Baranes (Finanza etica): «Non è questo il “piano B” che vorremmo vedere»

Eni riserverà alle rinnovabili il 4,24% degli investimenti totali nei prossimi quattro anni

La produzione di combustibili fossili crescerà però del 3,5% l’anno, realizzando 2,5 miliardi di barili di nuove risorse e perforando 140 pozzi esplorativi in tutto il mondo

[14 Maggio 2019]

Eni è un’azienda controllata al 30,10% dal ministero del Tesoro, in assoluto tra le più importanti a livello nazionale (e non): i suoi interessi spaziano dal petrolio al gas, dalla chimica all’ingegneria, ed è dunque importante capire se e come si stia approcciando alla grande sfida della nostra epoca: quella dei cambiamenti climatici. Purtroppo, il piano di decarbonizzazione avanzato dalla società non sembra affatto dei più ambiziosi, come testimonia la Fondazione finanza etica (Ffe) partecipando oggi all’assemblea degli azionisti di Eni.

«I 463MW di potenza installata da rinnovabili al 2020 sono saliti a 1,6 GW entro il 2022 e a 5 GW entro il 2025. Di questo non possiamo che essere soddisfatti – premette Andrea Baranes, presidente della Fondazione – Alle fonti di energia pulita sarà però riservato appena il 4,24% degli investimenti totali nei prossimi quattro anni, mentre la produzione di combustibili fossili crescerà del 3,5% l’anno, realizzando 2,5 miliardi di barili di nuove risorse e perforando 140 pozzi esplorativi in tutto il mondo. Non è questo il “piano B” che vorremmo vedere realizzato da Eni per essere in linea con gli obiettivi di riduzione degli impatti climatici».

La Fondazione è particolarmente critica sul piano di compensazione delle emissioni di gas serra presentato da Eni, che prevede la riforestazione di 8,1 milioni di ettari di terreni in Africa, un quarto della superficie dell’Italia. Entro il 2030, gli alberi dovrebbero riuscire a compensare tutte le emissioni dirette legate alle attività di esplorazione ed estrazione di petrolio. «Si tratta di una minima parte delle emissioni totali – continua Baranes – perché non si tiene conto di quelle indirette, generate dall’utilizzo del petrolio e del gas che Eni commercializza, per esempio quelle prodotte dalle automobili o dalle centrali termoelettriche. Da una parte si continua a espandere la produzione di combustibili fossili, come e più di prima, e dall’altra parte si cerca di rimediare, molto parzialmente, ai maggiori danni creati al clima. Ma i danni dovrebbero essere ridotti in partenza riducendo seriamente la produzione di petrolio a favore delle rinnovabili».