In tempo d’epidemia i comitati chiedono «la sospensione di tutta l’attività geotermica»

Stop alla geotermia per frenare il coronavirus? Un allarme fuorviante

Non c’è nessuna criticità legata al PM10 nelle aree geotermiche: secondo l’Agenzia europea dell’ambiente questa fonte rinnovabile è anzi tra le più preziose contro l’inquinamento atmosferico

[20 Marzo 2020]

L’inquinamento atmosferico, in particolar modo da PM10 – ovvero il particolato atmosferico con dimensioni inferiori a 10 µm –, sta facilitando la diffusione del coronavirus Sars-Cov-2 in Pianura Padana? È quanto sostiene un position paper pubblicato da 12 ricercatori italiani (di cui abbiamo dato conto qui), che i comitati anti-geotermia stanno declinando in modo molto originale nel contesto toscano per chiedere la «immediata sospensione di tutta l’attività geotermica in essere e di progetto».

Questa la tesi: le centrali geotermoelettriche toscane emettono ammoniaca, che è un precursore del particolato fine, pertanto «le autorità preposte alla tutela della salute regionale, dalla regione Toscana, all’Ars, Arpat, Asl e sindaci dovrebbero in via cautelativa attenersi alla sollecitazione dello studio citato a prendere misure restrittive di contenimento dell’inquinamento», per non correre il rischio di facilitare l’ulteriore diffusione dell’epidemia da coronavirus in corso. «Noi – incalzano i comitati – riteniamo che tale ulteriore possibile correlazione tra centrali geotermiche e danni alla salute non possa che rafforzare la richiesta di immediata sospensione di tutta l’attività geotermica in essere e di progetto».

«La Toscana, soprattutto nelle aree geotermiche – affermano infatti i comitati no-geo – è soggetta ad un maggior inquinamento da particolato atmosferico, simile, e a volte maggiore, di quello rilevato nella Pianura Padana». Un’affermazione che però risulta completamente falsa in base ai dati sulla qualità dell’aria pubblicamente disponibili e puntualmente riassunti dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (Arpat) attraverso una panoramica aggiornata coi dati relativi all’intero 2019.

«Nel 2019 – spiega Arpat – il valore limite relativo all’indicatore della media annuale di PM10 è stato ampiamente rispettato in tutte le stazioni della rete regionale», anche se rimangono alcune criticità in particolare nella piana fiorentina e lucchese. Guardando in particolare ai superamenti della media giornaliera, per il PM10 le aree attenzionate sono l’agglomerato fiorentino, le due zone di Prato e Pistoia e del Valdarno pisano e la Piana lucchese, mentre il fenomeno dei superamenti del valore limite giornaliero per il PM10 è invece «quasi assente nelle zone Costiera e Collinare e Montana». Per ulteriori chiarimenti in merito la nostra redazione ha contattato l’Arpat, dalla quale è arrivata nuovamente conferma: il PM10 non rappresenta una criticità per le aree geotermiche toscane.

Questo naturalmente non significa che le centrali geotermoelettriche non emettano ammoniaca, o che l’ammoniaca non sia un precursore del PM10. Stimando però le emissioni complessive di precursori di PM10 per macrosettore, i dati presenti nel vigente Piano regionale per la qualità dell’aria mostrano come «siano maggiormente incisivi il settore uso di solventi per l’applicazione di vernici e industria conciaria con il 29%, della mobilità con il 28%, il comparto industriale con il 10%». E la geotermia? Figura ex aequo all’ultimo posto della classifica, dove sono appaiati «il riscaldamento domestico con il 9% e le attività di coltivazione della risorsa geotermica con il 9%».

C’è di più: l’ultimo rapporto sulle energie rinnovabili pubblicato dall’Agenzia europea per l’ambiente (Eea), di cui ha dato conto anche l’Arpat, documenta come l’impiego della geotermia non abbia aumentato ma anzi diminuito l’inquinamento atmosferico da PM10 a livello sia europeo, sia nazionale: «Le tecnologie che non bruciano combustibili rinnovabili (come eolico, solare fotovoltaico, geotermia, pompe di calore, solare termico, etc) – confermano al proposito dalla Eea –  hanno il maggior impatto riducente sull’emissione di inquinanti atmosferici».

Su una cosa invece i comitati no-geo hanno perfettamente ragione: nel nostro Paese, purtroppo, le morti premature dovute all’inquinamento atmosferico da particolato sono «circa 60mila (58.600 nel 2016 guardando all’impatto del particolato PM2,5 secondo i dati Eea, ndr). Tale numero è almeno 15 volte superiore ai morti oggi registrati in Italia per il coronavirus». Un’altra emergenza sanitaria con la quale purtroppo è necessario fare i conti, sapendo che per ridurre l’inquinamento atmosferico da particolato la geotermia è una delle energie rinnovabili sulle quali l’Italia è in grado di fare affidamento.