L’Italia lontana dal target minimo di raccolta Ue: 37% contro un obiettivo del 65%

Raee, due terzi dei rifiuti elettronici europei vengono smaltiti in modo non sicuro

Eppure avviandoli tutti a riciclo potremmo recuperare 186 tonnellate di argento, 24 tonnellate di oro e 7,7 tonnellate di platino

[11 Giugno 2019]

In Europa ogni anno vengono generati 9,9 milioni di tonnellate di Raee, ovvero rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, ma di queste solo il 30% circa viene gestito correttamente e avviato a riciclo: gli oltre due terzi rimanenti vengono smaltiti in modo non sicuro dal punto di vista ambientale, o finiscono per gonfiare discariche abusive sparse per tutto il pianeta. Un dato allarmante e che senza correttivi è destinato a crescere, dato l’uso sempre più intensivo dell’elettronica che caratterizza la nostra società, messo oggi a Roma in evidenza durante il convegno internazionale “Raee: sei nazioni a confronto”.

I rappresentanti di alcuni principali sistemi collettivi per la gestione di questi rifiuti a livello europeo (per l’Italia ha partecipato il sistema collettivo Ecodom) hanno offerto un’analisi comparata del contesto francese, britannico, spagnolo, portoghese, olandese e naturalmente italiano, mettendo in evidenza punti di forza e criticità dei vari Paesi.

Per quanto riguarda in primis l’immesso al consumo è la Francia il Paese del sestetto che, nel triennio 2015-2017, ha immesso più apparecchiature elettriche ed elettroniche nel proprio mercato con un quantitativo medio corrispondente a 1.487.418 tonnellate all’anno; i n seconda posizione si piazza il Regno Unito con 1.391.642 tonnellate, seguito da Italia (848.011 t), Spagna (551.947 t), Olanda (333.785 t) e Portogallo (141.987 t).

Ma come vengono gestiti questi prodotti, una volta divenuti rifiuti? La Francia risulta anche la prima nazione anche nel ritiro dei Raee domestici, con un quantitativo che, nel 2018, è stato di 728.569 tonnellate. Anche in questa classifica il Regno Unito è secondo con 493.323 t, seguito da Italia (310.610 t), Spagna (268.003), Olanda (167.235) e Portogallo (67.692), che però conteggia nella cifra fornita sia i Raee domestici che quelli professionali. Per quanto riguarda in particolare il nostro Paese duole però constatare che occupa l’ultimo posto per quanto riguarda la raccolta pro-capite (cioè i kg di RAEE raccolti ogni anno per ciascun abitante): solo 5,1 kg/abitante di Raee, meno della metà della Francia (10,8 kg/abitante). «Nonostante il sistema Raee italiano sia considerato una “best practice” dalla Comunità europea dal punto di vista organizzativo per l’esistenza di un “modello multi-consortile regolato”, con più sistemi collettivi operanti in concorrenza tra loro sotto il controllo del Centro di coordinamento Raee – spiegano da Ecodom – c’è quindi ancora un gap importante tra i risultati di raccolta italiani e gli obiettivi fissati dalla direttiva europea sui Raee».

Analizzando infatti i dati del 2018, tra i sei Paesi partecipanti all’incontro organizzato da Ecodom solo quattro hanno superato il target di raccolta del 45% fissato fino all’anno scorso dall’Unione europea, tra i quali non figura l’Italia. Il tasso di ritorno (ovvero il rapporto tra Raee gestiti e media delle Aee immesse sul mercato nei tre anni precedenti) è stato del 50% in Olanda, del 49% in Francia e Spagna e del 48% in Portogallo. Non hanno raggiunto la quota minima né l’Italia, ferma al 37%, né il Regno Unito con il 35%. In attesa di conoscere i numeri relativi al 2019, sembra improbabile per tutte e sei le nazioni riuscire a raggiungere il target minimo del 65% in vigore dall’inizio di quest’anno.

«Questo incontro – commenta Maurizio Bernardi, presidente di Ecodom – riveste particolare importanza perché in Italia è da poco iniziato il processo di recepimento delle direttive europee sull’economia circolare: i rappresentanti del Parlamento e del ministero dell’Ambiente avranno quindi la possibilità di esaminare i risultati di raccolta, i vantaggi e gli svantaggi dei diversi modelli di Extended producers’ responsibility. Uno sguardo particolare è stato rivolto a quello che a oggi è il principale problema nel settore dei Raee: i “flussi paralleli”, cioè l’ingente quantità di rifiuti elettrici ed elettronici che scompare senza lasciare traccia. Oggi chiediamo a tutti i nostri interlocutori istituzionali, al Parlamento e al Ministero dell’Ambiente, di definire insieme a noi un modello che permetta all’Italia di risolvere il più rapidamente possibile questo problema».

A vantaggio non solo dell’ambiente, ma anche della competitività economica dell’intero sistema-Paese. Come testimoniano infatti i risultati del progetto Critical raw material closed loop recovery, appena concluso dopo tre anni di lavori, se tutti i Raee prodotti in Europa fossero raccolti e riciclati adeguatamente «si potrebbero recuperare 186 tonnellate di argento, 24 tonnellate di oro e 7,7 tonnellate di platino. È con questo scopo che nel 2015 è nato il progetto – dettaglia Luca Campadello di Ecodom –  aumentare il tasso di riciclo delle materie prime essenziali contenute nei Raee del 5% entro il 2020 e del 20% entro il 2030». A tutto beneficio dell’industria nazionale: «Dentro i piccoli elettrodomestici – spiega Dario della Sala dall’Enea – si possono recuperare alcune delle principali materie prime di difficile reperimento in natura, ma che hanno un ruolo fondamentale in moltissimi settori, dall’aeronautica, all’elettronica di consumo alle energie rinnovabili, dall’eolico al fotovoltaico».