Olio di palma, l’Indonesia contesta la Direttiva Ue Red II. Pronta a ricorrere alla Wto

Ma le compagnie dell’olio di palma e della polpa da carta non pagano risarcimenti e ripristini

[28 Febbraio 2019]

L’Indonesia ha deciso di opporsi al progetto di Direttiva sulle energie rinnovabili dell’Unione europea (Renewable energy directive – Red II) che accusa le piantagioni industriali di palma da olio indonesiane di emettere molte emissioni di CO2 “non intenzionali” e di contribuire alla deforestazione. E’ la stessa Direttiva messa sotto accusa dalla campagna NotInmytank  che chiede una revisione della bozza perché prevede un’esenzione per l’utilizzo nel biodiesel dell’olio di palma prodotto in piccole piantagioni (2-5 ettari) o su terreni “inutilizzati” per almeno 5 anni.  Ma la presidente della Gabungan Pengusaha Kelapa Sawit Indonesia (Gapki – Indonesian Palm Oil Association Ipoa), Joko Supriyono, ha annunciato che l’Indonesia si oppone per i motivi opposti e che «aassisterà a ogni discussione sul progetto, al fine di esprimere il suo disaccordo, e sarà pronta per chiedere un arbitrato nel quadro dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) in caso di conflitto o d’impasse»

Secondo Joko Supriyono, «Se il progetto venisse applicato, l’olio di palma greggio proveniente dall’Indonesia, in quanto principale materiale per il biocarburante, non rispetterebbe le condizioni preliminari per l’ingresso nel mercato europeo a causa dell’accusa di deforestazione e di creazione di un impatto di cambiamento indiretto dell’utilizzo dei suoli, un termine che designa la conseguenza involontaria di una più forte emissione di carbonio a causa  dell’indirect land use change  (Ilic)».

La doppiamente contestata Red II Ue punta a mettere fine entro il 2030 all’utilizzo di prodotti agricoli responsabili della deforestazione nella produzione di carburanti destinati ai trasporti. Da sempre gli ambientalisti accusano la rapida espansione delle piantagioni di olio di palma in indonesia di essere responsabili di una massiccia deforestazione che sta mettendo a rischio di estinzikone – e ha già provocato estinzioni lovcali – di tigri, oranghi, elefanti, rinoceronti e altre specie rare endemiche dell’Indonesia.

La Supriyono  ha sottolineato che ««L’Iluc fa parte del progetto di direttiva Red II dell’Ue. L’Indonesia ha lanciato una campagna mirante ad evitare di bruciare degli arbusti o delle foreste, durante le operazioni di abbattimento destinate all’apertura di nuove piantagioni di palmeti da olio, che sarebbero in grado di innescare degli incendi boschivi o di produrre emissioni di carbonio».

La posta in gioco la spiega la stessa presidente della Gapki: «L’Indonesia, primo produttore mondiale di olio di palma, nel 2018 ha registrato un record di questo prodotto, cioè 43 milioni di tonnellate o il 12,5% in più dell’anno precedente. Per quest’anno, la produzione dovrebbe aumentare dal 4 al 5%».  Con tanti saluti a oranghi, tigri, elefanti e rinoceronti e continuando a intossicare metà Asia con il fumo degli incendi.

Pochi giorni fa, il 15 febbraio, Greenpeace Indonesia ha denunciato che «lo smog degli incendi della ha avvolto la città di Dumai, Riau». Greenpeace Indonesia ha analizzato i dati ufficiali 2012-2018 del governo, relativi a 11 cause civili (Karhula) intentate contro i responsabili di incendi boschivi e di disboscamento illegale, con richieste compensazione e ripristino ambientale per 18,9 trilioni di rupie, e dice che «Nessuno dei casi di karhutla è stato pagato dalle compagnie» che aderiscono anche alla Gapki.

Arie Rompas, team Leader della campagna foreste di Greenpeace Indonesia, ha sottolineato che «Come cittadini, se non paghiamo le tasse, scontiamo una pena. Quindi, perché i proprietari di queste grandi imprese non sono costretti a pagare le multe o non si confiscano i beni aziendali?».

10 delle 11 cause civili intentate dal governo contro le compagnie delle piantagioni di palma da olio, sago e polpa da carta riguardano gli incendi boschivi avvenuti tra il 2012-2015, dopo che il governo indonesiano aveva ordinato compensazioni e ripristini ambientali per un valore di 2.7 trilioni di rupie.  L’undicesimo caso civile è il più grande caso di indennizzo: 16,2 trilioni di rupie per un disboscamento illegale effettuato dal 2004 dalla compagnia di legname di Merbau Pelalawan Lestari.

Uno dei più grossi incendi boschivi denunciati dal governo nel 2014 è stato appiccato dalla Bumi Mekar Hijau, (Bmh) uno dei fornitori della multinazionale Asia Pulp and Paper, la più grande azienda di pasta di legno dell’Indonesia. La concessione della Bmh, nel sud di Sumatra, è stata teatro di uno dei più grandi incendi boschivi del 2015. Lo stesso anno, gli incendi boschivi appiccati a Sumatra, Kalimantan (Borneo indonesiano) e West Papua, hanno causato uno smog da black carbon che ha soffocato milioni di persone nel sud-est asiatico. La Banca Mondiale stima che l’Indonesia perderà circa 221 trilioni di rupie per la silvicoltura, l’agricoltura, il turismo e altre industrie. Lo smog da fumo ha fatto ammalare centinaia di migliaia di persone in tutte le aree colpite. Ad oggi nessuna compagnia ha pagato un risarcimento per il ruolo svolto in quel disastro.

Arie ricorda che «Il risarcimento che deve essere pagato da un certo numero di queste aziende sarebbe molto vantaggioso per la comunità, può essere utilizzato per scopi di ripristino forestale su larga scala, anche per l’emergenza salute e per i costi infrastrutturali se si verificheranno nuovamente incendi. Non costringendo queste compagnie a pagare, il governo sembra inviare un messaggio pericoloso, vale a dire che i profitti delle imprese sono più importanti della legge, dell’aria pulita, della salute e della protezione delle foreste».

Mengtre l’Indonesia annuncia ricorsi alla Wto e battaglia contro la Direttiva Red II, una cosa è certa: le emissioni di carbonio rilasciate dalle foreste distrutte e dalle torbiere in fiamme sono diventate il maggiore contributo dell’Indonesia al cambiamento climatico, con effetti mortali. Per limitare l’aumento globale della temperatura a 1,5° C . nell’ottobre 2018, il rapporto speciale dell’Intergovernmental panel on climate change ha chiesto la fine immediata della deforestazione.

E’ quel che ancora troppo timidamente fa la bozza di Direttiva Ue, è quel che non vogliono assolutamente fare i signori dell’olio di palma che si stanno divorando foreste e biodiversità.