Nel Def approvato dal Governo un’Italia senza crescita, e senza benessere

Reddito di cittadinanza e Quota 100 avranno ricadute negative sull’occupazione sia nel 2019 sia nel 2020, secondo lo stesso Governo. E dell’impatto sul Benessere equo e sostenibile ancora non c’è traccia

[10 Aprile 2019]

Il Documento di economia e finanza (Def) 2019 è stato approvato ieri dal Consiglio dei ministri, e le buone notizie non abbondano. Non solo la previsione di crescita tendenziale del Pil è stata ridotta allo 0,1% per l’anno in corso – appena 4 mesi fa dal Governo stimavano dieci volte tanto, +1% –, ma anche i due principali pacchetti di misure di sostegno agli investimenti (il dl crescita e il dl sblocca cantieri) messi in campo dal Governo daranno un contributo risibile alla causa: «Dovrebbero portare ad una crescita aggiuntiva di 0,1 punti percentuali, fissando così il livello di Pil programmatico allo 0,2%», spiegano dal ministero dell’Economia (Mef). E se dal Governo sottolineano che questo avviene «in un contesto di debolezza economica internazionale», il report pubblicato proprio ieri dal Fondo monetario internazionale mostra chiaramente come l’Italia soffra molto più della media: la crescita stimata del Pil è dello 0,1% per il nostro Paese e dello 0,8% per la Germania, dell’1,3% per la Francia, del 2,1% per la Spagna, dell’1,3% per l’area euro nel suo complesso.

Anche i due principali provvedimenti-simbolo di M5S e Lega porteranno nuove delusioni su un fronte critico per l’Italia, quello del lavoro: come sottolinea il direttore della fondazione Adapt, Francesco Seghezzi, «nel 2019 e nel 2020 l’impatto sull’occupazione di reddito di cittadinanza e Quota 100 è negativo (-0,2%)», e a mostrarlo chiaramente è una tabella del Def (riportata di fianco, ndr) elaborata dallo stesso Governo che ha promosso le due misure.

Sotto questo profilo gli effetti benefici, se ci saranno, si concretizzeranno solo nei prossimi anni: «Il tasso di disoccupazione nel 2020 aumenterebbe di 0,7 punti percentuali rispetto allo scenario base nei due anni successivi, tuttavia, tale incremento tenderebbe a riassorbirsi. Dopo un’iniziale riduzione dell’occupazione rispetto allo scenario base (pari a -0,2 punti percentuali nel 2019 e 2020), questa si accrescerebbe, risultando superiore di 0,8 punti percentuali nel 2022».

Il testo appena riportato è estratto dall’ultima bozza del Def (la versione integrale è disponibile qui), perché banalmente il testo definitivo non è stato reso disponibile dopo il Cdm, e anche oggi dal ministero dell’Economia – come hanno confermato alla nostra redazione – non hanno ancora idea di quando potranno pubblicarlo. Manca dunque all’appello anche l’atteso allegato contenente, come disposto dalla legge 163 del 2016, l’aggiornamento degli Indicatori di benessere equo e sostenibile (Bes) alla luce dell’azione di governo.

Anche in questo caso però le anteprime sono piuttosto deludenti: il portavoce dell’Associazione italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS), Enrico Giovannini, ha partecipato nei giorni scorsi a un’audizione parlamentare sul Bes, dichiarando che lo scenario macroeconomico di crescita zero avrà sicuramente effetti negativi sul tasso di mancata partecipazione al lavoro; che l’entrata a regime del Reddito di cittadinanza a partire da 2020 ne fa perdere gli effetti positivi in materia di disuguaglianze; che i dati sulle emissioni, seppur in decrescita, sono ancora incompatibili con l’Agenda 2030 e con gli impegni confermati dall’Italia anche in sede comunitaria. Un fallimento non solo economico, dunque, ma anche sociale e ambientale.