In Italia ci sono 33.700 veicoli dedicati soltanto ad esportare all’estero i nostri rifiuti

Ieri il Cda di Ama si è dimesso per l’ennesima volta, ma la mancanza di impianti per gestire la spazzatura che produciamo è un problema che affligge gran parte del Paese

[2 Ottobre 2019]

Dopo appena tre mesi dall’insediamento, ieri si è dimesso per l’ennesima volta il cda di Ama, l’azienda partecipata al 100% dal Comune di Roma e deputata alla gestione integrata dei servizi ambientali nella Capitale. «Le dimissioni dell’ennesimo Cda scelto dal Campidoglio sono l’ultimo atto di una serie sconcertante di scelte politiche e gestionali dell’amministrazione, che hanno fatto piombare Roma in una crisi rifiuti senza precedenti – commenta Roberto Scacchi, presidente di Legambiente Lazio – Dal Campidoglio abbiamo sentito da tempo annunciare l’obbiettivo rifiuti zero, ci ritroviamo invece la Capitale sempre di più all’anno zero dei rifiuti».

Il cuore del problema, come noto, è la cronica mancanza di impianti per la gestione rifiuti che affligge Roma: il direttore generale di Arpa Lazio Marco Lupo, chiamato recentemente in Parlamento per approfondire il tema, afferma che circa 1 milione di tonnellate di rifiuti escono dalla città metropolitana diretti a impianti di trattamento o smaltimento in base alla tipologia di rifiuto.

Un dato sintomatico di quanto sta accadendo non solo a Roma, ma in molte altre zone d’Italia, come testimoniano i dati riferiti ieri dal presidente dell’Albo nazionale gestori ambientali, Eugenio Onori, proprio nelle stesse ore in cui il Cda di Ama rassegnava le proprie dimissioni.

Come riferito da Onori in audizione alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, il totale degli iscritti all’Albo ammonta a circa 165mila imprese, di cui oltre 136mila imprese iscritte per il trasporto dei rifiuti con circa 321.400 veicoli; sono invece 1.100 le società iscritte che effettuano esclusivamente trasporto transfrontaliero di rifiuti, con circa 33.700 veicoli. Spazzatura di quella parte d’Italia che non può – o più spesso non vuole – gestire i propri rifiuti e che si affida (in questi casi a imprese legalmente autorizzate ad operare) ad altri per sbarazzarsi del problema.

Del resto secondo le stime elaborate all’interno dell’ultimo report L’Italia del ricicloin un solo anno (dati 2016) i rifiuti italiani – urbani e speciali – hanno percorso complessivamente 1,2 miliardi di km su territorio nazionale, il che equivale a percorrere circa 175.000 volte l’intera rete autostradale italiana. Un problema in crescita (rispetto al 2012 i km percorsi nel 2016 aumentano del 12%), perché è sempre più difficile realizzare nuovi impianti a causa della contrarietà manifestata da comitati (e politici), col timore che tali impianti celino nuovi impatti ambientali anziché soluzioni. Così la “cura” diventa peggiore del male: i rifiuti migrano dal luogo di produzione per essere trattati altrove, con costi ambientali – si pensi ad esempio alle emissioni legate al trasporto – ed economici crescenti.

L. A.