Rifiuti, dopo la sentenza della Corte Ue lo stallo sull’End of waste potrebbero sbloccarlo le Regioni?

L’economia circolare italiana è al palo, ma secondo la Fondazione per lo sviluppo sostenibile la nuova direttiva 2018/851/UE riconosce «anche alle Regioni la competenza a rilasciare l’autorizzazione EoW caso per caso, applicando condizioni e criteri europei, in assenza di provvedimenti nazionali o europei»

[3 Aprile 2019]

La situazione sul fronte dell’End of waste – ovvero quello delle normative necessarie per stabilire le condizioni alle quali un rifiuto è trasformato nuovamente in un normale bene economico, non più assoggettato alle rigorose disposizioni della normativa sui rifiuti  –, centrale per il concreto progresso dell’economia circolare italiana, si fa sempre più complicata dopo che la Corte di giustizia europea ha emesso nei giorni scorsi la sentenza C-60/18 (qui tutti i documenti, ndr).

Prendendo le mosse da una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tallinna Ringkonnakohus (Estonia) sull’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva europea 2008/98 in materia di rifiuti, la Corte di giustizia Ue afferma che tale norma è da interpretarsi nel senso che «non osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in forza della quale, qualora non sia stato definito alcun criterio a livello dell’Unione europea per la determinazione della cessazione della qualifica di rifiuto per quanto riguarda un tipo di rifiuti determinato, la cessazione di tale qualifica dipende dalla sussistenza per tale tipo di rifiuti di criteri di portata generale stabiliti mediante un atto giuridico nazionale»; al contempo, il suddetto articolo 6 «non consente a un detentore di rifiuti, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, di esigere l’accertamento della cessazione della qualifica di rifiuto da parte dell’autorità competente dello Stato membro o da parte di un giudice di tale Stato membro».

Questa interpretazione porterebbe ad affermare, come sintetizza il Sole 24 Ore, che la “mancanza di criteri Ue o nazionali «per uno specifico tipo di rifiuti» pregiudica la possibilità di qualsiasi autorizzazione, concessa caso per caso dalla competente autorità locale o il successivo riconoscimento da parte di un giudice nazionale […] Una decisione che, di fatto, rischia di avere un impatto molto duro, decretando la fine del recupero per tutti quei rifiuti che sono privi di adeguate norme tecniche: sono infatti pochissimi i settori che oggi possono contare su un supporto normativo di questo tipo”.

Si prospetta dunque all’orizzonte un’ulteriore involuzione della normativa a supporto dell’economia circolare italiana, già fortemente provata dalla nota  sentenza del 28 febbraio 2018 n. 1229 emessa dal Consiglio di Stato, la quale ha stabilito che spetta allo Stato, e non alle Regioni, individuare i casi e le condizioni in cui un rifiuto può essere considerato “end of waste”, al termine di un processo di recupero; visto però che lo Stato a distanza di oltre un anno non ha compiuto alcun progresso su questo fronte, nonostante le dure proteste di ambientalisti e imprenditori di settore, ancora oggi lo stallo è totale, tanto da lasciar presagire – oltre a un’involuzione dal punto di vista industriale – problemi anche nella raccolta e gestione dei rifiuti.

Una possibile via di fuga dall’impasse, in attesa dei decreti nazionali sull’End of waste, potrebbe consentire nel consentire alla Regioni di intervenire sulla questione, come proposto nelle settimane scorse dal presidente di Unicircular, Andrea Fluttero, anche alla luce della nuova sentenza della Corte di giustizia europea? Secondo la Fondazione per lo sviluppo sostenibile, presieduta dall’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi, sì:  «È sufficiente osservare che la Corte europea ha deciso sulla base del vecchio articolo 6, della direttiva del 2008, non avendo potuto ancora tener conto della sua nuova formulazione derivante dalla direttiva 2018/851/UE».

«Ricordando che l’ordinamento italiano attribuisce alle Regioni la competenza di autorizzare il trattamento dei rifiuti e che il caso per caso può essere esercitato solo dall’autorità dotata di questa competenza – spiega Stefano Leoni, dalla Fondazione –  non si può che giungere alla conclusione che il recepimento del nuovo articolo 6, riportando correttamente il testo della direttiva del 2018, riconosca anche alle Regioni la competenza a rilasciare l’autorizzazione End of waste caso per caso, applicando condizioni e criteri europei, in assenza di provvedimenti nazionali o europei».