Estrarre metano dal permafrost artico, pompando gas di scarico sotto terra

L'anidride carbonica pompata nel permafrost forma un idrato, sostituendo l'originale idrato di metano

[3 Gennaio 2020]

Nello studio ”An Experimental Investigation on the Kinetics of Integrated Methane Recovery and CO2Sequestration by Injection of Flue Gas into Permafrost Methane Hydrate Reservoirs”, pubblicato su Scientific reports, un team di ricercatori dell’Hydrates, Flow Assurance & Phase Equilibria Research Group dell’Institute of Petroleum Engineering, della Heriot-Watt University, dell’università di Edimburgo e dello Skolkovo Institute of Science and Technology (Skoltech) di Mosc, propone di estrarre metano iniettando gas di scarto nei giacimenti di idrati del permafrost artico. E allo Skolteche sottolineano: «Dato che il gas da combustione contiene anidride carbonica, la nuova tecnologia contribuirà anche alla riduzione di questo gas serra nell’atmosfera artica»«.

L’Artico russo è in forte – e scarsamente controllato – sviluppo grazie allo sfruttamento di giacimenti di petrolio e gas scoperti di recente, ma gli scienziati fanno notare che «Tuttavia, le operazioni nella regione artica affrontano numerose sfide geologiche. Una della più gravi è la formazione di idrati di gas nella massa rocciosa congelata. Gli idrati di gas sono strutture cristalline simili al ghiaccio formate da molecole di acqua e gas. I loro accumuli ostacolano fortemente lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio e gas e scatenano emissioni spontanee di metano nell’atmosfera sulla costa artica e sulla piattaforma continentale».

Gli scienziati russi dello Skoltech Center for Hydrocarbon Recovery (CHR) e scozzesi della Heriot-Watt University hanno sviluppato un metodo unico per estrarre metano dagli idrati del permafrost iniettando gas di combustione, prodotti alla combustione di combustibile e spiegano che «Le principali fonti dei gas di combustione sono i gas di scarico delle centrali elettriche a carbone e degli impianti metallurgici e di altre strutture industriali».

Insomma, quella che molti ambientalisti definirebbero una tecnica estrema di carbon capture and storage, ma il team di ricerca russo-scozzese dice di aver scoperto condizioni di iniezione ottimali e identificato l’effetto dei gas di combustione sull’efficienza del recupero del metano ed evidenzia che «E’ importante sottolineare che i gas di scarico contengono una notevole quantità di gas serra anidride carbonica, che verrà anche seppellito nel sottosuolo. L’anidride carbonica forma un idrato, sostituendo l’originale idrato di metano. La nuova tecnologia è essenziale per lo sviluppo dei giacimenti di idrocarburi nell’ambiente artico altamente sensibile».

Uno degli autori dello studio, il ricercatore capo del CHR Evgeny Chuvilin, conclude: «Il nostro approccio non solo aiuta a estrarre metano e ne impedisce il libero rilascio nell’atmosfera, ma riduce anche le emissioni di anidride carbonica. Direi che il nostro metodo offre un doppio dividendo in termini di sicurezza ambientale».

Però c’è un problema: se questa tecnica, oltre a estrarre metano iniettando sotto terra i gas emessi dall’industria, punta anche a impedire la fuoriuscita di gas serra provocata dallo scioglimento del permafrost e degli idrati, nel lungo periodo non succederà la stessa cosa con gli idrati di CO2?