Paying with fire: i manager delle multinazionali oil & gas vengo premiati di più per inquinare

Rapporto Carbon Tracker: le politiche retributive dei dirigenti di 40 compagnie petrolifere (Eni compresa)

[14 Febbraio 2019]

La Carbon Tracker Initiative, un think thank finanziario,  ha pubblicato il nuovo rapporto “Paying with fire”, che analizza le politiche retributive per i manager  di 40 compagnie oil & gas in Europa, Nord America e Australia. Secondo il rapporto, «La maggior parte delle compagnie oil & gas stanno mettendo a repentaglio i rendimenti degli azionisti premiando boss per la continua crescita in un mondo in cui la pressione degli investitori per conformarsi agli obiettivi climatici e le forti riduzioni dei costi delle rinnovabili sono destinate a soddisfare la domanda futura». Una precedente ricerca di Carbon Tracker aveva evidenziato che «La rapida crescita delle tecnologie pulite unita all’inasprimento delle politiche climatiche vedrebbe la crescita della domanda globale per il petrolio indebolirsi nel corso del 2020, prima di ridursi, con una crescita della domanda di gas ridotta». Il nuovo rapporto avverte che «Le compagnie che cercano di massimizzare il rischio di produzione investono troppo e sprecano denaro in progetti che offrono rendimenti insoddisfacenti e distruggono il valore».

Eppure è quel che sta succedendo e il rapporto mostra l’incompatibilità delle regole sui bonus aziendali: se da un lato le multinazionali oil & gas premiano amministratori delegati e dirigenti per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità (quali riduzione delle emissioni di CO2), dall’altro si incentiva in maniera molto più elevata la crescita di nuove esplorazioni di giacimenti di petrolio e gas  e  in generale la crescita delle attività legate ai combustibili fossili.

Eni è nel gruppo di 9 aziende che hanno incentivi per raggiungere target ambientali e di sostenibilità, ma che allo stesso tempo incoraggiano la crescita di combustibili fossili. Le altre sono Shell, Equinor, Repsol, Eni, Cnrl, ExxonMobil, Suncor, Total e BP.  In particolare, nel caso di il 25% degli incentivi dipende dalla crescita della produzione di idrocarburi e da nuove esplorazioni, mentre il 12,5% dipende dal raggiungimento di target di riduzione delle emissioni di CO2 per la operated production. Insomma, da una parte si fa un po’ di greenwashing aziendale spinto impegnandosi a ridurre le emissioni e dall’altra si premia con il doppi chi trova e sfrutta gli idrocarburi che bisognerebbe lasciare sotto terra per cominciare a risdurre davero le emissioni e cambiare paradigma energetico-

Il risultato è che, nel 2017, il 92% delle politiche remunerative delle multinazionali oil & gas  incentivava i dirigenti ad aumentare la produzione e/o far crescere le riserve di gas e petrolio, anche se il ruolo degli investitori e degli shareholders sta contribuendo a cambiare questo modello. L’unica impresa che non incentiva la crescita delle fonti fossili è la statunitense Diamondback Energy, che promuove altri criteri quali il controllo dei costi e l’aumento dei rendimenti finanziari.

Le compagnie che incentivano di più lo sviluppo di gas e petrolio sono Anadarko, Cabot Oil & Gas, Cnrl e Oil Search, quelle che incentivano di meno con questo criterio sono Total (8%) e Repsol (10%).

Il rapporto di Carbon Tracker  precede strategicamente l’inizio della stagione delle assemblee degli azionisti, dove verranno presentate diverse proposte su questi temi. Ad esempio, la BP ha già annunciato che sosterrà una delibera degli azionisti sull’allineamento delle spese in conto capitale con i target dell’Accordo di Parigi, il che si rifletterà anche sui criteri di remunerazione dei manager.

Andrew Grant,senior analyst di Carbon Tracker e autore del rapporto, ha evidenziato che «La stragrande maggioranza delle compagnie oil & gas incentivano i loro executives a inseguire la crescita:  comportamenti che rischiano di distruggere il valore, data l’incertezza sulla domanda futura. Questo rapporto fornisce agli azionisti le munizioni di cui hanno bisogno per sfidare questo approccio e premere per politiche di remunerazione che premino i dirigenti perché forniscano solidi ritorni finanziari». .

Carbon Tracker avverte che «La domanda di petrolio e gas rischia di rallentare e quindi diminuire a causa dell’azione volta a raggiungere gli obiettivi climatici di Parigi e della rapida crescita delle energie rinnovabili e dei veicoli elettrici. Se il mondo deve rimanere al di sotto dei 2° C di riscaldamento, non può essere bruciato più di un terzo delle riserve provate di combustibili fossili,  e molto meno in base all’impegno di Parigi di rimanere il più vicino possibile agli 1,5° C al di sopra dei livelli pre-industriali»

Anche un rallentamento del tasso di crescita può avere un impatto importante: il think thank ricorda che «Il crollo dei prezzi del petrolio del 2014-16 è stato causato da un eccesso di offerta del 2% rispetto alla domanda. Dal giugno 2014 al gennaio 2016, il valore delle maggiori compagnie petrolifere e del gas (misurate dall’indice S & P Global Oil) è diminuito del 51%, anche se nello stesso periodo la domanda di petrolio greggio è cresciuta del 3%».

Grant aggiunge: «Riteniamo che le compagnie petrolifere e del gas dovrebbero concentrarsi sull’estrazione del valore massimo indipendentemente dal fatto che la domanda sia in crescita o meno, ma in particolare in una transizione low-carbon. Concentrarsi sulla produzione di rendimenti più elevati può significare ridurli in termini di produzione assoluta, dal momento che il capitale è restituito agli azionisti o ridistribuito in altri settori in cui non sono disponibili opzioni per progetti di petrolio e gas a basso costo. Gli executives non dovrebbero avere pacchetti retributivi che li ricompensino per la ricerca di volumi sempre maggiori di riserve e produzione».

La transizione energetica richiede un uso ridotto di petrolio, gas e carbone, un impegno che – a parole – hanno preso molte multinazionali energetiche alle Cop Unfcccc o ai meeting del World economic forum di Davos,ma dal rapporto della Carbon Tracker Initiative  viene fuori «Una situazione alquanto perversa». Chi si dichiara pronto a sposare gli obiettivi di Parigi da incentivi per aumentare la produzione e/o riserve/risorse di combustibili fossili.

Carbon Tracker  conclude: «Gli azionisti hanno la capacità di influenzare le strutture retributive aziendali e negli ultimi anni lo hanno fatto con successo, con un notevole spostamento nella direzione dalla crescita al valore. Tuttavia, c’è ancora molto da fare per migliorare».