Idrocarburi e fisco: un rapporto difficile. Il caso della raffineria di Livorno

Il rapporto “Sporco petrolio” e l’indagine della Guardia di finanza del 2014

[8 Aprile 2016]

Nella fenomenologia dell’illegalità che accompagna il ciclo del petrolio non mancano, accanto alla corruzione e ai reati ambientali, quelli di natura economica e fiscale. E nel  dossier  “Sporco petrolio” che Legambiente ha presentato oggi Perugia spunta anche un’ipotesi legata alla raffineria Eni di Livorno.  Eni spiega che la Raffineria di Livorno «con una capacità di raffinazione primaria bilanciata di 84mila barili/giorno e un indice di conversione dell’11% produce prevalentemente benzine, gasoli, olio combustibile per bunkeraggi e basi lubrificanti. Dispone, oltre che degli impianti di distillazione primaria, di due linee di produzione di lubrificanti. Il collegamento con le strutture portuali di Livorno è garantito dalla presenza di autostrade, ferrovie e un oleodotto mentre i depositi di Firenze sono connessi attraverso due oleodotti consentendo così di ottimizzare le attività di ricezione, movimentazione e distribuzione dei prodotti».

Legambiente sottolinea che per quanto riguarda questa come le altre vicende “fiscali” citate nel Dossier, «Eni si dichiara vittima, riguardando attività eventualmente poste in essere da parte di dipendenti e/o terzi, cioè attraverso il furto di carburante».

Ecco cosa si legge nel dossier del Cigno Verde riguardo al caso Livorno:

«Nel novembre 2014 finisce nelle rete della Guardia di finanza la Raffineria di Livorno, proprietà Eni, per un’ipotesi di frode fiscale. Secondo le Fiamme gialle, che su questo fronte avrebbero lavorato per sette anni, nell’oleodotto che collega la raffineria livornese col deposito di Calenzano (Fi) sarebbero transitati quantità differenti di prodotti raffinati rispetto a quelle certificate, un escamotage per consentire un’evasione delle accise sui carburanti. Fra i reati contestati a vario titolo agli indagati, spiega la Finanza, l’associazione a delinquere finalizzata all’appropriazione indebita aggravata e alla sottrazione di prodotti energetici al pagamento dell’imposta, l’alterazione di strumenti di misurazione dell’erogazione di prodotti petroliferi, la rimozione dei sigilli prescritti e apposti 14 dall’amministrazione finanziaria, la frode in commercio. Gli indagati sono 28, di cui 16 dipendenti dell’Eni impiegati fra la raffineria livornese e i depositi di Calenzano, 5 pubblici ufficiali della Camera di commercio di Firenze e 7 dipendenti della Isoil, la società di informatica che gestisce il software per la misurazione delle quantità di carburante. Diciotto sono state le perquisizioni, compresi gli uffici della raffineria di Livorno, per un’inchiesta tutta toscana, che ha però ramificazioni in altre regioni: Lombardia, Liguria, Sardegna e Lazio. Secondo gli investigatori del nucleo di polizia tributaria della Finanza di Firenze, l’evasione delle accise sarebbe avvenuta in due modi: uno meccanico, l’altro informatico. Il primo sarebbe avvenuto attraverso la manomissione e l’alterazione dei sigilli installati sui misuratori fiscali presenti nel deposito fiscale dell’azienda di Calenzano, dove i carburanti, destinati soprattutto ai distributori al dettaglio della Toscana e del Nord Italia, vengono stoccati prima della commercializzazione. Ed è proprio al deposito di Calenzano, denominato per questo anche “deposito fiscale”, che viene applicata l’accisa, diventando così parte del prezzo finale del prodotto. Al momento in cui si scrive, gli inquirenti hanno spiegato soltanto la manovra elusiva, la frode fiscale. Almeno in questa prima parte dell’inchiesta si presuppone che la quantità di carburante in eccesso sia solo un fattore matematico e virtuale, cioè utilizzata ai fini di eludere l’accisa e che tutto il carburante di passaggio fra Livorno e Calenzano sia stato poi effettivamente destinato a riempire le cisterne interrate dei distributori di benzina e gasolio. Ma l’ipotesi è che in realtà il carburante possa essere finito nelle mani di terzi. L’evasione complessiva stimata ammonterebbe a diversi milioni di euro».