Il G7 visto da Russia e Cina: “Un gruppo superato”

Mosca: «Partecipano paesi di second’ordine come l’Italia». Pechino. «Il Giappone danneggia i vostri interessi»

[9 Giugno 2015]

Russia e Cina sono stati i convitato di pietra di un G7 dal quale la prima è stata espulsa a causa dell’annessione della Crimea e della guerra nell’Ucraina orientale, mentre la seconda è vista come il più grande competitore economico ed ha conti aperti per questioni territoriali con i giapponesi e i loro alleati statunitensi. E’ quindi interessante capire come i due organi più vicini al governo russo (Ria Novosti) e a quello cinese (Xinhua) hanno analizzato i risultati del G7 in Germania.

Ria Novosti oggi dà grande risalto ad una intervista di Frank-Walter Steinmeier a Neue Ostanbrücker Zeitung, nella quale il ministro degli Esteri tedesco afferma che «gli uomini politici europei non hanno interesse a mantenere la Russia fuori dal G7. Abbiamo bisogno della Russia per risolvere una serie di problemi riguardanti i conflitti congelati in Europa, in Siria, in Iraq, in Libia, così come il programma nucleare iraniano». L’agenzia ufficiale russa dedica anche un’ironica vignetta al G7, ma evita attacchi diretti; semmai utilizza le critiche della stampa occidentale o lascia al giornalista irlandese Bryan MacDonald la critica del G7 su RT, la televisione/agenzia propagandistica internazionale che utilizza per parlare al mondo.

Secondo MacDonald, «il G7 di oggi non corrisponde più all’immagine di un club che associa Stati effettivamente influenti. Se la partecipazione al G7 si basasse sul Pil espresso in standard di potere di acquisto della popolazione, questo club riunirebbe gli Stati Uniti, la Cina, l’India, il Giappone, la Russia, la Germania e il Brasile. Una tale composizione avrebbe un’influenza effettivamente enorme. I suoi Paesi possederebbero il 53% del Pil mondiale e allora le tre superpotenze militari mondiali sarebbero rappresentate al summit. Comunque, il problema per Washington è che con una tale composizione , il G7 sarebbe un forum destinato a discutere l’ordine mondiale». Invece, secondo MacDonald, «al posto di un vero summit del G7, attualmente assistiamo a una pura e semplice farsa. E’ solo il verbo americano a dominare, in un periodo durante il quale il presidente degli Usa, per un giorno o due, permette ai leader stranieri “amici” di grattargli la pancia. Il dissenso non è appropriato. La dominazione di Washington non è mai messa in dubbio e tutti si divertono».

Secondo il giornalista irlandese Vladimir Putin è stato il solo in grado di sfidare l’anno scorso questo consenso, il che ha valso alla Russia l’esclusione dal Summit», ricostruzione molto agiografica e un filino fantasiosa, ma MacDonald ha probabilmente ragione quando dice che «la data di scadenza del G7 nella sua forma attuale è già passata. Oggi il G7 può vantare solo il 32% del Pil mondiale. Al posto di pesi massimi quali la Cina e l’India, abbiamo dei Paesi di second’ordine, nei quali l’economia è al limite del fallimento, in particolare il Canada e l’Italia. Così, il Pil del Canada non è probabilmente superiore a quello di paesi in crisi, come la Spagna, il Messico e l’Indonesia».

Ria Novosti riporta anche un articolo del più noto settimanale tedesco, Der Spiegel, nel quale Roland Nelles scrive che il G7 è ormai solo un grande show, costato 2 milioni di euro, ma con risultati sempre più modesti. Peccato che i russi non criticassero nello stesso modo il G8 e censurassero ogni articolo critico quando ne facevano parte.

La Cina – la più grossa economia del mondo insieme agli Usa e una delle tre potenze militari mondiali evocate da Ria Novosti – dopo aver apprezzato l’impegno contro il terrorismo assunto dal G7, se la prende con il tentativo del premier giapponese Shinzo Abe di portare al G7 il conflitto sul Mar Cinese Meridionale, e Xinhua sottolinea che il suo tentativo di «forgiare durante il summit del G7 un fronte unificato anti-Cina è futile». Sottolineando che il G7 si è occupato di Ucraina e cambiamenti climatici, Xinhua bacchetta Abe per aver tentato di «fare la morale sui contrasti nel Mar Cinese Meridionale e sui cosiddetti tentativi cinesi di modificare lo status quo con la forza».

Il problema riguarda le risorse petrolifere, gasiere e della pesca, e Xinhua ricorda che il Giappone non è coinvolto nelle dispute territoriali sulle isole del Mar Cinese Meridionale, ma che la «sua interferenza nelle dispute punta a distogliere l’attenzione e le risorse di Pechino dal Mar Cinese Orientale, dove le tensioni tra Cina e Giappone sono aumentate a proposito delle isole Diaoyu», di cui spesso abbiamo riportato anche sulle nostre pagine.

Pechino accusa Tokyo di utilizzare il G7 «come uno strumento per servire i suoi interessi ed obiettivi» in funzione anti-cinese ma aggiunge però che «i Paesi occidentali hanno intelligentemente respinto la posizione pro-Giappone quanto alla situazione nel Mar Cinese Orientale».

La Cina, dopo aver confermato la sua «sovranità incontestabile» sulle isole Nansha e quasi tutto il Mar Cinese Meridionale ricorda perfidamente che «alcuni membri del G7, come la Germania e la Francia, hanno importanti relazioni bilaterali con la Cina, il che li rende impermeabili alla rabbia di Shinzo Abe. I Paesi europei del G7, avendo già chiesto di diventare membri della Banca asiatica di investimenti per le infrastrutture, iniziativa cinese, sono più interessati ad aggiungere la moneta cinese (il renminbi) al paniere delle valute che compongono il diritto di prelievo speciale del Fondo monetario internazionale».

Ma anche i cinesi, come i russi, sottolineano che «l’influenza mondiale del G7 diventa sempre meno grande, non è sicuro che il blocco abbia sempre lo stesso peso negli affari internazionali, come spererebbe il Giappone. Così il tentativo di Shinzo Abe di utilizzare il G7 per formare un’alleanza anti-Cina non è che una coltellata nell’acqua». Xinhua conclude con un avvertimento finale che sembra rivolto soprattutto a Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna: «E’ auspicabile che gli altri membri del blocco si proteggano dalle azioni egoiste di Tokyo, per impedire al Giappone di impossessarsi dei loro interessi».