Confindustria: «Accettiamo la sfida della sostenibilità, servono politiche lungimiranti»

Istat, Pil italiano «in deciso rallentamento». E con i cambiamenti climatici può andare peggio

Bankitalia: «In Europa gli effetti attesi dei cambiamenti climatici interessano soprattutto i paesi collocati nella fascia meridionale come l’Italia. Questi mutamenti pongono nuovi rischi per l’economia reale e per la stabilità del settore finanziario»

[22 Maggio 2019]

Brutte notizie per l’economia italiana: nelle prospettive delineate oggi dall’Istat «nel 2019 il prodotto interno lordo (Pil) è previsto crescere dello 0,3% in termini reali, in deciso rallentamento rispetto all’anno precedente. I consumi delle famiglie, seppure in marginale rallentamento rispetto all’anno precedente, costituiranno la principale componente a sostegno della crescita mentre la spesa per gli investimenti segnerà una decisa decelerazione». Neanche il reddito di cittadinanza sarà di grande aiuto sotto questo profilo, in quanto l’Istat prevede che questa misura sosterrà i consumi delle famiglie solo «in misura limitata»; in compenso «l’attuale fase di incertezza porterebbe le famiglie ad assumere comportamenti precauzionali, determinando un aumento della propensione al risparmio». La debolezza dell’economia nazionale, dei consumi e degli investimenti non potrà dunque che riflettersi anche sul mercato del lavoro: «Nel 2019 – osserva l’Istat – si prevede che l’occupazione rimanga sui livelli dell’anno precedente (+0,1%) mentre si registrerebbe un lieve aumento del tasso di disoccupazione (10,8%)».

Se questo è il quadro fornito dall’Istat a un anno dall’insediamento del “Governo del cambiamento” è importante osservare che incrociando le criticità economiche con quelle ambientali la situazione non migliora. Intervenendo al lancio del Festival dello sviluppo sostenibile organizzato dall’ASviS, il governatore di Bankitalia Ignazio Visco (nella foto, ndr) ha posto l’accento sul fatto che in «Europa gli effetti attesi dei cambiamenti climatici interessano soprattutto i paesi collocati nella fascia meridionale come l’Italia», e che «questi mutamenti pongono nuovi rischi per l’economia reale e per la stabilità del settore finanziario». Non si tratta in questo caso di previsioni, ma di dati di fatto: «In Italia lo scorso anno è stato quello più caldo da due secoli, ma già il 2017 si era caratterizzato per un forte inasprimento delle condizioni climatiche, con significativi fenomeni di siccità su gran parte del territorio nazionale e gravi ripercussioni sulle risorse idriche»; ad esempio, secondo «tutti i principali scenari climatologici, l’Italia sarà la nazione europea più esposta ai danni legati all’esondazione dei fiumi».

Tutto questo significa che l’avanzata dei cambiamenti climatici espone l’economia italiana a molteplici rischi. Visco osserva che si tratta di fenomeni in grado di «causare gravissimi costi in termini di vite umane e di distruzione di infrastrutture pubbliche e private», fino a «influire in modo permanente sulle capacità produttive del Paese». Inoltre «gli effetti dei cambiamenti climatici sull’economia reale possono propagarsi al settore finanziario», in molti modi: ad esempio restrizioni al credito nei confronti dei soggetti localizzati nelle aree più a rischio (già oggi il 20% dei prestiti al settore produttivo viene erogato a residenti di aree ad elevato rischio alluvionale), o rischi di transizione dati dalla «possibilità che il necessario passaggio verso un’economia a bassa emissione di carbonio (low carbon) avvenga in modo disordinato». Complessivamente, «qualora la scala di questi effetti divenisse rilevante, potrebbe risentirne la stessa stabilità del sistema finanziario».

Per evitare scenari apocalittici è dunque indispensabile mettere da subito in campo adeguate politiche di sviluppo sostenibile. E se «una crescita economica stabile, equa e inclusiva, che non comprometta gli equilibri ambientali non può essere solo responsabilità del settore pubblico», a quest’ultimo spetta comunque il compito «di creare una cornice regolamentare stabile e moderna, di definire e attuare interventi efficaci – di natura economica, ambientale, energetica e sociale – mirati anche a fornire incentivi appropriati per stimolare nuovi investimenti».

Una necessità che è stata sottolineata oggi anche dal  Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, nel corso dell’assemblea annuale della confederazione: «Accettiamo la sfida della sostenibilità, investendo ancora di più sull’economia circolare e sull’efficienza energetica, mobilitando risorse pubbliche e private e puntando su una tassazione premiale a sostegno di questi investimenti. Per realizzare una crescita soddisfacente, servono politiche economiche decise, coerenti e lungimiranti. E, soprattutto, serve continuità di azione e il rispetto di un fattore troppe volte ignorato e invece cruciale: il tempo di realizzazione delle cose che decidiamo di fare».