Gli Usa diventeranno esportatori netti di energia entro il 2026 (VIDEO)

Il vero nemico del carbone Usa non è il Clean Power Plan di Obama, sono gas e rinnovabili

[9 Gennaio 2017]

Dal Paese del mondo che consuma più energia, gli Usa, che con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca rischia di tornare ad essere anche il Paese che inquina di più al mondo, non vengono buone notizie per la lotta al cambiamento climatico e al riscaldamento globale. Secondo l’Annual Energy Outlook 2017 (Aeo 2017) dell’U.S. Energy information administration (Eia), la quantità di energia che gli americani usano e l’inquinamento che producono utilizzando carbone, petrolio e gas non cambierà  molto nei prossimi 30 anni, anche se gli Stati Uniti diventeranno uno dei principali esportatori di energia. E la previsione non tiene conto delle politiche favorevoli ai combustibili fossili annunciate da Trump, che probabilmente faranno aumentare le emissioni di gas serra. Il rapporto Eia dice però che, nei prossimi 30 anni, negli Usa le fonti rinnovabili corbon-free dovrebbero crescere più velocemente rispetto a qualsiasi altra fonte di energia.

Negli Usa, la produzione di elettricità dovrebbe rimanere il principale settore di utilizzo di energia, ma l’uso del petrolio per i trasporti sarà la più grande fonte di emissioni di CO2 legate all’energia e già nel 2016 le emissioni di carbonio dei trasporti hanno superato per la prima volta quelle delle centrali elettriche.

L’amministratore dell’Eia, Adam Sieminsky, ha detto che «Gli Stati Uniti sono destinati a diventare un importante esportatore di energia perché si prevede che entro il 2040 produrranno circa il 20% in più di energia di quanto non facciano oggi, con l’utilizzo di solo circa il 5% in più di energia. Stiamo andando verso una produzione interna di energia abbastanza forte e una domanda relativamente piatta. Se si mettono insieme quwste due cose, questo comporta che gli Stati Uniti potrebbero diventare un esportatore netto di energia. E questo potrebbe accadere al più presto nel 2026.

Secondo i dati Eia,  questo scenario, oltre ai progressi nell’efficienza energetica e al calo del consumo di carbone, manterrà le emissioni annue di CO2 da utilizzo di energia più o meno al livello odierno: circa 5,2 miliardi di tonnellate di CO2. Attualmente, negli Usa le emissioni di CO2 legate all’energia sono in calo dal 2007, quando raggiunsero il loro picco massimo.

Ma il rapporto Eia fornisce diversi scenari, il peggiore dei quali è quello nel quale Trump e/o la Corte Suprema aboliscono le politiche climatiche di Obama, a partire da Clean Power Plan, uno delle decisioni più importanti che hanno convinto la comunità internazionale ad approvare l’Accordo di Parigi, che prevede di limitar le emissioni di CO2 dalle centrali a carbone esistenti, incoraggiando le utilities Usa ad utilizzare sempre più energia elettrica prodotta con gas e fonti rinnovabili. Ma il destino del Piano di Obama sembra segnato: la Corte Suprema Usa – che avrà nuovamente una maggioranza repubblicana – dvrà esaminare i ricorsi di 24 Stati Usa che chiedono di abolirlo e Trump ha promesso di annullarlo per rilanciare l’industria del carbone.

Ma l’Eia è convinta che, indipendentemente dal destino del Clean Power Plan, le emissioni di carbonio Usa legate all’energia non dovrebbero cambiare molto: se il piano venisse annullato o bocciato, nel 2040 gli Usa emetterebbero circa 5,4 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno, leggermente di più di oggi, mentre se il Piano restasse le emissioni dovrebbero scendere a circa 5 miliardi di tonnellate all’anno.

Il più grande cambiamento che l’Eia si aspetta nei prossimi 30 anni è già in atto: gli americani utilizzeranno sempre più gas fonti rinnovabili: fino al 2050 la produzione di gas naturale dovrebbe crescere dell’1,2% all’anno, quella di eolico e solare del  3,5%.

Sieminsk spiega: «Se il Clean Power Plan non verrà implementato, se i prezzi del gas naturale rimarranno  relativamente bassi e se gli incentivi fiscali nel settore delle energie rinnovabili saranno ridotti, in futuro vedremo più gas naturale».

Negli ultimi anni, il boom fracking Usa ha inondato gli Usa di gas a buon mercato ed è stato questo, più che i regolamenti climatici del Clean Power Plan tonto invisi ai repubblicani (che però sono fan sfegatati del fracking), ad aver portato le compagnie elettriche asd abbandonare il carbone, che costituiva la spina dorsale della rete energetica Usa. Insomma, Trump non ce la farà a resuscitare miniere e centrali a carbone: il trend favorevole al gas è destinato a continuare nei prossimi 30 anni.

E il rinascimento carbonifero di Trump rischia di essere affossato proprio da chi ha sostenuto la sua campagna elettorale: la settimana scorsa il Salt River Project, che gestisce una delle più grandi centrali a carbone del West Usa, la Navajo Generating Station che opera a nord est del Grand Canyon, in Arizona, ha annunciato che la centrale e la miniera di carbone che la alimentano potrebbero chiudere entro quest’anno a causa dei bassi prezzi del gas.

Ma, nonostante la crescita del gas delle energie rinnovabili, l’Eia prevede che la produzione di carbone Usa continuerà un declino lento, ma graduale, che nel 2050 sarà solo dello 0,7%. Sieminsky  conclude: «Il calo dell’utilizzo del carbone negli Stati Uniti non ci sarà nello stesso modo in tutto il mondo così e il destino del Clean Power Plan non è molto più che  un fattore nelle prospettive a lungo termine per il carbone perché le utilities hanno già iniziato a impegnarsi nell’utilizzo del  gas naturale per produrre elettricità. I costi di capitali per la costruzione di centrali a carbone sono alti. Molti Paesi stanno abbandonando il carbone per motivi di inquinamento atmosferico. Non è un problema di clima: è più di un problema di salute. Per esempio, la Cina ha iniziato a chiudere le centrali elettriche a carbone per ridurre il suo smog urbano, il peggiore del mondo».

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  • What The 2017 Annual Energy Outlook Predicted