L’incredibile storia delle foreste post-sovietiche bruciate e “non calcolate” in Russia

Le fiamme degli incendi a 1 km dalla centrale nucleare di Chernobyl

Greenpeace: gli incendi nella zona di esclusione sono i più grandi della storia e minacciano anche il deposito delle scorie nucleari

[14 Aprile 2020]

Le autorità ucraine hanno invitato alla calma mentre i vigili del fuoco combattono contro un incendio vicino alla centrale nucleare abbandonata di Chernobyl. Secondo loro non c’è nessuna minaccia per l’impianto o per le strutture dove sono stoccate le scorie nucleari, mentre il viceministro degli interni, Anton Gerashchenko, ha detto che «Andrà tutto bene».

Ma la realtà è che gli incendi scoppiati il 4 aprile non sono stati domati e che sono cresciti fino a raggiungere dimensioni enormi. Secondo le analisi delle immagini satellitari fatte dagli esperti di Greenpeace Russia, un incendio è riuscito a superare il fiume Pripyat, la cui larghezza in quel punto è di circa 200 metri e «La distanza dal sarcofago della centrale nucleare di Chernobyl dal fronte più vicino di questo incendio è ora di circa un chilometro».

Ieri gli ambientalisti russi spiegavano che «Ci sono due incendi nella zona di esclusione: uno interamente all’interno con un’area di circa 12.400 ettari, che si è verificato l’8 aprile, attualmente la distanza dal sarcofago della centrale nucleare del fronte più vicino dell’incendio è di circa 1,5 km. Il secondo incendio opera al confine della zona di esclusione, la sua area è di circa 34.000 ettari, di cui 17.200 ettari all’interno della zona. Questo incendio è iniziato il 3 aprile ed è molto più lontano dal sarcofago della centrale nucleare, a circa 39 km».

Secondo i resoconti dei media ucraini sul fronte degli incedi ci sono centinaia di vigili del fuoco e arerei e canadair rei ed elicotteri. Ma Greenpeace avverte che «La situazione meteorologica contribuisce ancora alla diffusione del fuoco: secco, caldo fino a +22° C, il vento raggiunge i 13 metri al secondo». Fortunatamente per oggi nella regione di Chernobyl sono attese delle piogge, ma non si sa se basteranno a contenere i giganteschi incendi.

Anche se gli incendi (dolosi) sono comuni in un’area proibita che teoricamente dovrebbe essere disabitata, Greenpeace dice che quelli in corso potrebbero essere i peggiori degli ultimi decenni. La polizia ucraina ha arrestato un uomo di 27 anni e lo ha accusato di aver appiccato l’incendio il 4 aprile.

Il governo di Kiev continua a dire che non c’è motivo di allarmarsi e, in un post su Facebook, Geraschenko ha chiesto «calma, solo calma», e continua ad assicurare che l’enorme struttura in cemento armato costruita per coprire il cadavere radioattivo della centrale nucleare saltata in aria nell’aprile del 1986 è sicura e che non cè <nessun cambiamento nei livelli di radiazione», ma ha ammesso che «Gli sforzi per contenere l’incendio sono complicati dal disastro nucleare. I pompieri non possono scavare trincee tagliafuoco profonde nel terreno in quanto potrebbero essere esposti a particelle radioattive, ma gli aerei hanno invece lasciato cadere enormi volumi d’acqua sugli incendi. Il compito dei soccorritori è prevenire la propagazione del fuoco fino alle infrastrutture critiche. E faranno fronte a questo compito! Per favore, non interferite con il loro lavoro. Non diffondere fale news, falsità e sciocchezze. Tutto andrà bene».

Ma per altri esperti la situazione è molto peggiore di quella dipinta dal viceministro: Sergiy Zibtsev, capo del Centro regionale di controllo antincendio dell’Europa orientale, ha detto all’AFP che «L’incendio è diventato super-enorme e imprevedibile». E un Il tour operator locale Yaroslav Emelianenko ha confermato a BBC News che un incendio ha raggiunto la città nucleare fantasma di Pripyat e che è a soli 2 km da dove sono stoccati le scorie più pericolodse di Chernobyl «La situazione è critica», ha scritto su Facebook, aggiungendo che se l’incendio travolgesse Pripyat sarebbe stato un disastro economico, visto che il turismo della catastrofe nucleare è diventato un grosso affare e fornisce entrate preziose all’Ucraina: nel 2018 Pripyat era stata visitata da 70.000 persone e nel 2019, dopo il successo di una mini-serie della HBO sul disastro nucleare, sono state ancora di più.

Ma Greenpeace Russia denuncia anche quelli che chiama «Gli incendi che nessuno vede» e dice che nella confinante Russia «oltre il 98% degli incendi boschivi non rientrata nei rapporti ufficiali».

Secondo il monitoraggio dello spazio del 13 aprile che ha permesso di rendersi conto del reale pericolo che si corre a Chernobyl, in Russia «gli incendi boschivi coprivano 930 mila ettari, ma meno del 2% percento delle informazioni sulla situazione reale sul terreno rientra nelle relazioni ufficiali (il 12 aprile era dell’1%). E alcune regioni, come la parte europea della Russia, non sono per niente entrate nei rapporti ufficiali».

Gli ambientalisti russi si chiedono: come possono essere prese adeguate misure contro gli incendi con questa sottovalutazione dei dati? Infatti, se gli incendi boschivi non vengono considerati tali, il servizio forestale non si mobilita e l’incendio va fuori controllo e anche se rientra nei confini delle aree naturali appositamente protette.

Gran parte dipende dalle rigide regole stabilite nell’autunno 2019 dal ministero federale delle risorse naturali russo e lo scorso autunno, ma Greenpeace Russia dice anche che «Un’altra parte dei dati scompare nei rapporti regionali. Le informazioni che vengono trasmesse al centro sono spesso molto distorte. Di conseguenza, la regione appare sulla carta se non esemplare, abbastanza degna, ma per chi segnala è la cosa più importante». Quindi, alla fine, nel conteggio ufficiale degli incendi russi rientrano solo le terre forestali, le aree naturali specialmente protette e le “terre di difesa”, mentre «Le statistiche escludono i terreni boschivi delle restanti categorie, in particolare i terreni di riserva e i terreni agricoli». E il vero problema sono i terreni “agricoli”.

In Russia, secondo la legge, dove un terreno è classificato agricolo non dovrebbero esserci foreste, ma non è così: Greenpeace dice che i terreni agricoli ospitano ormai un decimo di tutte le foreste russe: «Alcune di loro furono trasferiti alle fattorie collettive e alle fattorie statali negli anni sovietici. Poi le fattorie collettive e statali fallirono, ma la foresta rimase». Dal crollo dell’Unione Sovietica ad oggi, la foresta è già ricresciuta su 30 milioni di ettari di campi e prati abbandonati e inutilizzati. Si tratta di foreste che non ha piantato nessuno, sono cresciute da sole e per i nuovi proprietari dei terreni rappresentano solo una perdita, visto che per mantenere il terreno come agricolo dovrebbero abbattere la foresta oppure pagare una multa che va dai 20 ai 700 mila rubli fino al sequestro della terra. Quindi i proprietari, per non accollarsi i costi del taglio degli alberi, bruciano la foresta, il che è illegale, ma economico, affidabile e pratico. Il problema è che è improbabile che l’incendio si fermi quando raggiunge il confine del terreno agricolo.

A Greenpeace Russia spiegano che nessuno interviene fino a che brucia un terreno classificato come agricolo e che i pompieri arrivano solo quando le fiamme raggiungono un fondo forestale. Le foreste nate dopo l’abbandono dell’agricoltura sovietica ufficialmente non esistono e Grigory Kuksin, a capo del team antincendio di Greenpeace Russia, sottolinea che «Nessuno è veramente responsabile di queste foreste. I silvicoltori non hanno il diritto di estinguerli – è un abuso di fondi, dicono – e i pompieri le estinguono gli incendi solo quando esiste una vera minaccia per gli insediamenti umani, ma non riescono a farlo ovunque perché brucia ovunque. In questi territori nessuno estingue deliberatamente gli incendi se non dai volontari, per loro non fa alcuna differenza quale categoria di terra sta bruciando. Ma nelle foreste ci sono ancora pochi vigili del fuoco volontari e sono costretti a scegliere in ogni caso cosa spengere, dove c’è una maggiore minaccia per le persone o per habitat naturali preziosi».

Greenpeace denuncia che «I dati sugli incendi dovrebbero riflettere la situazione reale e non aiutare le autorità a salvare la faccia. Ma la cosa principale è affrontare gli incendi stessi. La prima cosa, ovviamente, è smettere di bruciare. Ma con i terreni agricoli, i semplici divieti non possono farcela. I proprietari dovrebbero avere un vero incentivo a non bruciare la foresta e proteggerla da un incendio in arrivo. Per farlo, devono avere il diritto di far crescere legalmente la foresta sulla loro terra. Quindi, è necessario modificare le leggi che lo vietano. Lo chiediamo da molto tempo e alla fine di gennaio, il presidente [Putin] ha incaricato il governo di sviluppare misure entro il 30 aprile che consentano alle persone di coltivare la foresta sulla loro terra».

Greenpeace avverte che nemmeno un ordine di Putin è una garanzia che le persone avranno questo diritto: è solo una possibilità, per questo invita i russi a fare in modo che la possibilità si trasformi in una decisione finale firmando una petizione per salvare le “foreste agricole” e a diffonderla sui social network.