Per togliere i rifiuti dal mare i “pescatori spazzini” della Toscana si fanno in cinque

Dopo la sperimentazione di Livorno il progetto “Arcipelago pulito” si estende anche ad Argentario, Castiglione della Pescaia, Viareggio, Piombino e Portoferraio

[20 Settembre 2019]

Nella primavera dell’anno scorso il progetto “Arcipelago pulito” veniva inaugurato nello spicchio di Tirreno davanti a Livorno, ed è riuscito in pochi mesi a ripulire il mare da 18 quintali di rifiuti grazie ad un protocollo d’intesa siglato a tra Regione Toscana, ministero dell’Ambiente, Unicoop Firenze, Legambiente, Guarda costiera, Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Settentrionale, la società Labromare che gestisce la raccolta dei rifiuti nel porto, Revet che ricicla quanto possibile (i dati parlano di un 20% dei rifiuti pescati, il resto non può essere riciclato e dev’essere smaltito), la cooperativa Cft e soprattutto dei cosiddetti “pescatori spazzini”. Che ora sono pronti a dare il loro contributo a partire da altri cinque porti della costa toscana.

«Il ministero – ha annunciato ieri l’assessore alla presidenza della Toscana, Vittorio Bugli – ha appena firmato il via libera a un nuovo protocollo che permette di estendere il progetto, dopo la sperimentazione di Livorno, anche all’Argentario, Castiglione della Pescaia, Viareggio, Piombino e Portoferraio all’Elba».

A Livorno sono stati sei i pescherecci coinvolti: ogni giorno sulle proprie barche tiravano su accidentalmente un ammontare di rifiuti pari a circa il 6% del pescato, tonnellate di materiali che – paradossalmente – avrebbero “dovuto” ributtare in mare a causa di un vulnus normativo. Una volta issati i rifiuti dal mare alla barca, infatti, i pescatori  vengono considerati (ancora oggi) loro responsabili, e nel momento in cui li conducono in porto sarebbero quindi teoricamente costretti a pagarne i costi di smaltimento: per questo in porto i rifiuti non ci arrivavano, e venivano prima ributtati in mare. Per aggirare questo paradosso è nato il protocollo toscano: «Arcipelago pulito ha permesso di portarli a terra, con la soddisfazione di tutti – ricorda Bugli – e senza che i pescatori rischiassero più una multa». A partire dal porto di Livorno è stata messa in piedi una vera e propria filiera dei materiali di scarto abbandonati in mare, che partendo dai pescatori arriva all’impianto di recupero di Revet, dove il 20% del raccolto è avviato a recupero e il resto a smaltimento.

La Toscana ha fatto in Italia da apripista, attirando su di sé prima l’attenzione del Parlamento europeo e poi quella del ministro Costa (oltre che della deputata Rossella Muroni, che ha elaborato una sua Pdl per il fishing for litter) che ha avanzato la proposta di legge ribattezzata Salvamare – per la quale nei prossimi giorni dovrebbe iniziare l’esame in Parlamento –, ma nel frattempo dove il progetto Arcipelago pulito continua concretamente ad avanzare è sempre qui.

Del resto i risultati sono stati più che incoraggianti: dopo i primi sei mesi la sperimentazione era stata prorogata di altri quattro e che la soluzione e il modello virtuoso messo in moto fosse capace di portare risultati concreti lo si era visto subito. Solo da aprile 2018 al settembre dello stesso anno è bastata una mezza dozzina di piccoli pescherecci per raccogliere oltre 18 quintali di rifiuti, per un volume di oltre 24 mila litri. Nelle reti a strascico sono finite bottiglie, fascette, sacche e buste, ma anche lo sterzo di un motoscafo, una vecchia tanica e una torcia da sub; su diciotto quintali, circa il 20% come già accennato si è rivelato composto da plastiche riciclabili. In alcuni casi riuscendo poi a imboccare addirittura la via del design: è il caso della lampada Magma prodotta da R3direct e Revet , che ha fatto bella mostra di sé prima a Milano e poi a Parigi.

L. A.