A Ecomondo lo studio Ref ricerche in collaborazione con Fondazione Utilitatis

«Rischio collasso a breve termine» per la gestione dei rifiuti in Toscana

Centinaia di migliaia di tonnellate devono andare fuori regione o addirittura varcare i confini nazionali. Per provare a dare risposte concrete il primo patto sull'economia circolare è nato a supporto del distretto del cuoio

[7 Novembre 2019]

L’Italia nel suo complesso soffre di una strutturale carenza d’impianti per la gestione dei rifiuti che produce, un dato che risulta particolarmente evidente per quanto riguarda i rifiuti speciali (ovvero quelli prodotti dalle attività economiche): un nuovo studio realizzato da Ref ricerche in collaborazione con la Fondazione Utilitatis, presentato a Ecomondo, stima il deficit per il settore in almeno 2,1 milioni di tonnellate l’anno. In questo contesto, la Toscana risulta tra le regioni in maggiore sofferenza, con difficoltà a gestire oltre 210mila tonnellate dei rifiuti che produce ogni anno.

«A partire dal 2018 Emilia-Romagna, Veneto e Toscana (tutte regioni a maggiore vocazione industriale, con la conseguente produzione di rifiuti speciali, ndr) hanno dovuto fronteggiare un rischio “paralisi” nella gestione del rifiuto – osserva lo studio – a causa di carenze impiantistiche che hanno determinato un aumento considerevole dei costi di trattamento/smaltimento a carico del tessuto produttivo locale».

Alla storica carenza d’impianti, in tutta Italia hanno pesato elementi come il forte aumento della produzione di rifiuti speciali nel triennio 2014-2017, la relativa chiusura del mercato cinese alle importazioni di rifiuti a partire dal gennaio del 2018, la sentenza del Consiglio di Stato del 28 febbraio 2018 che ha bloccato la autorizzazioni End of waste “caso per caso” rilasciate dalle Regioni, e infine lo stop allo spandimento in agricoltura dei fanghi di depurazione a seguito di una sentenza del Tar Lombardia del 2017 ha gettato tutta l’industria nello stallo. Tutti elementi di sofferenza comune sul territorio nazionale, ma che in Toscana hanno avuto maggiore impatto che altrove: ad esempio «lo stop allo spandimento dei fanghi in agricoltura in Lombardia ha causato ripercussioni in tutte quelle regioni, Toscana e Lazio in primis, per le quali la Lombardia rappresentava il principale mercato di destinazione dei fanghi». Sul punto il Governo nazionale è intervenuto attraverso il “decreto Genova”, ma che la crisi sia ancora in atto lo testimoniano i prezzi saliti alle stelle: i corrispettivi per i conferimenti dei fanghi si sarebbero attestati su valori prossimi ai 200 euro/tonnellata, con punte anche di 250 rispetto ai 90 euro/tonnellata di inizio 2017.

Più in generale, in Toscana come altrove, «un grosso contributo al deficit impiantistico viene dalle mille Nimby che ostacolano qualsiasi iniziativa». Come osserva lo studio «queste istanze di cui sono promotori comitati e associazioni rivelano la difficoltà delle istituzioni a riannodare un rapporto fiduciario con i territori offrendo soluzioni, a facendosi carico della responsabilità collettiva di operare scelte coerenti con la chiusura del ciclo dei rifiuti. Assai di sovente, infatti, le amministrazioni regionali, in luogo di affrontare le questioni riportandole sul piano della razionalità e sostenendo le iniziative, finiscono per accomodare queste istanze, erigendo regolamentazioni ancora più restrittive per respingerle. Una spirale perversa che impedisce un vero ciclo integrato dei rifiuti, davvero industrializzato, in contrasto con gli indirizzi dell’Ue e con la stessa gerarchia dei rifiuti».

Per quanto riguarda invece la disamina particolare della situazione su suolo regionale, lo studio non usa mezzi termini parlando di «rischio collasso a breve termine» per la gestione rifiuti in Toscana, che «secondo i vertici delle principali società di gestione dei rifiuti sarà costretta ad ampliare le discariche già esistenti se non vuole portare fuori dai confini regionali gli scarti e rinunciare alla sua (quasi) autosufficienza».

Sul fronte dei rifiuti urbani (2,2 le milioni di tonnellate prodotte ogni anno) la Toscana «si trova attualmente dinnanzi a un bivio: o decide di costruire, rapidamente, le nuove infrastrutture, tra cui quelle per il recupero dei rifiuti organici – i cosiddetti biodigestori – e nuovi impianti di trattamento del rifiuto indifferenziato, oppure dovrà necessariamente aumentare lo spazio delle discariche». Per quanto riguarda invece i rifiuti speciali (10,3 le milioni di tonnellate prodotte ogni anno), il termometro della crisi arriva ancora una volta dai prezzi di mercato: «Il pacchetto base medio di smaltimento è passato da 70 a 120 euro a tonnellata, in aumento di oltre il 70%».

«Con impianti di termovalorizzazione in chiusura o con l’iter autorizzatorio bloccato e progetti di ampliamento di discariche anch’esse bloccati, il futuro per i distretti economici toscani appare poco roseo. Alla fine dei conti – argomenta lo studio – rimangono per terra centinaia di migliaia di tonnellate di frazioni indifferenziate che devono andare fuori regione o addirittura varcare i confini nazionali, mancando impianti di valorizzazione energetica e persino discariche a disposizione. Come emerge dai calcoli degli operatori economici ascoltati, complessivamente esiste un fabbisogno non soddisfatto di almeno: tessile 75mila ton, cartiere 250mila ton, conciaria 100mila ton, oltre a rifiuti misti vari».

La soluzione a quest’emergenza ancora non è stata trovata, ma qualcosa ha iniziato a muoversi con il primo patto sull’economia circolare, che in Toscana è nato a supporto del distretto del cuoio: «Per provare a dare risposte concrete alle aziende dell’intero distretto la Regione Toscana, l’Associazione conciatori e Rea impianti hanno siglato nel marzo del 2019 un accordo che attrezzerà il distretto di Santa Croce di tutti gli impianti necessari al recupero sicuro dei rifiuti – sintetizza al proposito lo studio – Il patto ha un obiettivo ambizioso ma raggiungibile e auspicabile, ossia ridurre, fino ad eliminare, lo smaltimento in discarica di fanghi di depurazione e di scarti della lavorazione conciaria per ricavare concime organico di alta qualità e conglomerati bituminosi e cementizi. In tandem con le risorse e alle energie imprenditoriali del privato, la Regione Toscana si assume l’impegno di assicurare una rapida conclusione – qualunque ne sia l’esito – dei procedimenti amministrativi necessari per la realizzazione degli impianti, nel rispetto della normativa vigente, valutando pure la possibilità di forme di cofinanziamento, mano a mano che queste si renderanno disponibili».