La giunta della Basilicata: no ad aumento pozzi petroliferi e all’eolico “selvaggio”

La Regione si costituisce in giudizio contro Rockhopper, ma «Il petrolio rappresenta comunque una risorsa su cui puntare»

[4 Giugno 2019]

Mentre il governo nazionale è in pieno caos, la nuova giunta di centro-destra della Regione Basilicata si schiera – almeno per quanto riguarda una nuova richiesta di estrazione di idrocarburi e l’”eolico selvaggio” – dalla parte della componente M5S del governo, tradendo gli appelli per le trivellazioni ovunque e sempre sostenute da Matteo Salvini.,

Infatti, l’assessore regionale all’ambiente, Gianni Rosa (Fratelli d’Italia) ha annunciato che «La Regione Basilicata si costituirà, ad adiuvandum del governo nazionale, nel giudizio promosso dalla Rockhopper contro il diniego sul permesso di ricerca denominato Masseria La Rocca, nel comune di Brindisi di Montagna, al confine con il comune di Potenza».

De Rosa spiega in un comunicato che «Nei giorni scorsi ho dato disposizioni ai miei Uffici finalizzate all’autorizzazione alla costituzione in giudizio per sostenere le ragioni del no al permesso di ricerca denominato Masseria La Rocca. L’intervento della Regione Basilicata nel giudizio non era indispensabile. Si tratta, infatti, del ricorso contro un decreto ministeriale e per tale motivo la Regione risulta essere solo controinteressata. Tuttavia, abbiamo ritenuto la costituzione in giudizio un segnale importante, per dire l’ennesimo no all’aumento dei pozzi petroliferi nella nostra terra. La Regione Basilicata, inoltre non si costituirà nel giudizio che lo Stato ha intrapreso innanzi la Corte Costituzionale, contro la norma regionale che lo scorso Consiglio ha approvato in regime di prorogatio e che raddoppia i limiti massimi per la produzione di energia da fonte rinnovabile stabiliti dal vigente Piano di indirizzo energetico ambientale (Piear). È un atto concreto per affermare la contrarietà del nostro governo regionale all’eolico selvaggio. La volontà del governo Bardi è quella di preservare il territorio e di tutelare l’ambiente con atti concreti, seppure nei limiti delle competenze assegnate alle Regioni dalla Costituzione».

Contro l’eolico selvaggio in Basilicata si era schierata anche un’associazione come Legambiente notoriamente pro-eolico «per chiedere il ritorno alla logica dell’autoproduzione e fermare la Legge Regionale n°4/2019. Per un cambio di rotta che vada verso una vera transizione energetica».

Ma la costituzione in giudizio della Regione contro il ricorso Rockhopper non è una vera svolta: la nuova giunta di centro-destra della Basilicata non ha nessuna intenzione di uscire dal petrolio, Il 31 ma<ggio era stato lo stesso assessore Rosa a polemizzare duramente con i pentastellati definendo «Strumentali e faziose le critiche dei Consiglieri del Movimento 5 Stelle alla Relazione programmatica del Presidente Bardi« e aggingendo che «In coerenza con quanto sempre detto, ribadiamo che il petrolio rappresenta comunque una risorsa su cui puntare, che siamo contrari a nuove estrazioni e che cercheremo, in ogni sede, di far ottenere alla Basilicata il maggior “profitto” in termini non solo economici ma anche occupazionali e di benessere, con il minor danno, ambientale e di salute; cosa di cui questo Assessorato di sta già occupando. Questa nostra posizione sul è quella che i Lucani hanno sposato mandando questa maggioranza al Governo della Regione. Se ne facciano una ragione i consiglieri dei 5stelle. Insistere sulla “chiusura dei pozzi di petrolio”, da parte dei 5 stelle, è un inganno ai Lucani. Del resto, la competenza sulle estrazioni è in capo allo Stato e Di Maio a Potenza, in campagna elettorale, non ha mai parlato di chiudere i pozzi di petrolio, anzi, ha sottilmente lasciato intendere che ce ne saranno altri. Se, poi, i consiglieri 5stelle sanno qualcosa che noi non sappiamo ovvero che il Ministro allo sviluppo economico sta per revocare tutte le concessioni lucane, possono dirlo. Noi non ci opporremo».

Evidentemente a Rosa e alla giunta lucana non dispiacciono le proposte avanzate dall’amministratore delegato di ENI, Claudio Descalzi Eni alla recente assemblea annuale degli azionisti della compagnia petrolifera. Proposte bocciate dal presidente di Legambiente Basilicata Antonio Lanorte: «Se è questo il piano industriale di ENI per andare “oltre il petrolio” in Val d’Agri, non ci siamo proprio. Il progetto “Energy Valley” prevede infatti  un programma di investimenti insufficiente rispetto ai bisogni attuali e futuri di quel territorio sia dal punto di vista delle ricadute occupazionali  che, soprattutto, della qualità ed efficacia complessiva delle azioni messe in campo. Non si tratta qui di disquisire se si tratti o meno di una compensazione per i danni ambientali accertati che la compagnia petrolifera ha arrecato al territorio, quanto di valutare nel merito le proposte fatte che sono di fatto quasi tutte funzionali all’attività del COVA. Insomma, di diversificazione economica, sostenibilità ambientale ed economia circolare, in questo progetto, che è davvero eccessivo chiamare piano industriale, c’è davvero poco».

Ed Ennio Di Lorenzo, presidente del circolo Val d’Agri di Legambiente, aveva ricordato che «Dopo venti anni di sfruttamento petrolifero, ENI dovrebbe davvero cominciare a restituire al territorio almeno parte di quanto, ed è tanto, ha ricevuto da esso. E dovrebbe farlo attraverso un ritorno rilevante per i territori in termini di progetti reali di compensazione socio-ambientale che recuperino il protagonismo delle Comunità locali. In questo modo, invece, piuttosto che emanciparsi dall’esperienza petrolifera, il territorio rischia di vedere semplicemente ampliata la già condizionante presenza ENI, con incrementi occupazionali reali molto più contenuti di quelli annunciati. In vista del rinnovo decennale della concessione Val d’Agri, una vera “exit strategy” dal petrolio va attuata mettendo in campo reali piani industriali ed efficaci progetti di transizione verso comparti produttivi moderni e sostenibili lontani dal petrolio, capaci di incrementare gli attuali livelli occupazionali. Tenendo ben presente che ogni idea di sviluppo per queste aree non può continuare ad essere imperniato sullo sfruttamento delle risorse petrolifere».

Ma Rosa e il centro-destra, arrivati al governo della Regione anche sull’onda degli scandali petroliferi/energetici, non  sembrano proprio voler mettere in atto nessuna reale “exit strategy” dal petrolio. Una politica petrolifera molto “renziana” che non si discosta da quella della precedente giunta regionale targata PD nell’unica regione che – Rosa sembra esserselo dimenticato –  superò il quorum al referendum anti-trivelle del 2016.