Bonifiche? Rossi: «Entro il 2018 partiranno interventi pubblici per circa 50 mln di euro»

In Val di Cornia la pazienza è finita, il tempo anche

Per Fim, Fiom e Uilm sulla vicenda Aferpi è il governo «il primo vero inadempiente». Oggi lo sciopero generale

[29 Giugno 2017]

Con l’arrivo di luglio l’ombrello della legge Marzano e dei contratti di solidarietà si chiuderà sulla Val di Cornia, dove circa duemila lavoratori – con le loro famiglie – vivono dell’attività ex Lucchini, l’acciaieria venduta ad Aferpi-Cevital. Nonostante il centinaio di milioni già investiti in loco dall’imprenditore algerino Rebrab, patron di Cevital, il rilancio del comparto siderurgico, accompagnato allo sviluppo di quello agroalimentare e logistico, rimane ad oggi tutto sulla carta. Alle istituzioni e in primis al governo, garanti di quell’Accordo di Programma siglato nel 2014 come motore del rilancio per la Val di Cornia, lavoratori e sindacati chiedono oggi conto di cosa è stato fatto protestando con uno sciopero generale.

Al termine dell’ultimo consiglio di fabbrica, una nota congiunta Fim, Fiom e Uilm definisce il governo «il primo vero inadempiente», con l’aggravante di quella che viene vissuta come una presa in giro: la protesta – spiegano dalla Cgil – nasce da un decreto a doppia firma dei ministri Padoan (Finanze) e Poletti (Lavoro) varato venerdì scorso con cui si decide per Aferpi l`introduzione di un ammortizzatore in deroga simile alla cassa integrazione straordinaria, rivisitata in chiave jobs act: il decreto stabilisce una copertura dal primo luglio prossimo fino al 31 dicembre 2018, stracciando di fatto l`accordo firmato dai sindacati il 26 giugno del 2015 che assicurava, alla scadenza, il rinnovo di altri 24 mesi dei contratti di solidarietà. L’imminente scadenza della Marzano – nonostante la modifica introdotta nei giorni scorsi, che permetterebbe alla Lucchini a.s. di riprendersi l’acciaieria se non verrà trovato in extremis un accordo con Rebrab sull’estensione della vigilanza pubblica, finanziamento del piano investimenti e/o la ricerca di un partner industriale – ha esacerbato gli animi in una cittadinanza che si sembra sentirsi tradita in primo luogo non dall’imprenditore, ma dalle istituzioni. Un tradimento che vede aggiungersi lo spettro di sterili battaglie politiche: quella di oggi è mobilitazione anche nei confronti del Pd «del quale – dicono i sindacati in una nota – non vogliamo pagare a Piombino le conseguenze di contrasti interni».

«Abbiamo sempre operato con la testa sulle spalle, dando il tempo al Governo per capire se c`erano le condizioni per fare un accordo con l`imprenditore o andare verso la risoluzione del contratto, ma – spiegano i sindacati – è vergognoso che si attenda 2 anni per rendersi conto dei ritardi per poi arrivare alla scadenza della Legge Marzano. Vogliono ricattarci portandoci ad elemosinare gli ammortizzatori sociali e allo stesso tempo sanciscono la morte dello stabilimento e del comprensorio».

«L’eventuale prolungamento della solidarietà secondo le regole del Jobs act, mai applicate finora per i lavoratori di Aferpi – aggiunge al proposito il sindaco di Piombino, Giuliani – mi troverebbe in forte disaccordo e con evidenti rischi per la tenuta sociale del nostro territorio. Preoccupazioni legittime evidenziate anche dalle organizzazioni sindacali. In qualità di primo cittadino richiamo quindi il ministro Poletti e il governo nazionale a scongiurare l’applicazione della nuova normativa sugli ammortizzatori sociali per Aferpi e a muoversi per garantire la continuità produttiva dei laminatoi».

Dal ministero del Lavoro e quello dello Sviluppo economico è arrivata nel pomeriggio di ieri una tiepida rassicurazione: «Un’ipotesi di soluzione in grado di mantenere le condizioni di reddito dei lavoratori finora garantite e coerente con le normative che regolamentano la materia», che lascia comprensibilmente scettici i sindacati. «Sembrerebbe sia stata trovata un’ipotesi di soluzione – risponde la Cgil – ma ad ora non è dato sapere quale. Senza contare che la soluzione al momento è solo un’ipotesi». Un po’ poco viste le tempistiche più che strette.

Nel caos generale le uniche, pallide buone notizie sembrano arrivare dalla Regione. Nel corso del comitato esecutivo dell’Accordo di programma per Piombino, riunitosi ieri a Roma sotto la presidenza di Enrico Rossi, il cronoprogramma ì costruito insieme da Regione e Comune prevede che entro ottobre si arrivi all’approvazione definitiva della variante urbanistica indispensabile perché possa essere realizzato l’intero piano di reindustrializzazione dell’area: un atto che – quando sarà pronto – permetterà di avviare nel 2018 i lavori di bonifica a carico di Aferpi per un importo di quasi 20 milioni di euro.

«Abbiamo poi compiuto – aggiunge il presidente Rossi – una verifica sulle altre opere di bonifica a carico di Invitalia. Le procedure stanno andando avanti e abbiamo la ragionevole certezza che entro il 2018 partiranno anche gli interventi pubblici per un importo di circa 50 milioni di euro. È un fatto positivo perché 70 milioni di bonifiche non sono certo un intervento di poco conto». Prima di esultare, i pregressi consigliano di attendere: solo poche settimane fa da Invitalia non filtrava ottimismo sui tempi di realizzazione delle bonifiche, per la conclusione delle quali potrebbe non bastare neanche mezzo secolo.