A Strasburgo il discorso sullo Stato dell'Unione 2017

Il presidente Juncker vuole che l’Europa sia «il leader nella lotta al cambiamento climatico»

Per tradurre gli annunci in fatti occorrono impegni precisi, a partire dal riscaldamento e raffrescamento degli edifici che vale il 46,68% del consumo di energia in Ue: un settore dove la geotermia può svolgere un ruolo determinante

[13 Settembre 2017]

«Di fronte al crollo delle ambizioni degli Stati Uniti, l’Europa farà in modo di rendere nuovamente grande il nostro pianeta, è un patrimonio comune di tutta l’umanità. Voglio che l’Europa sia il leader quando si tratta della lotta contro il cambiamento climatico». Nel suo discorso sullo Stato dell’Unione 2017, pronunciato oggi a Strasburgo, il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker ha posto la questione ambientale – declinata sul versante climatico – al terzo posto tra le priorità di Bruxelles, dopo gli accordi in materia di commercio internazionale e la necessità di rendere l’industria europea «più forte e competitiva».

Come documenta oggi l’Eurostat, non ci sono mai stati tanti posti di lavoro nel Vecchio continente e anche la produzione industriale ha ripreso ad avanzare (con l’Italia messa rispettivamente peggio e meglio nei confronti della media continentale), eppure l’Europa è ancora lontana dall’aver ritrovato smalto: un fatto che si rispecchia nella mancanza di incisive politiche rivolte alla sostenibilità dello sviluppo, che possano promuovere una crescita equa e compatibile coi limiti ambientali del pianeta.

Da dove (ri)cominciare? Dal punto di vista climatico e dell’inquinamento atmosferico, risulta oggi cruciale fare progressi in un settore stranamente trascurato, visto che da solo vale il 46,68% del consumo di energia in Europa: il riscaldamento e il raffrescamento degli edifici. Un quadro che non cambierà a breve: secondo le stime della Commissione Ue, nel 2030 il 40% del consumo finale di energia sarà assorbito dal riscaldamento e raffreddamento, a fronte di un 28% imputabile alla produzione di elettricità. Eppure, notano dal Consiglio europeo per l’energia geotermica (Egec), la decarbonizzazione procede molto più velocemente nel secondo settore anziché nel primo. Negli stessi indirizzi offerti dalla Commissione europea si prevede infatti una produzione di elettricità proveniente per il 49% da energie rinnovabili nel 2030, mentre la quota di Fer rivolta ad alimentare il riscaldamento e il raffreddamento dei nostri edifici dovrebbe fermarsi al 27% del totale. Questo significherebbe una crescita in dieci anni (2020-2030) pari ad appena 5 Mtep, neanche un quinto rispetto allo sviluppo che le varie fonti rinnovabili impiegabile sul fronte termico – geotermia, solare termico, aerotermia, biomasse – si sono ritagliate nel 2004-2014, pari a 26 Mtep.

Secondo i dati diffusi dalla International energy agency (Iea), l’uso diretto delle fonti rinnovabili per la produzione di calore (che si tratti di biomasse, solare termico o geotermia) è salito dell’8% nel mondo dal 2010 al 2014 – con l’Ue che ad oggi soddisfa circa il 15% del proprio fabbisogno termico tramite le rinnovabili – ma dovrà crescere di un ulteriore 32% al 2025 per contenere il riscaldamento globale entro +2 °C.

Un obiettivo che l’Ue può raggiungere puntando in particolare sullo sviluppo della geotermia, settore dove vanta un know how unico grazie all’esperienza maturata in primis dalla Toscana – dov’è presente il più antico complesso geotermico al mondo –, che continua a rendere l’Italia il primo paese geotermico in Europa. A che punto siamo, dunque? Il Consiglio europeo per l’energia geotermica ha recentemente pubblicato l’atteso EGEC Geothermal market report nella nuova versione aggiornata al 2016, un documento in cui vengono riassunti ruolo e tendenze nell’impiego dell’energia geotermica all’interno del Vecchio continente nell’arco dell’ultimo quinquennio (2012-2016).

Dalla fotografia del mercato scattata al termine dell’ultimo anno emerge come sul territorio europeo siano attualmente presenti oltre 100 centrali geotermoelettriche, per una produzione di energia elettrica di circa 15 TWh l’anno: a fronte di una potenza installata pari a circa 2,5 GWe (di cui 1 GWe all’interno dei Paesi UE), Egec prevede un’ulteriore crescita per circa 0,5 GWe al 2020, concentrata principalmente all’interno della Turchia.

Diverso il contesto che emerge dall’analisi dell’impieghi termici della geotermia: tra il 2012 e il 2016 sono 51 i nuovi impianti entrati in funzione, e tutti all’interno dei confini Ue (con una crescita media annuale del 10%). L’energia rinnovabile che proviene dal sottosuolo è utilizzata per riscaldare e raffreddare edifici con una capacità installata pari a circa 4,9 GWth; nel prossimo futuro, Egec individua in Francia, Paesi Bassi, Germania e Ungheria i principali mercati in via di sviluppo. Paradossalmente non l’Italia. La speranza è che, dopo gli impegni manifestati nei giorni scorsi dal governo a Firenze – dove si è tenuta la prima conferenza di alto livello dell’Alleanza globale per la geotermia – nuovi progressi possano essere compiuti.