Una ripresa economica sporca potrebbe uccidere più persone del coronavirus

La destra negazionista all’attacco per difendere il business-as-usual e il difficile ruolo degli ambientalisti

[1 Aprile 2020]

Il mondo si è chiuso in casa (chi ce l’ha) e il blocco di molti settori dell’economia e del traffico, oltre a rallentare la velocità di espansione della pandemia, ha ridotto l’inquinamento atmosferico e i rischi di mortalità associati che ormai diamo per scontati, come se fossero un destino.

La cosa interessa poco a gente come Jair Bolsonaro e Giorgia Meloni che chiedono di tornare al busines-as-usual pre-Covid-19 (magari ancora più hard e buttando nel cestino l’European Green Deal come chiede la leader di Fratelli d’Italia), o come Matteo Salvini e Silvio Berlusconi che, nella gara a chi ripete più pappagallescamente le indicazioni della parte più retriva della Confindustria, sono tornati a chiedere la completata abolizione delle timidissime sugar tax e plastic tax che Organizzazione mondiale della sanità e Onu ritengono tra le misure necessarie per difendere la salute, l’ambiente e cominciare a cambiare modello di consumi.

Ma le convinzioni del centrodestra che si fa portavoce di una parte dell’imprenditoria italiana che ha ancora la leadership vengono confutate addirittura su Forbes – la bibbia dei miliardari – dal Senior Contributor Jeff McMaohon che scrive: «Quando il blocco si leverà, quei rischi dello status quo potrebbero non solo tornare alla normalità – potrebbero peggiorare – poiché i governi indeboliranno le normative ambientali e verseranno miliardi di dollari nelle industrie inquinanti». E’ quel che ha già fatto, portandosi avanti con il lavoro, Donald Trump negli Usa, sospendendo i regolamenti ambientali e approfittando della crisi sanitaria ed economica per fare un regalo miliardario ai suoi finanziatori e suggeritori della lobby petrolifera.

Eppure, l’inquinamento atmosferico, che è la causa di circa 7 milioni di morti premature all’anno, è crollato in tutto il mondo grazie alla chiusura di fabbriche inquinanti, del calo della domanda di energia e del traffico automobilistico ormai quasi azzerato. Agenzia spaziale europea e NASA hanno documentato cali dell’inquinamento da combustibili fossili che vanno dal 40 al 70% a seconda delle zone e secondo la Stanford University il draconiano blocco di due mesi attuato in Cina potrebbe aver salvalo la vita a 77.000 bambini e anziani, molto più dei 3.100 uccisi dal coronavirus nello stesso periodo secondo il governo cinese. Dato che l’inquinamento atmosferico letale proviene dalle stesse fonti di molti gas serra – centrali elettriche, fabbriche e veicoli – il Center for Research on Energy and Clean Air (CREA) stima che le misure anti-Covid-19 in Cina abbiano ridotto le 25% le emissioni di CO2.

Cifre che quindi sembrano promettenti per il clima e per il rischio di mortalità legato a inquinamento atmosferico e climatico, visto anche che le proiezioni del Climate Impact Lab prevedono che con le emissioni business-as-usual tanto care alla Meloni e a Bolsonaro, entro il 2100 ci sarebbero 1,5 milioni di decessi prematuri in più all’anno. Ma Francois Gemenne, dell’université de Liège, direttore dell’Observatoire Hugo e membro dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc), teme che. « A lungo termine questa crisi sarà un disastro per il clima. Naturalmente ci sono effetti a breve termine sull’ambiente: un sostanziale calo dell’inquinamento atmosferico, un calo delle emissioni di gas serra, ecc. Ma a lungo termine, questi effetti temporanei saranno probabilmente insignificanti».

In un’intervista a Moustique, Gemenne spiega perché è illusorio pensare che gli attuali effetti ambientali del Coronavirus dureranno: «Per tre ragioni. Prima di tutto, dopo una crisi c’è sempre un recupero. Noteremo quindi un aumento dei gas serra, come lo abbiamo visto dopo la crisi del 2008. D’altronde lo si vede già in Cina. Dopo, temo che le politiche di lotta contro il riscaldamento climatico passeranno in secondo piano». Lo scienziato belga teme che gli Stati che h stanno facendo molti sforzi per uscire dall’epidemia, quando ci saranno riusciti vorranno tornare ala “normalità” e fa notare che la Meloni e camerati non si sono inventati nulla: «La Repubblica Ceca e la Polonia hanno già chiesto l’abbandono del Green New Deal verde». La terza cosa è che «Una grande quantità di denaro verrà reintegrata nell’economia sotto forma di pacchetti di incentivi, il cui livello non avrà precedenti nella storia recente. E la maggior parte dei Paesi si sta preparando a sostenere il settore dei combustibili fossili. I settori inquinanti si stanno preparando a ricevere una ciambella di salvataggio inaspettata dagli Stati».

Lauri Myllyvirta, analista capo del CREA, evidenzia che «Le emissioni tendono a rimbalzare dopo un crollo economico, come  già avvenuto in Cina nl 200. Alcuni lo chiamano questo “effetto rimbalzo” o “vendetta dell’inquinamento”  Il punto ovvio da sottolineare qui è che la “airpocalypse” cinese, l’orrendo smog dell’inverno 2012-13, è stata il risultato diretto dell’incentivo alle ciminiere avviato nel 2008».

Gemenne fa l’esempio degli Usa dove Trump, approfittando della crisi Covid-19 dopo averla sminuita, «Prevede un piano da 2.000 miliardi di dollari per sostenere le compagnie petrolifere, aeree e anche il settore delle crociere… Anche il Canada ha annunciato un piano massiccio per aiutare l’industria petrolifera e del gas. Da parte sua, la Cina ha deciso di costruire delle centrali a carbone per rilanciare la sua economia. Fin qui, solo la Corea del sud ha annunciato di voler integrare l’ecologia nel suo piano di rilancio».

E per alcuni governi della destra sovranista/neoliberista l’epidemia di Coronavirus sembra il pretesto perfetto per seppellire le politiche ambientali, come la Polonia e la Repubblica Ceca, che pur essendo tra i Paesi meno colpiti, capeggiano il fronte dei negazionisti climatici, o l’Ungheria, dove Orban ha assunto i pieni poteri costituendo di fatto un governo autoritario e fascista nel cuore di un’Europa che sembra incapace di reagire e difendersi dall’offensiva dei Paesi dell’Est e dai loro volonterosi ascari occidentali.

Secondo Gemenne, «I Paesi hanno la testa rivolta al virus e penso che stanno perdendo un’opportunità storica di ripartire da un foglio bianco». Insomma, rischiamo di non imparare nulla dal Covid-19 e di andare a fondo per incapacità (o la paura) di pianificare la nuova economia e i nuovi stili di vita dei quali abbiamo bisogno e per il direttore dell’Observatoire Hugo l’Europa rischia di uscirne a brandelli: «Ci sarà un impatto sulla coesione dell’Ue. Gli italiani credono di essere stati lasciati a terra. Hanno un grande risentimento verso l’Europa, che si aggiunge all’impressione di abbandono sperimentato durante la crisi dei rifugiati, rimproveri che anche la Spagna potrebbe far propri a lungo termine e, oltre a questa mancanza di solidarietà, c’è una mancanza di coesione nelle misure adottate. Dei Paesi storicamente molto vicini, come il Belgio e i Paesi Bassi, hanno chiuso i loro confini. Questo non è banale… avrà conseguenze sulle ambizioni climatiche europee, che saranno sia rimandate che abbassate».

Di fronte al blocco di gran parte dell’economia, Gemenne si aspettava di più di un calo del 25% delle emissioni di gas serra, ma dice che questo dipende dal fatto che le economie hanno rallentato in modo differente e fa notare che tra la comunità scientifica altri ipotizzano uno scenario diverso dal suo: «Se la crisi si eternizza, se fa molti morti e se la recessione dura, l’economia decarbonizzata si imporrà da sola e può darsi che avrà una chance di dimostrare che funziona. Ma non è davvero quel che si può chiamare uno scenario ottimistico…».

Di fronte al risorgere di politiche antiambientaliste, il ruolo dei cittadini nell’indirizzare la ripresa posti-pandemia diventa quindi essenziale e qui Gemenne è più ottimista: «Stiamo già assistendo alla nascita di iniziative ecologiche e a meccanismi di solidarietà. Probabilmente ci sarà anche una rivalutazione dei servizi pubblici. Ma dovranno premere affinché non rimettiamo una pezza alla macchina. Inoltre, alcuni attivisti pensano che sia intelligente dichiarare che stiamo vivendo una prova che anticipa quel che vivremo col cambiamento climatico. E’ pericoloso perché instilla nella popolazione l’idea che sarà necessario vivere chiusi a casa e fermare l’economia per uscirne. Le persone, che emergeranno da un periodo molto difficile, rischiano di avere una reazione epidermica alle misure del cambiamento climatico». Insomma, anche il movimento ambientalista, quando riuscirà a tornare nelle strade e nelle piazze, non potrà pensare di continuare a fare come prima, come se niente fosse successo, e dovrà rivedere la sua comunicazione per battersi contro una neodestra sempre più aggressiva ormai totalmente al servizio del business-as-usual.

Per McMahon, se gli ambientalisti e gli attivisti climatici propagandassero « l’idea politicamente sgradevole che la crisi climatica richieda un arresto economico simile a quello in atto per il Coronavirus, sarebbe come spararsi in un piede».

In uno scambio di tweet con McMahon, Gemenne ha scritto che «Come risultato della pandemia, per il cambiamento climatico, possiamo davvero supporre che gli impatti peggiorino (compresi i disastri), con conseguente aumento della mortalità nel lungo periodo» e ci tiene a ricordare che «Soprattutto, il cambiamento climatico non è una “crisi”, è una trasformazione irreversibile. Non si tornerà alla normalità, non c’è nessun vaccino. Sono necessarie misure strutturali, non a breve termine». Neil Adger, dell’Università di Exeter, è d’accordo con il realismo di Gemenne sulla relazione pandemia – clima e suggerisce al movimento ambientalista di dotarsi di altre pallottole d’argento: «Le pratiche comunitarie, la realtà dei viaggi non necessari e altre tendenze dimostrano che un altro futuro è possibile e desiderabile».

Ma anche la destra negazionista non ha la strada spianata, come fa notare Gemenne nella sua intervista a Moustique, «Le elezioni americane si concentrano principalmente sullo stato dell’economia. L’opinione pubblica si aspetta che il governo lo mantenga in forma. Per loro, e ancora di più per l’elettorato di Donald Trump, la salute è una responsabilità individuale, mentre il governo deve solo preoccuparsi dell’economia. E stava andando bene. Ma lì, il numero di disoccupati è esploso e il Dow Jones è calato drasticamente. Se le cifre non saranno buone al momento delle elezioni, [Trump] non sarà più in grado di far valere quello che è stato il suo migliore argomento; “Sì, sono ignorante e mi imbroglio su tutto, ma la nostra economia sta andando a meraviglia!” Se questo non sarà più vero, sarà in pericolo. E se perderà, questo avrà un impatto sulla lotta internazionale contro il riscaldamento globale»,