La filiera della plastica italiana chiede un credito d’imposta per favorire i materiali riciclati

Il settore vale 30 miliardi di euro, e anche sulla spinta delle più recenti normative deve imboccare una via che sappia coniugare sostenibilità e posti di lavoro

[5 Aprile 2019]

Su 396 milioni di tonnellate di plastica vergine che vengono prodotte su scala globale ogni anno, circa 100 milioni di tonnellate vengono disperse in natura e non trovano adeguata gestione una volta divenute rifiuti; si tratta di un problema che in larga parte ha a che fare con la plastica monouso – che secondo i dati Wwf assorbe circa il 40% della domanda –, la cui cattiva gestione finisce per inquinare i mari del mondo. Dove il fenomeno assume proporzioni ciclopiche è soprattutto nel sudest asiatico, ma anche il Mediterraneo ha i suoi bei grattacapi, e i dati dei monitoraggi di Legambiente sui rifiuti galleggianti in mare e su quelli spiaggiati parlano chiaro in proposito: l’indagine Beach litter 2018 ha consentito di censire e recuperare 48.388 rifiuti rinvenuti in 78 spiagge. Nell’80% dei casi si tratta di rifiuti in plastica, e tra questi si parla di oggetti usa-e-getta o della vita breve nel 42% delle rilevazioni.

Il ddl Salvamare approvato ieri dal Consiglio dei ministri si propone di affrontare il problema togliendo la plastica dai mari con l’aiuto dei pescatori, e rappresenta un importante passo avanti ma certamente non risolutivo. Occorre agire a monte: per questo l’Ue ha approvato una direttiva che prevede il divieto di molti prodotti in plastica monouso al 2021, un provvedimento di sostenibilità ambientale che rischia però di impattare negativamente sull’industria di settore, che ha nell’Italia uno dei suoi Paesi di punta, visto che il settore della trasformazione della plastica nel nostro Paese ha un valore di oltre 30 miliardi di euro e dà lavoro a 110mila persone. Nel 2018 sono state trasformate circa 6,8 milioni di tonnellate di resine termoplastiche delle quali però solo il 15% circa, ovvero 1 milione di tonnellate, sono plastiche provenienti da riciclo.

Per individuare un percorso capace di coniugare crescita economica, innovazione e sostenibilità ambientale e sociale, la Federazione gomma plastica e Unionplast hanno promosso oggi a Milano la prima Conferenza nazionale sul futuro sostenibile delle plastiche: secondo il presidente di Unionplast Luca Iazzolino «un provvedimento come quello del bando dei prodotti in plastica monouso e una guerra indiscriminata alle plastiche senza alcun riguardo al ruolo di questi materiali nella società, possono avere effetti deleteri sull’economia». Eppure le ricadute della direttiva Ue potrebbero arrivare molto presto in Italia, stando alle dichiarazioni rilasciate dal ministro Sergio Costa a Radio 24: «Noi abbiamo voluto la direttiva europea di contrasto alla plastica usa e getta e quindi vogliamo essere i primi a poterla applicare. La direttiva dovrebbe andare in Gazzetta europea a maggio. Noi a giugno saremo pronti per approvarla con una ulteriore norma che recepisce la direttiva che noi abbiamo voluto. Su questo vogliamo rimanere leader, perché già lo siamo, dal punto di vista della tutela ambientale».

Come trovare un punto d’incontro? La proposta lanciata dal presidente e condivisa con il Tavolo permanente per il riciclo di qualità (cui oltre alla Federazione partecipano Ippr, Corepla, Enea, Ispra e Legambiente) è in primis quella di un credito d’imposta per le imprese che utilizzano almeno il 30% di plastica riciclata nei propri prodotti, con premialità crescente in base al livello di difficoltà. Al proposito è opportuno ricordare che la legge di Bilancio 2019  prevede un credito d’imposta nella misura del 36% per quelle imprese che acquistano prodotti contenenti plastica, carta o alluminio da riciclo, o imballaggi biodegradabili e compostabili. In questo caso la legge dello Stato – certamente migliorabile, a partire dai finanziamenti previsti – già c’è, ma mancano ancora i relativi decreti attuativi. Non è un dettaglio da poco: con la legge di Bilancio 2018 venne fatto un simile tentativo, che si è però concluso con un nulla di fatto.

Sarebbe dunque importante riprovarci e rafforzare lo strumento, raccordandolo insieme alle imprese di settore. Tenendo comunque presente che il riciclo è indispensabile e ancora troppo poco praticato, ma in questo caso non potrà bastare. Per rispettare gli obiettivi dettati dall’Agenda Onu al 2030 i modelli di consumo usa-e-getta dovranno giocoforza ridursi: la sfida è quella di rendere questo percorso sostenibile sia dal punto di vista ambientale che sociale ed economico.