Ispra, ecco da dove arriva l’inquinamento atmosferico in Italia

L’aria che respiriamo è molto più pulita rispetto al 1990, ma i morti sono ancora troppi

[21 Aprile 2020]

Negli ultimi trent’anni l’inquinamento atmosferico in Italia si è ridotto progressivamente, ma ancora oggi è responsabile di una silenziosa ma enorme emergenza sanitaria contribuendo all’insorgenza di malattie come ictus, cardiopatie ischemiche, tumori e malattie respiratorie croniche: ma da dove arriva l’inquinamento atmosferico che respiriamo, e com’è cambiato negli ultimi trent’anni? Con il suo Italian emission inventory 1990-2018, l’Ispra – ovvero l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – dà una risposta puntuale a questa domanda, che acquista nuova importanza in questa fase pandemica dove si moltiplicano le ricerche scientifiche sui legami tra inquinamento atmosferico e Covid-19.

Guardando ai principali inquinanti atmosferici, le emissioni di PM10 mostrano un calo deciso nel periodo 1990-2018  passando da 296 Gg a 177 Gg (circa il 40% in meno): l’Ispra spiega che per «il PM10 primario è il riscaldamento la principale fonte di emissione nel 2018, contribuendo al totale per il 54%. Non solo. Il settore, con un +41%, è l’unico che aumenta le proprie emissioni a causa della crescita della combustione di legna per il riscaldamento residenziale, mentre calano di oltre il 60% quelle prodotte dal trasporto stradale e rappresentano, nello stesso anno, il 12% del totale». Anche le emissioni di  PM2.5 sono passate da 229 Gg a 143 Gg nello stesso periodo (-37%), e anche in questo caso è il riscaldamento la prima fonte emissiva (66%).

Per gli ossidi di azoto (NOx) la principale fonte di emissioni invece «è il trasporto su strada (circa il 43% nel 2018), che mostra una riduzione del 71% tra il 1990 e il 2018. Tra i settori interessati, l’unico che evidenzia un aumento delle emissioni è rappresentato dal riscaldamento (+36%, pari al 13% del totale)». Le emissioni di NOx nel periodo 1990-2018 sono passate da 2.123 Gg a 669 Gg (-68%).

Anche i Covnm (Composti organici volatili diversi dal metano) che sono, insieme agli NOx, tra i principali precursori dell’ozono (O3) e del materiale particolato (PM) mostrano un  trend emissivo in riduzione di circa il 54% tra il 1990 e il 2018, passando da 1.965 Gg a 913 Gg: «L’uso di solventi è la principale fonte di emissioni, contribuendo al totale con il 39% e mostrando una diminuzione di circa il 41% rispetto al 1990».

Ma negli ultimi trent’anni sono le emissioni di tutti i principali inquinanti atmosferici a calare in Italia. Per gli ossidi di zolfo (SOX) si passa da 1.784 Gg nel 1990 a 110 Gg nel 2018. L’ammoniaca (NH3) – che vede nell’agricoltura «la principale fonte di emissioni con un contributo del 94%» – sul totale cala da 467 Gg a 366 Gg. Le emissioni nazionali di monossido di carbonio (CO) mostrano un andamento decrescente del 69%, da 6.797 Gg a 2.082 Gg.

Guardando ai metalli pesanti, le emissioni atmosferiche nazionali di piombo mostrano una forte tendenza al ribasso (-95%) tra il 1990 e il 2018, passando da 4.289 Mg a 214 Mg; le emissioni di cadmio sono diminuite del 52%, passando da 11,1 a 5,3 Mg. Simile il calo per il mercurio (-54%), da 15,2 Mg a 7,0 Mg.

Anche le emissioni atmosferiche nazionali di idrocarburi policiclici aromatici sono diminuite da 90 a 67 mg tra il 1990 e il 2018 (-26%), mentre per la diossina si passa dai 508 g I Teq del 1990 ai 227 g I Teq del 2018 (-45%).

I trend che descrivono le emissioni di inquinamento atmosferico sono dunque tutti in deciso miglioramento, ma ancora non basta. Secondo l’ultimo Air quality report pubblicato dall’Agenzia europea dell’ambiente l’inquinamento atmosferico provoca 400mila morti premature l’anno in Europa, e questo guardando a tre sole categorie d’inquinanti (PM2.5, NO2, O3). Per l’Italia questo significa 76.200 morti premature l’anno: il nostro Paese è purtroppo il primo in Europa per morti premature da biossido di azoto (NO2) con circa 14.600 vittime all’anno, ha il numero più alto di decessi per ozono (3.000) e il secondo per il particolato fine PM2,5 (58.600).