In Italia il riciclo deve fare ancora molta strada

Il recupero di fresato d'asfalto si ferma al 25%, contro una media europea del 60%: arrivando al 100% potremmo risparmiare 1,2 miliardi di euro e tanto inquinamento quanto quello prodotto dalla circolazione continua di 330.000 autocarri

[25 Febbraio 2020]

Gli apprezzamenti verso i principi economia circolare sono pressoché unanimi in Italia, ma è quando si arriva a metterli in pratica che iniziano le (non poche) difficoltà, come dimostra da ultimo l’analisi condotta dalla Siteb (l’Associazione strade italiane e bitumi) sul riciclo delle pavimentazioni stradali nei principali Paesi europei.

L’Italia, nonostante negli ultimi anni abbia registrato un sostanziale blocco dei lavori di manutenzione delle strade (solo recentemente ripartiti), resta tra i principali produttori di conglomerato bituminoso, l’asfalto per le strade. A differenza di ciò che avviene in Paesi considerati più grandi e virtuosi, come Germania (84% di riciclo di fresato), Francia (70%), Regno Unito (90%), ma anche di paesi più piccoli come Belgio (95%) e Olanda (71%), le percentuali di riciclo delle pavimentazioni stradali nel nostro Paese si attestano su livelli decisamente bassi: solo il 25% del fresato disponibile viene avviato a recupero, contro una media europea del 60%.

Una scelta che comporta un grave spreco di risorse economiche e una buona dose di inquinamento evitabile. La Siteb ha infatti calcolato che il riutilizzo del 25% del fresato comporta ogni anno il minor impiego di 300.000 tonnellate di bitume vergine (riduzione del fabbisogno di petrolio) e il recupero di 7.500.000 tonnellate di inerti, equivalenti in termini economici ad un risparmio di circa 300-320 milioni di euro di sole materie prime; arrivando invece a riciclare il 100% delle pavimentazioni rimosse, il risparmio economico salirebbe fino a 1.200 milioni di euro/anno di sole materie prime, e il nostro Paese potrebbe inoltre risparmiarsi una dose d’inquinamento paragonabile a quello prodotto dalla circolazione continua di 330.000 autocarri.

«Nonostante la normativa nazionale ed europea spinga verso l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse ambientali – osserva il direttore della Siteb, Stefano Ravaioli – la nostra burocrazia, il complesso regime autorizzatorio e il pregiudizio di tecnici e progettisti ostacolano ancora lo sviluppo del riciclo del fresato d’asfalto, limitandone l’impiego. Troppo spesso la normativa nazionale si presta a differenti interpretazioni da parte di enti e Regioni che disorientano gli operatori del settore, creando uno scenario incerto. È paradossale che proprio nel Paese in cui c’è la maggior disponibilità di fresato “pulito” (senza l’inquinamento da catrame), riciclabile al 100%, si faccia il possibile per ostacolarne anziché incentivarne il recupero. È una questione di buon senso».

Neanche il recente decreto End of waste sul fresato d’asfalto (69/189) è riuscito a imprimere una svolta decisiva. «Siamo comunque grati al ministero dell’Ambiente per avere emanato un decreto End Of waste per il fresato d’asfalto, che – conclude Ravaioli – mette ordine nel recupero del materiale lasciando purtroppo però inalterati i limiti quantitativi delle vecchie autorizzazioni in procedura semplificata. Per incentivare il recupero e portare l’Italia ai livelli degli altri paesi europei è necessario tuttavia un ulteriore sforzo per semplificare ulteriormente le procedure, senza lasciare spazio a interpretazioni differenti mettono in difficoltà le imprese. Codice degli appalti e Criteri ambientali minimi strade possono contribuire seriamente alla green economy purché, soprattutto questi ultimi, si basino su concetti semplici e realizzabili. L’economia circolare è un dovere per la pubblica amministrazione e una priorità per tutti».