Intervista al sindaco di Pomarance, Loris Martignoni

Se il Governo chiude al dialogo sulla geotermia, i sindaci toscani sono pronti a farsi sentire

«Abbiamo la volontà di sederci a un tavolo con il Ministero e fare un percorso che porti a un obiettivo condiviso, vogliamo rispetto e considerazione da chi ci governa. La comunicazione? È fondamentale, si tratta di un aspetto che come Regione e anche come CoSviG non siamo riusciti a mettere nella situazione giusta»

[22 Febbraio 2019]

Secondo gli ultimi dati forniti dal Gestore dei servizi energetici (Gse) è la geotermia l’energia rinnovabile più produttiva in Italia, una fonte il cui impiego a fini industriali è iniziato per la prima volta al mondo proprio nel 1818, nell’area di Pomarance. A due secoli da quella data, la Toscana conserva ancora a livello globale un ruolo di leadership nel settore, non solo a livello tecnologico ma anche per la governance di una risorsa che offre occasioni di diversificazione economica – dalla produzione di elettricità a quella di calore, dalla valorizzazione delle filiere agroalimentari locali a quella del turismo – nell’ottica di uno sviluppo sostenibile. Un modello che adesso però è messo a serio rischio dalla decisione del Governo nazionale di tagliare gli incentivi finora rivolti all’attività geotermoelettrica.

Per capire come stanno reagendo i territori geotermici di fronte a questa prospettiva abbiamo contattato il sindaco di Pomarance, Loris Martignoni.

Dopo un ampio lavoro tre anni fa il ministero dello Sviluppo economico ha presentato le proprie Linee guida per l’uso della geotermia a media e alta entalpia, in cui la geotermia era definita una risorsa la cui «possibilità di utilizzo assume in questi tempi un particolare interesse». Eppure, oggi, lo stesso Mise nello schema di decreto Fer 1 ne ha escluso l’incentivazione: qual’è il motivo secondo lei?

«Quando c’è stato l’incontro Stato-Regioni e con la Regione Toscana tecnicamente non sono stati in grado di darci nessuna spiegazione, ma a me sembra evidente. Il Mise, e il sottosegretario Crippa in particolare, hanno questa mission che hanno preso da momenti precedenti alle elezioni, da comitati e loro sostenitori, e oggi vanno avanti per questa strada incuranti di tutto quello che con questa decisione disgraziata possono provocare. E il problema è che non si riesce nemmeno a farli ragionare o a incontrarli. Noi abbiamo chiesto di poter valutare insieme delle possibilità, ma veniamo  completamente ignorati. Questa per un Governo credo sia la cosa più negativa possibile».

Il sottosegretario Davide Crippa (M5S) ha dichiarato che gli incentivi alla «geotermia più avanzata tecnologicamente» saranno inseriti nel Fer 2, ma dalle ultime indiscrezioni filtra che, anche in quel provvedimento, la geotermia tradizionale continuerà ad essere esclusa: eppure la Regione Toscana ha appena definito un nuovo quadro normativo per il settore spingendo su innovazione e tutela ambientale. Neanche su questi temi da parte del Governo c’è mai stato un confronto col territorio?

«Non c’è mai stato un confronto, nonostante tutte le nostre richieste. Noi abbiamo sempre detto che la geotermia, per questi territori, per la Toscana e per l’Italia rappresenta un’opportunità importantissima, non solo per la produzione di energia ma anche perché rappresenta una delle poche tecnologie d’eccellenza italiane che esportiamo in tutto il mondo. Questo non vuol dire che non si possa migliorare ancora: nonostante già oggi non si rilevino criticità particolari da parte degli organismi pubblici preposti al controllo di ambiente e salute, noi sindaci – da sempre per primi attenti alle tematiche ambientali e sanitarie del territorio –  abbiamo la volontà di sederci a un tavolo con il ministero e fare un percorso work in progress che porti a un obiettivo condiviso, che è quello di un miglioramento degli impianti esistenti e degli impianti futuri, fino a un’accettabilità condivisa all’interno dei limiti posti dalla tecnologia.

Si parla di centrali a circuito chiuso e binarie: bisogna capire quello che la tecnologia ci consentirà e per questo è giusto e necessario incentivare la ricerca scientifica, ma nel mentre non dobbiamo fermarci perché altrimenti è chiaro che se gli operatori economici andranno all’estero dove sono ben remunerati poi non ripartiremo più. Incentiviamo dunque la ricerca ma anche le centrali ad alta entalpia, che già oggi sono completamente diverse rispetto a quelle di dieci anni fa e con la nuova legge toscana in materia saranno a bassissime emissioni. Noi chiediamo la possibilità di confrontarci e fare insieme un percorso di miglioramento: si tratta di una strada percorribile, non c’è nessuna emergenza cui è necessario far fronte».

Secondo il Gse la geotermia è la fonte rinnovabile più produttiva in Italia, ed è principalmente grazie ad essa se la Toscana è la regione con la maggior potenza installata di impianti Fer per la produzione elettrica del Centro Italia. Quale si stima saranno le ricadute sul territorio dal punto di vista socioeconomico nel caso in cui il Governo confermi uno stop agli incentivi?

«È evidente che la geotermia per essere coltivata necessita di elevati investimenti iniziali perché prevede una ricerca mineraria, una conoscenza del campo geotermico, la perforazione dei pozzi, e così via: quindi inizialmente è sicuramente un’energia che va incentivata, ma la sua produttività non ha paragoni con altre fonti energetiche e ripaga lo sforzo degli incentivi. Se il Governo però confermasse lo stop oggi le industrie difficilmente investirebbero, e questo vuol dire che rispetto a un attuale impegno di mercato pari a circa 3-400 milioni di euro l’anno rivolti alla manutenzione e agli investimenti si scenderebbe sotto i 100; considerando che da noi ci sono industrie geotermiche che hanno sostenuto Enel con la loro tecnologia e i loro circa 1500 dipendenti, vorrebbe dire perdere gran parte di questi posti di lavoro. Poi è chiaro che, senza sviluppo, anche i circa 700 dipendenti dell’area di Enel green power potrebbero subirne le conseguenze.

Sarebbe uno scenario tragico e oscurantista, che tra l’altro nega 200 anni di una storia che è il nostro orgoglio nel mondo: i nostri territori oggi basano il proprio sistema socioeconomico al 95% sulle attività geotermiche. Bloccarle vorrebbe dire proprio spopolare e uccidere i nostri territori, che invece a mio giudizio rappresentano un’eccellenza, e non parlo solo di geotermia. Finché ci sono lavorerò e lotterò affinché questo elemento venga capito».

Guardando invece alle conseguenze ambientali di uno stop agli incentivi, crede che sarebbe precluso un miglioramento impiantistico degli impianti esistenti?

«È difficile parlare con un’azienda che oggi agisce seguendo logiche di mercato e proporle di fare qualcosa che non porta un vantaggio produttivo. Fino al 2024 gli impianti Enel sono autorizzati così come sono, sarà possibile obbligarla a cambiarli? Non lo so, ma la vedo molto difficile in un contesto di questo tipo. È chiaro che un miglioramento degli impianti esistenti potrebbe essere negoziato all’interno di un contesto di sviluppo sostenibile, fissando obiettivi ambientali coerenti e chiedendo che venga adeguato l’intero settore».

Vista l’impossibilità di un dialogo su questi temi con il Ministero i sindaci geotermici hanno deciso di autoconvocarsi al Mise. Può spiegarci meglio tempi e modi di quest’iniziativa?

«Anche oggi (ieri per chi legge, ndr) ho spedito una nuova lettera a firma di 15 sindaci a tutti i capigruppo di Camera e Senato. In 15 sindaci abbiamo già scritto al Governo e in particolare alla sottosegreteria di Crippa, ma anche ai sottosegretari Galli e Gava (Lega) chiedendo di essere convocati. D’altra parte è anche quello che il sottosegretario Crippa aveva detto anche quando ha incontrato il presidente Rossi: a gennaio avremmo dovuto sederci attorno a un tavolo e iniziare a lavorare tutti insieme, compreso il concessionario, per capire dove possiamo arrivare. In realtà da quel momento in poi noi non abbiamo più visto niente. Abbiamo inviato richieste scritte, come sindaci: nessuna risposta.

Se ci chiameranno bene, inizieremo un confronto che spero sia il più tecnico possibile, altrimenti noi andremo comunque al ministero, e vedremo quel che succede: noi vogliamo rispetto e considerazione da chi ci governa. Spedita anche questa nuova lettera aspetteremo una decina di giorni, dopo di che ci autoconvocheremo al MISE e ci metteremo lì in attesa di parlare con questi signori. Che almeno ci vedano in faccia, che almeno conoscano chi stanno uccidendo».

Paradossalmente, tutti i pluriennali dati ufficiali di monitoraggio ambientale (Arpat) e sanitario (Ars) non mostrano particolari criticità – come del resto anche i dati indipendenti raccolti dal Comune di Piancastagnaio proprio grazie all’aiuto del Mise, o i più recenti studi firmati da ricercatori Cnr – legate alla coltivazione della geotermia toscana, ma su questi temi ha fatto presa molta disinformazione. Crede che per invertire la rotta occorra investire di più sul ruolo di una corretta comunicazione ambientale?

«I dati non mostrano criticità, ma questo non significa che dobbiamo abbassare la guardia: la nuova legge regionale parla di monitoraggi in continuo, e ci sono elementi che è necessario indagare come del resto stanno facendo gli organismi pubblici di controllo, anche per capire quali siano effettivamente legati alla geotermia e quali no. Sull’Amiata ad esempio, dopo i picchi del 13-14% nell’eccesso di mortalità registrati nel report del Cnr del 2010, negli ultimi anni disponibili l’eccesso si è notevolmente ridotto al 3,3% nonostante siano aumentate le produzioni geotermiche.

Certo noi abbiamo sbagliato, come territorio e anche come Regione: la liberalizzazione del 2010 non andava fatta in queste condizioni, andava fatta tramite una comunicazione, una presentazione, una verifica sui territori. Adesso però scontarsi tra opposte tifoserie, geotermia sì o geotermia no, non porta a nulla: dobbiamo riuscire a comunicare meglio, dobbiamo riuscire a tenere dati online e a essere più presenti sul territorio. È chiaro che la comunicazione è fondamentale. Si tratta di un aspetto che come Regione e anche come CoSviG non siamo riusciti ad inquadrare nella maniera giusta. Quindi adesso bisogna riuscire attraverso una comunicazione efficace, diversa, trasparente e neutra a testimoniare quelle che sono effettivamente le condizioni della geotermia. E questo non potrà che portare vantaggi a tutti a livello di conoscenza».