Fukushima Daiichi: il disastro nucleare è già costato ai giapponesi 3.460 miliardi di yen

Realacci: se avessimo scelto il nucleare oggi Enel sarebbe una “bad company”

[11 Marzo 2016]

Oggi ricorre il quinto anniversario del terremoto/tunami del Giappone orientale  che innescò una serie di eventi che portarono alle esplosioni di idrogeno  nei reattori della centrale atomica di Fukushima Daiichi e,  come ricorda il presidente della Commissione ambiente della Camera Ermete Realacci, ad «Uno degli incidenti nucleari più drammatici della storia, che ha lasciato una pesante eredità per l’ambiente e la salute dei giapponesi. Come ha ricordato Greenpeace, ad esempio, a cinque anni dal disastro circa centomila persone non sono ancora tornate a casa. La situazione è ancora aperta, ma per la prima volta nella storia del Sol Levante, ieri, un tribunale locale ha ordinato lo stop di due reattori nucleari per ragioni di sicurezza e così nel paese rimangono al momento solamente due reattori in funzione».

Secondo Realacci si tratta di «Uno stato di cose che conferma la saggezza degli italiani che, con il loro voto al referendum del 2011, hanno fermato la follia del ritorno al nucleare, una scelta vecchia, sbagliata, antieconomica e insicura. Il nucleare è un pessimo affare e se Enel fosse oggi impegnata nella costruzione di nuove centrali atomiche nel Paese, correrebbe il rischio di essere una “bad company”. Per fortuna, invece, la nuova Enel ha rinunciato al carbone a Porto Tolle, ha annunciato la chiusura di altre 22 centrali termoelettriche alimentate a fonti fossili e ha confermato un forte impegno sullo sviluppo delle rinnovabili, così come sul risparmio energetico. Sul fronte energetico la strada del futuro».

Il referendum che ha permesso all’Italia di dire – per la seconda volta dal 1986 –  basta al nucleare si è rivelato una scelta lungimirante anche alla luce di quello che sta succedendo in Giappone: Negli ultimi 5 anni i giapponesi fino ad hanno pagato più di 3.460 miliardi di yen per i costi connessi alla tripla fusione nucleare dei reattori di Fukushima Daiichi  dellaTokyo Electric Power Company (Tepco)

Secondo Jiji Press, «Il costo pro capite dei danni, del lavoro di decontaminazione, delle misure contro l’acqua contaminata e degli altri rilevanti lavori necessari per gestire l’impianto lesionato, che è stato pesantemente danneggiata nel terremoto e nello tsunami del marzo 2011, è arrivato (nel 2015) a  27.000 yen», un euro vale 126,89 yen.

Questi enormi costi, destinati ad aumentare nei prossimi decenni, sono stati calcolati aggregando la spesa diretta del governo giapponese, le spese dei proventi della vendita delle azioni Tepco  e il conto speciale in materia di energia del governo, così come gli oneri aggiuntivi che la Tepco ed altre 6 compagnie energetiche giapponesi hanno ricevuto per coprire i danni e i difetti dell’industria nucleare giapponese che fino all’11 marzo 2011 era stati nascosti all’opinione pubblica giapponese.

Dopo il disastro nucleare di Fukushima 1,  nell’anno fiscale  2015 le 7 compagnie nucleari, per coprire i danni, hanno alzato i costi delle bollette per almeno 327 miliardi di yen. In questo aumento la Tepco comprende più di 219,3 miliardi di yen  per la gestione delle attrezzature per trattare l’acqua radioattiva, che ha invaso i sotterranei dei reattori di Fukushima, e i call center operativi che gestiscono richieste di informazioni riguardo ai danni del disastro nucleare.

Le spese supplementari sono pagate dal governo che sta risarcendo “temporaneamente” i danni a nome della Tepco, una compagnia ormai fallita e che è tenuta in piedi dallo stesso governo solo per por ter tenere sotto controllo il cadavere radioattivo di Fukushima Daiichi.

Il governo – e quindi i cittadini giapponesi – si è assunto l’onere del risarcimento dei danni attraverso la Nuclear Damage Compensation and Decommissioning Facilitation Corporation, se si deducono le spese operative, nel 2014 questi risarcimenti ammontavano a 11,7 miliardi di yen.

Il ricavato della vendita delle azioni della Tepco (praticamente carta straccia)  e gli esborsi dal conto speciale in materia di energia vengono utilizzati per finanziare il lavoro di decontaminazione, lo smaltimento delle scorie  radioattive e per gli impianti di stoccaggio temporaneo per il suolo contaminato. Questi costi nel 2014 erano pari  a 1.690 miliardi di yen e il governo li ha temporaneamente anticipati a nome della Tepco.

Il governo si aspetta un po’ più di 2,5 miliardi di yen dalla vendita delle azioni Tepco, ma il prezzo delle azioni di quella che Realacci chiamerebbe a ragione una “bad company” dovrebbe avere una brusca impennata – della quale non si intravede il motivo – per essere sufficiente, come pretenderebbero governo e Tepco, a coprire i costi riguardanti il lavoro di decontaminazione.

Dal conto speciale in materia di energia, che comprende i ricavi derivanti dalla imposta destinata a incoraggiare lo sviluppo di fonti di energia elettrica, vengono prelevati più di 1.100 miliardi di yen per costruire i depositi provvisori delle scorie nucleari di Fukushima Daiichi.

Nel 2014 il governo giapponese ha speso direttamente 1.210 miliardi di yen per le operazioni di decommissioning, controllo delle radiazioni, manutenzione e ricerca e sviluppo.

Comprese le spese per lavori di decontaminazione e altre spese fatte direttamente dal governo giapponese nel bilancio 2015, parte delle quali  sono ancora da confermare, i costi che dovranno sopportare i giapponesi per il disastro causato dalla lobby nucleare e dalla politica che ne assecondava le bugie sono destinati a crescere ulteriormente. Nessuno sa davvero quanto e per quanto.