Il viadotto sull’A6 Torino-Savona crollato a causa di 1 frana, in tutta Italia sono 620mila

«Si stima che circa il 90% delle problematiche legate alle infrastrutture italiane sono determinate non da fattori strutturali, bensì dovute a criticità idrogeologiche»

[25 Novembre 2019]

Solo il caso ha impedito che sull’A6 Torino-Savona si ripetesse una tragedia analoga a quella del ponte Morandi a Genova, con il viadotto ‘Madonna del Monte’ crollato a causa di una frana, ma in un Paese idrogeologicamente sempre più fragile come il nostro affidarsi alla sorte non può che essere una pessima strategia: le frane censite nell’Inventario dei fenomeni franosi in Italia sono oltre 620mila, e rappresentano quasi i 2/3 di tutte le frane catalogate nelle banche dati degli Stati europei. Una vera e propria spada di Damocle sulla tenuta delle infrastrutture italiane.

Com’è potuto crollare improvvisamente un viadotto come quello sull’A6? «I primi dati disponibili ci fanno ritenere – dettaglia Lorenzo Benedetto, coordinatore della commissione Difesa del suolo del Consiglio nazionale dei geologi (Cng) – che il crollo di un tratto del viadotto sull’A6 è stato determinato da una frana di colata rapida di fango e detriti innescatasi nella parte alta del versante a causa, molto probabilmente, di ingenti quantitativi d’acqua provenienti da una strada presente nell’area di nicchia. Il materiale staccatosi si è successivamente incanalato nell’impluvio sottostante fino ad arrivare nella parte bassa dove ha impattato sulla struttura stradale determinandone il crollo. Dunque siamo di fronte all’ennesima dimostrazione che la sicurezza dei ponti e dei viadotti va assicurata non soltanto monitorando il degrado dei materiali che li costituiscono, ma come sosteniamo da tempo vanno monitorati anche e soprattutto i rischi geologici a cui sono soggetti».

Anche perché «l’evento che si è verificato sull’autostrada A6 Torino-Savona è simile a quello di qualche anno fa in Sicilia, che interessò il viadotto di Scillato. Come esempio cito anche il crollo del ponte sul Rio Santa Lucia, della statale n.195 tra Cagliari e Capoterra dello scorso anno, ma sono purtroppo tante le criticità di tipo idrogeomorfologico che interessano le infrastrutture del Paese – spiega Francesco Peduto, presidente del Cng – Si stima  che circa il 90% delle problematiche legate alle infrastrutture italiane sono determinate non da fattori strutturali, bensì dovute a criticità idrogeologiche. In tal senso, le parole d’ordine sono sempre le stesse: prevenzione, manutenzione del territorio e delle infrastrutture, monitoraggi strumentali, satellitari e tecnico-esperti attraverso il presidio territoriale. Parole che ripetiamo spesso dopo ogni evento idrogeologico significativo, che purtroppo in Italia non riescono a diventare un fatto concreto».

Emergenza dopo emergenza, a un’efficiente sistema di allerta coordinato dal dipartimento della Protezione civile non si è ancora affiancato un’efficace lavoro di prevenzione sul territorio, ma con l’avanzare dei cambiamenti climatici i rischi crescono. Oggi a causa delle condizioni meteo è ancora attiva l’allerta rossa in Emilia-Romagna, a Pavia è esondato il Ticino e nei giorni scorsi è finito sott’acqua buona parte del nord-ovest italiano, con i quantitativi meteorici precipitati negli ultimi 15 giorni che equivalgono in alcune aree del Piemonte meridionale e della Liguria a circa il 50% delle cumulate annue: «Non dobbiamo meravigliarci troppo degli eventi che stiamo registrando in questi giorni dobbiamo meravigliarci della frequenza con cui oggi accadano questi eventi. Dobbiamo rendici conto che non possiamo più parlare di eventi eccezionali se questi si ripetono ogni anno all’inizio dell’autunno», incalza il presidente della Società italiana di geologia ambientale (Sigea) Antonello Fiore.

L’unica risposta strutturale possibile è quella di lavorare sulla prevenzione. Complessivamente il Governo ha stanziato 11 miliardi di euro per il triennio 2019-2021 contro il dissesto idrogeologico, ma da una parte i fondi continuano a essere insufficienti – il ministero dell’Ambiente stima un fabbisogno di circa 40 miliardi di euro su questo fronte –, dall’altra la Corte dei conti rimarca forti difficoltà a spendere anche le risorse già stanziate. «Ora dobbiamo spendere questi soldi e accelerare con tutte le opere e i cantieri», conferma oggi il premier Giuseppe Conte, ma annunci e promesse non possono bastare per sempre.