Un Programma internazionale per «cambiare il paradigma dello sviluppo, senza lasciare nessuno indietro»

L’Onu pronta ad approvare gli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile

Un bagno di entusiasmo globale, ma si aspettano i fatti: le richieste del Wwf all'Ue

[25 Settembre 2015]

Inizia oggi a New York l’attesissimo United Nations   Sustainable Development Summit, l’appuntamento Onu che adotterà la Transforming Our World: the 2030 Agenda for Sustainable Development, il programma di sviluppo sostenibile che ha come scadenza il 2030. Un summit che corona anni di intensi negoziati e che, fino al 27 settembre,  vedrà la partecipazione di 150 leader mondiali. Come sottolinea Yolanda Kakabadse, presidente del Wwf international, «è  la più grande assise di leader mondiali di sempre, poiché le sfide che abbiamo di fronte sono le più urgenti che mai. I paesi si riuniscono per riconoscere, finalmente, che la salute dell’economia, dell’ambiente delle persone sono fondamentalmente legati».

Il nuovo programma Onu è formato da 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile (Sdg) e 169 target che nei prossimi 15 anni dovranno (o meglio dovrebbero) impegnare tutti i Paesi del mondo nella lotta alla povertà, alla  ineguaglianza e per la resilienza climatica, uno sforzo globale avviato nel 2000 con gli Obiettivi del millennio per lo sviluppo (Mdg), ad oggi conseguiti solo in parte.

Al summit Onu parteciperà anche Papa Francesco, primo pontefice a parlare dalla tribuna delle Nazioni unite, ma i protagonisti assoluti saranno i 17 obiettivi e i 169 target che verranno approvati. Obiettivi che hanno una portata più ampia degli  8 Mdg e dei loro 21 target, che erano incentrati soprattutto su tematiche sociali, mentre i nuovi obiettivi per lo sviluppo sostenibile riguardano l’intera dimensione dello sviluppo sostenibile, incrociando crescita economica con integrazione sociale e protezione dell’ambiente.

Se gli Mdg riguardavano essenzialmente i Paesi in via di sviluppo e in particolare quelli più poveri, i nuovi Sdg saranno applicabili sia ai Paesi ricchi che a quelli poveri. Per esempio, l’obiettivo 1 si propone di eradicare la povertà sotto ogni sua forma, non solo la povertà estrema dei Paesi in via di sviluppo, ma anche quella in aumento nei Paesi sviluppati, Italia compresa.

L’Onu parla del 2015 come di «un anno di svolta» nel quale si è riusciti a raggiungere un accordo che «cambia il paradigma dello sviluppo, senza lasciare nessuno indietro». Un cambiamento di prospettiva che dovrebbe essere sugelato a fine anno dall’accordo globale sul clima alla Conferenza delle parti Unfccc di Parigi, dall’esito ancora molto incerto.

Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon ha descritto il nuovo programma come «un appello a condividere la prosperità, a potenziare i mezzi di sussistenza delle persone, ad assicurare la pace e guarire il nostro pianeta, a beneficio di questa e delle future generazioni». Il vicesegretario dell’Onu, Jan Eliasson ha sottolineato che «la gente ha il diritto di avere delle aspettative, perché c’è la necessità di fare in modo che gli ex obiettivi, gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, siano veramente raggiunti».

«Non avremo più un dibattito Nord-Sud su ciò che il Nord sta facendo per il Sud, ma quello che stiamo facendo l’uno per l’altro – rincara la dose Amina J. Mohammed, il consigliere speciale di Ban Ki-moon per il Post-2015 Development Planning –. Dobbiamo iniziare i prossimi 15 anni con una nota di ottimismo».

A quest’ondata di entusiasmo globale, ancora alla disperata ricerca di concretezza, l’Italia partecipa non solo in quanto stato sovrano, ma anche – e soprattutto – come membro dell’Unione europea. La partita della sostenibilità per l’economia mondiale è tanto vasta che nessuno degli Stati membri può pensare di affrontarla in solitaria. Frans Timmermans, responsabile dello sviluppo sostenibile e capo della delegazione della Commissione Ue al summit dell’Onu, si mostra sicuro nell’affermare che «fin dall’inizio l’Ue si è fortemente impegnata per realizzare un risultato ambizioso, con un programma d’azione per tutti i paesi, ricchi e poveri, integrando pienamente le dimensioni economica, sociale e ambientale della sostenibilità. Il risultato costituisce un traguardo epocale che riunisce il mondo intero intorno a obiettivi comuni per un futuro più sostenibile. Siamo determinati – conclude Timmermans – a realizzare l’Agenda 2030 che modellerà le nostre politiche interne ed esterne affinché l’Ue possa svolgere pienamente il suo ruolo».

Nonostante la sicurezza mostrata dall’Europa, gli appunti sollevati anche in quest’occasione verso il Vecchio continente da parte degli ambientalisti non mancano. Il Wwf in particolare si chiede se l’Unione europea sia davvero pronta a passare dalle parole ai fatti, e rivolge alcune richieste concrete all’Ue: un coinvolgimento attivo per Frans Timmermans, che ha ricevuto il mandato sullo sviluppo sostenibile, per trasformare i nuovi obiettivi Onu in realtà, e dunque «una strategia ambiziosa di lungo termine da parte della Commissione europea per attuare gli obiettivi e i target  adottati a New York, in consultazione con le parti interessate, tra cui la società civile».

Perché tali propositi si trasformino in realtà molti sono ancora i cambiamenti che dovranno avvenire, a partire dall’interno dei nostri confini. Non a caso in cima alle richieste del Wwf all’Ue compaiono un pacchetto completo di economia circolare, di  vasta portata per il conseguimento nell’Agenda al 2013 in particolare per quanto riguarda i temi  del  consumo e delle produzione sostenibili, e una diversa e più efficace allocazione delle risorse, pubbliche e private, nazionali e internazionali «per eliminare le spese che attualmente promuovono lo sviluppo non sostenibile all’interno e all’esterno dell’Ue. Ad esempio, in tutta l’Unione europea, la scala di sussidi ai combustibili fossili –  € 60 miliardi di 2011 – è di sei volte il livello di finanziamenti pubblici per il clima, € 9,5 miliardi impegnati nel 2013 dall’Ue»

«Il Wwf – conclude Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf Italia, nonché membro del think tank di questo giornale – conclude ha lavorato anni per assicurarsi che questo Piano comprenda alla fine gli elementi ambientali che gli conferiscono la migliore possibilità di successo perché i sistemi naturali costituiscono il capitale naturale di base per le nostre economie, per il nostro sviluppo e  per il nostro benessere, e quindi, per il nostro futuro. Come network internazionale, continueremo ad impegnarci e a collaborare con governi, imprese e comunità affinché sia garantito il successo e l’implementazione del Piano».

Gli obiettivi individuati dall’Onu dovranno essere conseguiti entro il 2030, e – in teoria – riconoscono come centrale il ruolo dei sistemi naturali per sostenere il benessere umano. Nel mentre, la popolazione mondiale sarà cresciuta ancora fino a toccare gli 8,5 miliardi di persone, e per soddisfarne realmente i bisogni (nel rispetto dei vincoli naturali cui tutti siamo sottoposti) serve mettere in pratica fin da subito azioni molto concrete. Le chiacchiere non bastano più.