Rimosso dall’Itrec di Rotondella un monolite da 130 tonnellate contenente rifiuti nucleari

I fusti sono stati trasferiti da Sogin in un deposito per il loro stoccaggio temporaneo, in attesa di una soluzione definitiva

[18 Dicembre 2019]

L’impianto Itrec (Impianto di trattamento e rifabbricazione elementi di combustibile) in provincia di Matera è stato oggi protagonista di un’operazione molto delicata portata avanti da Sogin, che ha concluso la rimozione di un “monolite” in cemento armato contenente rifiuti nulceari: realizzato alla fine degli anni ’60, il monolite è una struttura verticale di forma prismatica con una massa di circa 130 tonnellate e un volume di 54 metri cubi, posto a 6,5 metri di profondità dal piano campagna. Al suo interno, suddivisi in quattro pozzi a sezione quadrata, vi sono fusti con rifiuti nucleari a media radioattività, inglobati in malta cementizia, derivanti dall’esercizio dell’impianto – ancora oggi in attesa che venga completata la dismissione.

La soluzione ingegneristica adottata da Sogin viene definita dalla società come «senza precedenti a livello internazionale, e comporterà un significativo passo avanti nel decommissioning del sito nucleare lucano». Più nel dettaglio il monolite è stato stabilizzato con strutture metalliche appositamente realizzate e incapsulato all’interno di un’apposita struttura d’acciaio; quindi è stato effettuato il taglio orizzontale, perforando la base della struttura mediante un carotiere con punte a perdere, e quello verticale, con filo diamantato dall’alto verso il basso, separando l’uno dall’altro i quattro pozzi. Per consentire la sua rimozione sono stati infine installati specifici sistemi di sollevamento, dimensionati per sostenere ogni singolo pozzo che, completo dei contenitori di acciaio, ha un peso di circa 45 tonnellate.

Adesso si ripropone però l’eterno problema di come gestire i rifiuti nucleari prelevati insieme al monolite: da Sogin spiegano solo che «i quattro pozzi rimossi sono stati trasferiti in massima sicurezza in un deposito del sito per il loro stoccaggio temporaneo». E dopo?

Come noto l’attività di gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi in Italia è affidata alla Sogin, con costi individuati in 7,2 miliardi di euro, anche se dal 2001 al 2018 il programma di smantellamento è stato realizzato per circa un terzo delle attività ma è già costato 3,8 miliardi di euro. Attualmente sono oltre 30mila i metri cubi di rifiuti radioattivi sono sparsi in depositi lungo 7 regioni italiane, e una larga parte è finita (temporaneamente) all’estero. L’attesa è tutta per il deposito unico nazionale che dovrà ospitarli per essere custoditi con maggiore sicurezza: un progetto da 1,5 miliardi di euro, ma nessuno ha ancora idea di dove sarà realizzato.

Nella Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) a ospitare il deposito sono stati individuati 100 possibili siti ormai dal gennaio 2015, ma da allora è sempre rimasta chiusa in un cassetto; l’ex sottosegretario al Mise Davide Crippa, audito quest’estate nella commissione Ecomafie, ha riferito che si prevede di concludere l’iter necessario alla pubblicazione della Carta entro la fine del 2019 e l’inizio del 2020, ma a dieci giorni dalla fine dell’anno ancora non sono arrivate novità nel merito.