Riflessioni sull’energia a Capraia

Eolico, idrogeno, biodiesel, fotovoltaico al tempo della quarantena in una piccola isola

[4 Maggio 2020]

Sarà che l’isolamento per corona-virus solleciti l’emergere di ricordi e di nuove idee ma mi vien voglia di raccontare qualcosa sull’energia. Prendetelo come danno secondario della quarantena.

Serve però una premessa, anzi due.

Tanti anni fa dirigevo nell’azienda pubblica dell’acqua della Provincia di Livorno il settore dei “progetti speciali” (insomma non dovevo rompere le scatole a quelli che avevano conquistato il loro posto).

Tra i nostri territori c’era anche l’Isola di Capraia e, contemporaneamente, stavamo lavorando allo sviluppo delle energie rinnovabili che poi dette luogo all’impianto eolico di Pontedera.

Capraia è un’isola anche dal punto di vista energetico: la più grande dell’Europa che non sia collegata alla rete elettrica nazionale. La rete è l’O di Giotto, perché è il sistema perfetto di trasporto, scambio ed ottimizzazione della produzione di energia. Si adatta a dare energia, a riceverla, a distribuirla e tutto al minor costo possibile.

Un insediamento fuori dalla rete, invece, deve produrre in loco tutta l’energia elettrica che serve ed i fabbisogni sono spesso davvero molto variabili.

Riuscire a trovare un sistema energetico autosufficiente (e quindi da rinnovabili) è un risultato rivoluzionario perché trasferibile a tutte le isole, siano esse circondate dal mare o dal nulla, come piccole comunità, navi, insediamenti isolati, o anche quegli insediamenti che ancora non ci sono proprio perché non possono avere approvvigionamenti di energia o di acqua potabile. La condizione comune è che non siano collegate alla rete generale di distribuzione perché la rete è comunque la soluzione ottimale.

Si deve studiare quindi un sistema chiuso, che non abbia bisogno di apporti dall’esterno, alimentato da fonti rinnovabili. Ed in queste condizioni ci liberiamo anche da problemi di rendimento del sistema perché aumentare l’energia prodotta da rinnovabili (sole e vento) aumenta solo leggermente il costo iniziale di installazione.

Studiammo allora un progetto che fu presentato alla UE e che prevedeva la produzione di energia elettrica con un aerogeneratore sovradimensionato rispetto ai fabbisogni di quella piccola comunità e la trasformazione dell’energia in eccesso in idrogeno gassoso da riusare poi, come combustibile, nei periodi di penuria.

Era un modo semplice di accumulo energetico per far aderire le disponibilità alla domanda.

Il progetto fu inoltrato alla UE con il parere negativo della Provincia di Livorno, scandalizzata dalla possibilità di installare un aerogeneratore a Capraia. E fu, ovviamente, bocciato. Si chiamava “Prometeo” quella povera vittima.

La seconda premessa deriva anch’essa dalla mia esperienza di quando, una ventina di anni fa, ero consulente di una società del gruppo Assopetroli che voleva entrare nel settore delle rinnovabili.

Si presentò un signore con una bottiglia di grappa ….. poi si scoprì che era un ingegnere chimico e che quella nella bottiglia non era acqua e ci fu presentata come il prossimo sostituto della benzina.

Aveva, ci disse l’esimio dottore, una densità energetica pari al 70% della benzina, era facilmente trasportabile, e, a bocca di camera di scoppio, poteva essere separato l’azoto dall’Idrogeno avviando il primo alla marmitta ed utilizzando il secondo come combustibile.

Ed aveva un costo, per unità di energia, nettamente inferiore alla benzina, era ecologica perché non produceva particolato, CO2 ed altri prodotti da combustione.

Salutassimo quindi la benzina e l’industria petrolifera, per favore, e appoggiassimo la sua ricerca.

Ovviamente capimmo subito che nella bottiglia aveva un composto azotato derivante da ammoniaca o urea, ma qui ed oggi tutta questa catena di prodotti è ottenuta per rottura di molecole di origine fossile con liberazione di CO2.

Insomma moriva pulito, quel carburante, ma nasceva sporco.

In quanto al basso costo era chiaro che nel suo uso come concime agricolo non erano aggiunte accise, ma appena fosse diventato combustibile per trazione e fossero state applicate imposte equivalenti, addio convenienza.

Ma c’era del buono, in quella idea, solo che si doveva fare un passo in più e cioè quello che porta alla produzione di questo nuovo “combustibile” unicamente da fonti rinnovabili.

Infatti con acqua, aria ed energia si può “costruire” l’ammoniaca che, allora si, diverrebbe un combustibile pulito.

E che funzioni anche per l’autotrazione è dimostrato dal fatto che a Pontedera vengono costruite auto bi-fuel alimentate anche ad ammoniaca.

Oggi, tanti anni dopo la ricerca e l’industria sono andate avanti e questa prospettiva è ormai realtà.

A questo proposito è obbligo citare almeno due articoli di grande interesse, ma in rete si può trovare molto di più e l’articolo di Alessandro Codegoni su QualeEnergia.it

Ma interessanti prospettive si presentano anche con la produzione di metanolo o etanolo da CO2 (doppio punteggio ambientale) che si possono trovare in rete.

Insomma quella lontana intuizione di rendere Capraia una isola virtuosa e capofila dell’innovazione ambientale era giusta, secondo me. Solo che l’idrogeno come vettore energetico intermedio era una soluzione rozza perché, lo sappiamo, l’idrogeno è una brutta bestia che si gestisce male.

Gli studi sulla alimentazione energetica di Capraia sono comunque andati avanti, fino ad approdare alla geniale soluzione di alimentare la vecchia centrale termica non più con Diesel ma con Bio-Diesel.

Una idea semplice, ma anche un po’ penosa.

Produrre bio-diesel genera ossigeno nel luogo di coltivazione dei componenti vegetali ma poi produce poi CO2 e particolato nel luogo dove viene consumato. E’ un “trasferitore” di inquinamento. Un altro paio di invenzioni ambientali di questo tipo e siamo a posto.

Inoltre il bio-disel deve essere trasportato in cisterne ed allora ci si domanda perché non venga bruciato direttamente a Livorno o in qualsiasi altra centrale termoelettrica del continente, senza fargli attraversare il mare: l’effetto sull’ambiente sarebbe esattamente eguale.

Le premesse sono finite e quello che c’era da dire è stato quasi tutto detto.

L’idea che a me sembra grandiosa è quindi quella di continuare a studiare un gruppo di progetti per l’autosufficienza energetica di Capraia come contributo alla diffusione di forniture energetiche diffuse, per rendere più vivibile il mondo.

Se poi, come a Capraia, è necessaria energia per potabilizzare l’acqua e distribuirla questa funzione sarà un ulteriore forma di accumulo energetico, perché basta un serbatoio in altitudine ( e sterilizzato in continuo con U.V.) da alimentare preferibilmente nei periodi di surplus energetico primario.

Anche per gli altri usi civili (calore, mobilità ecc.) si può usare come fonte primaria l’energia elettrica, in modo da limitare o annullare le importazioni di beni energetici come bombole di metano, benzina ecc.

Diamo alcuni numeri:

Capraia ha circa 450 abitanti iscritti all’anagrafe. In realtà ha una popolazione molto più ridotta nei periodi invernali e superiore in estate. Ma assumiamo una popolazione media di 800 persone.

Secondo gli standard italiani il consumo medio annuo pro-capite è circa 1.500 KWh e quindi avremo, su base annua, un consumo di 1,2 MWh.

Con l’installazione di un aerogeneratore da 1 MW e con l’altissima ventosità riscontrabile nell’isola avremo una produzione di 1 x 2.500 ore equivalenti pari, sempre su base annua, a 2,5 MWh.

Se aggiungiamo un impianto fotovoltaico da 1 MW ( 4 ettari di terreno nel centro dell’isola) di potenza installata avremo almeno ulteriori 1,3 MWh disponibili, sempre su base annua.

Quindi complessivamente 3,8 MWh teoricamente producibili a fronte di un consumo di 1,2 MWh. Il rapporto è quindi circa 1:3.

E’ chiaro che una parte del consumo sarà fornito direttamente dall’una o dall’altra fonte primaria mentre una parte dell’energia disponibile dovrà essere accumulata con la produzione di ammoniaca o urea o metanolo o una qualsiasi altra forma innovativa e riconvertita in energia elettrica nelle “notti buie e tutt’altro che tempestose” cioè quando le fonti primarie di energia sono inerti.

Bella è anche la prospettiva di elaborare un sistema di gestione di questa “complessità” energetica che comandi il flusso per garantire la copertura di tutta la richiesta e ottimizzi le “entrate” sulla base di modelli previsionali.

C’è comunque un avanzo impressionante di energia rispetto ai consumi e si aprono quindi nuove prospettive; vediamone un paio: 1) Fornitura di carburante per la nave di collegamento con Livorno e/o per la piccola flotta peschereccia. 2) Vendita della materia prima prodotta ad aziende del continente.

Ma la cosa che a me piacerebbe di più sarebbe un progetto di riattamento del patrimonio immobiliare dell’ex carcere per riconvertirlo in aula inter-universitaria europea per la ricerca e la sperimentazione di produzioni energetiche diffuse ed autonome.

Vedi, a volte, a cosa porta la quarantena da corona virus!!!

di Enzo Raspolli