Su Nature Sustainability una ricerca dell’Università di Pisa

La green economy non basta per la crescita dell’economia (e neanche per la sostenibilità)

D’Alessandro: «I percorsi alternativi verso un'economia a basse emissioni di carbonio sono possibili, ma vanno associati a politiche pubbliche, e possibilmente ad una riduzione del livello dei consumi»

[8 Aprile 2020]

Lo sviluppo sostenibile poggia su tre gambe – ambiente, società, economia – e senza un approccio olistico che ne tenga in debito conto rischia di franare rovinosamente su sé stesso. È il “paradosso della crescita verde” individuato nella ricerca Feasible alternatives to green growth, condotta dall’Università di Pisa (insieme al centro studi svedese Cogito) e pubblicata oggi su Nature Sustainability.

Da questo studio di macroeconomia ecologica emerge che le politiche per la crescita verde non sono in grado di accelerare la crescita economica perché tendono a peggiorare le condizioni sociali, a meno di interventi aggiuntivi diretti a sostenere il lavoro e la distribuzione del reddito. Mettendo a confronto tre scenari alternativi per valutare gli effetti diretti e indiretti (fino al 2050) di differenti mix di misure sia sul sistema socio-economico che ambientale – che possono essere simulati attraverso una piattaforma ad accesso libero –, il gruppo di ricerca ha osservato che una parte della riduzione delle emissioni inquinanti dovute alle politiche green è dovuta a una minore crescita economica rispetto a quella desiderata: il cosiddetto “paradosso della crescita verde”.

«La crescita verde, cioè una combinazione di progresso tecnologico e di misure pensate per favorire l’efficienza energetica – aggiunge Simone D’Alessandro, economista dell’Università di Pisa – rimane la strategia principale sostenuta dai governi e dalle istituzioni internazionali per affrontare la crisi ecologica contemporanea e tuttavia il successo ambientale di queste politiche dipende dal loro fallimento nel favorire la crescita economica, un fenomeno che abbiamo chiamato appunto il “paradosso della crescita verde”. Parte del calo delle emissioni di CO2 che segue le politiche di crescita verde non è una conseguenza diretta dell’espansione delle energie rinnovabili o dell’efficienza energetica, ma deriva da una riduzione della domanda aggregata e della produzione dovuta a sua volta all’aumento della disoccupazione». Per inseguire la sostenibilità occorre dunque un approccio più ampio al problema.

Gli altri due scenari analizzati dallo studio prevedono l’introduzione di politiche sociali radicali a sostegno dei lavoratori – tra cui una riduzione dell’orario di lavoro, l’introduzione di un reddito di base e/o di un “lavoro minimo garantito” dallo Stato – per contrastare i possibili danni sociali dovuti alla crescita verde. Queste politiche risultano efficaci nel migliorare la condizione sociale e ottenere al contempo un’importante riduzione delle emissioni, seppur al prezzo di un più alto indebitamento pubblico. Nell’ultima simulazione, in aggiunta alle politiche sociali ed energetiche degli altri due scenari, se ne aggiunge uno più radicale di decrescita intesa come riduzione volontaria dei consumi privati, dell’export, supporto all’economia locale, imposte sulla ricchezza. «Il risultato – spiegano dall’Università di Pisa – è una ulteriore riduzioni delle emissioni, senza compromettere l’occupazione o peggiorare la distribuzione del reddito».

«Dalla nostra ricerca – conclude D’Alessandro – emerge che i percorsi alternativi verso un’economia a basse emissioni di carbonio sono possibili, ma vanno associati a politiche pubbliche, e possibilmente ad una riduzione del livello dei consumi».

Anche la cronaca recente ci mostra come le politiche ambientali che non tengono in debito conto l’aspetto sociale finiscano spesso per naufragare ancora prima di vedere la luce, come emerge ad esempio dalle vicende dei Gilet gialli francesi. Iniziative utili all’ambiente come la carbon tax sono regressive e vanno infatti a colpire maggiormente le fasce economicamente più deboli, e per renderle sia eque che socialmente accettabili è necessario prevedere interventi correttivi o destinazioni del gettito adeguate (ad esempio a favore di interventi contro la povertà). La crisi climatica e le crescenti disuguaglianze economiche sono minacce gemelle per la nostra società, per la pace e per la democrazia: per farvi fronte in modo efficace vanno affrontate insieme.