Il 2019 è stato l’anno record per l’eolico offshore (ma l’Italia non c’è)

Dopo il successo del test portoghese, boom per l’eolico galleggiante. Ma bisogna fare molto di più per centrare gli obiettivi dell’European Green Deal

[6 Febbraio 2020]

Secondo il rapporto “Offshore Wind in Europe – Key trends and statistics 2019” di WindEurope, «Il 2019 è stato un anno record per l’eolico offshore, con l’Europa che ha installato 3,6 GW di nuova capacità eolica offshore, giungendo ad un totale di 22 GW di eolico in mare».

In 5 Paesi europei sono entrati in servizio 10 nuovi parchi eolici offshore sono entrati in esercizio in cinque paesi. Il Regno Unito, ormai fuori dall’Ue, ospita quasi la metà della nuova capacità con 1,7 GW, seguito da Germania (1,1 GW), Danimarca (374 MW) e Belgio (370 MW). Il Portogallo ha installato 8 MW di eolico offshore su piattaforme flottanti.

La dimensione media delle turbine offshore installate lo scorso anno è stata di 7,8 MW. A Rotterdam è stata installata una turbina eolica offshore da 12 MW. Anche i parchi eolici offshore stanno diventando più grandi. La dimensione media è raddoppiata: nel 2010era di 300 MW, ora è di oltre 600 MW, il più grande è Hornsea 1 nel Regno Unito: 1,2 GW.

Con il nuovo progetto di eolico galleggiante portoghese, il WindFloat Atlantic, finanziato dal programma NER300 dell’Ue, l’Europa ha ora 45 MW di eolico galleggiante offshore. Francia, Regno Unito, Norvegia e Portogallo stanno sviluppando nuovi progetti galleggianti. La Francia prevede di mettere all’asta un grande parco eolico galleggiante nel 2021.

Il 2019 ha visto anche impegni per investimenti per 6 miliardi di euro in 4 nuovi parchi eolici offshore per 1,4 GW.

Commentando il rapporto, l’associazione nazionale energia del vento (Anev) sottolinea che «I costi eolici offshore continuano a scendere in modo significativo. Le aste dello scorso anno – nel Regno Unito, in Francia e nei Paesi Bassi – hanno fornito prezzi per i consumatori compresi nella forbice di € 40-50 / MWh. Prezzi più bassi rispetto alla costruzione di nuove centrali a gas, carbone o nucleare».

La Commissione Europea afferma che, per decarbonizzare il sistema energetico e raggiungere gli obiettivi del Green Deal, l’Europa ha bisogno di una capacità compresa tra i 230 e i 450 GW di vento offshore entro il 2050, questo significa che l’Ue dovrà installare 7 GW di nuovo eolico offshore all’anno entro il 2030 e 18 GW all’anno entro il 2050.

L’Italia, dove non esiste ancora nessun impianto eolico offshore, rischia di rimanere tagliata fuori e Simone Togni, presidente dell’Anev, evidenzia che «L’eolico offshore sta dimostrando ogni anno il suo potenziale e la sempre maggiore maturità che ne farà nel prossimo decennio la tecnologia più interessante. E’ necessario che anche nel nostro Paese si predispongano gli strumenti necessari a supportare tale tecnologia, magari anche promuovendo applicazioni innovative come le piattaforme flottanti che potrebbero avere un ruolo centrale per la crescita a livello globale di tale tecnologia».

Presentando il rapporto, Giles Dickson , CEO di WindEurope, ha detto: «L’Europa ha davvero sposato l’eolico offshore nel 2019. I prezzi d’asta hanno mostrato che ora è più economico costruire l’eolico offshore rispetto ai nuovi impianti a gas o a carbone. Diversi governi hanno raccolto l’importo necessario per costruirli. In questo periodo, l’anno scorso puntavamo a 76 GW entro il 2030. Ora sono 100 GW. Ma al momento non ne stiamo costruendo abbastanza per farcela, per non parlare dei volumi più ambiziosi necessari per realizzare il Green Deal. La Commissione europea afferma che abbiamo bisogno di un massimo di 450 GW di offshore entro il 2050. Ciò significa 7 GW di nuovi impianti eolici offshore ogni anno entro il 2030 e di 18 GW entro il 2050. L’anno scorso abbiamo realizzato un valore record, ma si è tratto solo di 3 GW. Numeri più grandi sono fattibili e convenienti. La nuova strategia eolica offshore dell’Ue nel Green Deal dovrebbe delineare chiaramente come mobilitare gli investimenti necessari per arrivare a 450 GW. Fondamentalmente dovrebbe fornire un piano generale a) per sviluppare le connessioni di rete offshore e onshore e b) per ottenere la corretta pianificazione dello spazio marittimo. Questo richiederà una cooperazione sempre più stretta tra i governi del Mare del Nord e del Baltico. E questo dovrebbe comprendere anche il Regno Unito: ha rappresentato la metà degli investimenti europei nell’eolico offshore nell’ultimo decennio e rimarrà di gran lunga il più grande mercato».