prodotto dall’aumentata presenza dei nuovi manufatti compostabili». Insomma, per far sì che #plasticfree non rimanga un vuoto slogan ma una leva per la sostenibilità.

L. A.