L’utopia socialista del Manifesto di Ventotene e il futuro dell’Unione europea

Quale ideale spinge oggi il progetto europeo? Non una parola sullo sviluppo sostenibile è stata spesa nel vertice tra Renzi, Hollande e Merkel

[23 Agosto 2016]

«Vogliamo che l’Europa del dopo Brexit, l’Europa colpita al cuore dal terrorismo rilanci un ideale forte di unità e di pace, di libertà e di sogno, di dialogo e di identità. L’Europa è la madre affettuosa dei nostri valori, non la custode algida di regole burocratiche difficili da accettare. Adesso tocca anche a noi, proviamoci, tutti insieme. Perché usando le parole finali del Manifesto di Ventotene: “La via da percorrere non è facile, né sicura. Ma deve essere percorsa e lo sarà!”». Sono questi alcuni dei passaggi più evocativi contenuti nella eNews elaborata dal premier Matteo Renzi per l’incontro che ha visto ieri riunire sull’isola di Ventotene i leader di Italia, Francia, Germania. Obiettivo, rilanciare il sogno di un’Europa unita contro le pulsioni disgregatrici che oggi l’attraversano.

La necessità di un disegno ideale cui mirare è stato sottolineato più dallo stesso premier, ma niente di tutto ciò sembra essersi concretizzato sul blindatissimo ponte della portaerei Garibaldi, dove Matteo Renzi, François Hollande e Angela Merkel hanno tenuto la loro conferenza stampa congiunta. Titubanti convergenze su temi ciclopici come la gestione dei flussi migratori o l’intollerabile tasso di disoccupazione giovanile nel Vecchio continente si sono sciolte, come ormai di prassi al termine dei vertici di stampo europeo, in tiepide convergenze di rito. Lo stesso vale per il punto che sembrava premere di più all’Italia dal punto di vista economico, ossia il lasciapassare tedesco a una nuova “flessibilità” nell’impiego dei conti pubblici nazionali: arrivare quest’anno a un deficit pari al 2,4% del Pil nazionale, dopo una simile richiesta avanzata alla Commissione europea pochi mesi fa.

Di briciola in briciola si continua ad alimentare il clima d’incertezza ormai dominante in Europa, rifuggendo quella che l’economista Gustavo Piga sottolinea essere ormai un’ovvietà: «È evidente che l’unica cosa che va fatta è spendere quei soldi che oggi i cittadini non vogliono spendere, con investimenti pubblici a go go. La ricetta, ben nota ai più, è l’unica mai provata sinora in questi 7 anni di crisi: è tempo di farlo».

Di tale volontà continua a non esserci traccia. Eppure il Manifesto di Ventotene, omaggiato ieri da Renzi, Hollande e Merkel, auspicava un ruolo della mano pubblica nella gestione economica di ben altra intensità. «Un’Europa libera e unita – si legge nel testo – è premessa necessaria del potenziamento della civiltà moderna, di cui l’era totalitaria rappresenta un arresto. La fine di questa era sarà riprendere immediatamente in pieno il processo storico contro la disuguaglianza ed i privilegi sociali. Tutte le vecchie istituzioni conservatrici che ne impedivano l’attuazione, saranno crollanti o crollate, e questa loro crisi dovrà essere sfruttata con coraggio e decisione. La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista, cioè dovrà proporsi l’emancipazione delle classi lavoratrici e la creazione per esse di condizioni più umane di vita».

Oggi, al contrario di quanto auspicato da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni, la crescita della disuguaglianza trova un terreno fertile in Europa e in Italia in particolare, gonfiando la sfiducia dei cittadini verso quelle élite politiche che dovrebbero rappresentare i loro interessi. La “flessibilità” nell’impiego di qualche zero virgola di deficit non può evidentemente rappresentare un ideale-guida per ridare fiato al sogno europeo.

Dov’è finita l’Unione europea che, come sottolineano dall’Asvis (l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile), ha «partecipato in maniera molto attiva e propositiva all’intero processo negoziale che ha portato all’adozione dell’Agenda 2030 e degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdgs)», con anche l’Italia che «ha svolto un ruolo di primissimo piano»? Lo sviluppo sostenibile, incrociando equità sociale, sostenibilità ambientale e sviluppo economico, rappresenta oggi l’unica bussola credibile da seguire per ridare vigore democratico al progetto politico dell’Ue. Eppure non una parola in merito è stata spesa ieri a Ventotene.

C’è stato un tempo (nel 1971) in cui il presidente della Commissione europea, Sicco Mansholt, predicava addirittura una filosofia economica vicina a quella della “decrescita” (ai nostri giorni tremendamente infelice), mentre nel Manifesto di Ventotene si sottolinea che «il principio veramente fondamentale del socialismo, e di cui quello della collettivizzazione generale non è stato che una affrettata ed erronea deduzione, è quello secondo il quale le forze economiche non debbono dominare gli uomini, ma – come avviene per forze naturali – essere da loro sottomesse, guidate, controllate nel modo più razionale, affinché le grandi masse non ne siano vittime». È ora di attualizzare e rilanciare la linfa nascosta del progetto europeo.