Rimateria due anni dopo, il punto sull’economia circolare in Val di Cornia

All’interno del Sin di Piombino, 900 ettari zeppi di rifiuti speciali, l’unica area oggetto di riqualificazione ambientale e paesaggistica è quella dentro al Piano industriale dell’azienda

[13 Luglio 2017]

Esattamente due anni fa, ovvero il 16 luglio 2015, si rinnovavano i cda delle due società che oggi – riunite e profondamente rinnovate – rappresentano la migliore occasione per la Val di Cornia per praticare una nuova strategia di sviluppo sostenibile, quella dell’economia circolare. Un’opportunità ormai riconosciuta sia dalle istituzioni locali, nazionali (come mostra la recente visita della Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti), sia europee: la stessa Commissione Ue ha individuato in quella che oggi si chiama Rimateria un esempio per l’economia circolare.

Concretamente, a che punto siamo? Per spiegarlo interviene oggi direttamente l’azienda (in allegato è disponibile la nota integrale, ndr), che ricorda come al «16.07.2015, giorno d’insediamento del nuovo management, quello che abbiamo trovato constava di un’area di circa 40 ettari con quattro discariche, di cui una non autorizzata chiamata “cumuli stoccati in modo incontrollato” e due società: Tap e Asiu. La prima inattiva e la seconda con un debito doppio del fatturato di quell’anno».

Da allora di acqua ne è passata sotto i ponti, ed è scorsa cristallina: «Il mandato del nuovo management prevedeva la risoluzione definitiva del passaggio a Sei Toscana del ramo dei rifiuti urbani, deciso con atti istituzionali almeno tre anni prima; la riunificazione delle due società in una unica, denominata Rimateria; l’assunzione dell’oggetto sociale della Tap nella nuova società, con gli stessi obiettivi, ovvero la gestione dei rifiuti speciali da cui l’elaborazione di un progetto coerente con l’oggetto sociale; la vendita della maggioranza delle azioni per un totale complessivo del 60%, con l’obiettivo di implementare know how ed esperienza nel settore, oltreché far fronte al debito pregresso senza che questo ricadesse sui cittadini, ma mantenendone il controllo strategico da parte del pubblico».

Fin dal settembre 2015 si è dunque elaborato un Piano di risanamento finanziario e un “Piano di riqualificazione ambientale e paesaggistica” delle aree in questione, tradottosi in un Piano industriale traguardato al 2025 comprensivo della cosiddetta Variante 4 (rialzo discarica ex Asiu e appoggio alla ex Lucchini), già autorizzato: un piano che – a scanso di equivoci e incomprensioni – è stato illustrato ad oggi in 23 incontri ai quali è invitata la cittadinanza (e pubblicati sul sito www.rimateriapiombino.it). Un piano che ha come riferimento obbligato le leggi, il mercato e il contesto ambientale, sociale, istituzionale nel quale opera, e basato essenzialmente su tre linee di business esclusivamente riferite ai rifiuti speciali: riciclo, stoccaggio-trattamento, smaltimento dei rifiuti non riciclabili.

L’alternativa sarebbe stata drammatica. Il fallimento aziendale e «la consegna ai posteri di un’area, sulla quale insistevano ed insistono quattro discariche di rifiuti prodotti dalle industrie per decine di anni e lì posizionati, con autorizzazioni, ma anche senza. Quattro, non una sola, cioè quella dell’Asiu. Alta 26 mt, non 10 mt come era originariamente all’apertura, che verrà portata, come da autorizzazione, a 32 metri».

Questo all’interno di un già critico contesto ambientale, fatto da un’area Sin di circa 900 ettari con problematiche accertate verso le quali Rimateria si sta organizzando per offrire servizi finalizzati, a prescindere dall’evoluzione degli accordi di programma in essere relativamente agli sviluppi industriali che la zona prenderà. «L’area delle discariche in questione (repetita juvant: discariche, non discarica) è ad oggi l’unica, dentro il Sin – sottolinea l’azienda – oggetto di lavori di riqualificazione ambientale e paesaggistica. Prevede investimenti di circa 50 milioni e un aumento dell’occupazione diretta, a regime, di circa 50 unità. Darà lavoro indiretto, per tre-quattro anni, a circa 100 persone. Prevede l’utilizzo di materiali da riciclare (le scorie abbancate nella LI 53) e materiali da smaltire. Di certo sarebbe stato paradossale e delittuoso, oltreché finanziariamente impossibile, adoperare materiale di cava anche per la riqualificazione di questa area».