Tra gli eroi di Chernobyl c’era anche un soldato sovietico nero

Le truppe sovietiche che partecipato alla liquidazione di Chernobyl sono state i veri eroi

[7 Giugno 2019]

La scrittrice britannica Karla Marie Sweet è stata presa pesantemente in giro dopo che su Twitter si era lamentata perché nella serie “Chernobyl” trasmessa dalla HBO «Non ci sono attori neri» tra gli eroici “liquidatori” che nel 1986 impedirono che la tragedia nucleare diventasse ancora più enorme e mortale. Ma chi le faceva notare che a Chernobyl potevano esserci solo bianchissimi slavi sovietici (in realtà a Chernobyl c’erano anche asiatici delle attuali repubbliche indipendenti dell’Asia centrale e delle repubbliche e territori asiatici dell’attuale Federazione Russa) è stato smentito dal sito theBabel che ha dimostrato, foto alla mano, che ameno uno dei soccorritori di Chernobyl era un soldato sovietico nero: Igor Khiryak.
Il network internazionale russo RT spiega che «Nel 1985, Igor Khiryak – che ora vive nella città russa di Cherepovéts – fu hiamato a fare il servizio militare e partecipò all’evacuazione dei civili dalla zona di Chernobyl interessata dagli eventi. Khiryak faceva parte dell’unità 75110, assegnato alla brigata di ingegneria 210, che il 2 maggio 1986 costruì ponti galleggianti per consentire l’evacuazione dei civili della città Pripiat, situata a soli 3 km dal reattore numero 4 esploso della centrale nucleare di Chernobyl». Un’area che ora fa parte della zona rossa inabitabile e dell’Ucraina indiendente.
Per il lavoro svolto in divisa a Pripiat, il soldato nero dell’Armata Rossa ha ricevuto una lettera di encomio che evidenzia il suo «esemplare compimento del dovere verso la Madre Patria». Quella patria, l’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche, non esiste più, ma dalla nebbia radioattiva di Chernobyl è emersa la storia ignota di uno dei tanti liquidatori che, rischiarono (e persero tra atroci sofferenze) la vita per salvare il mondo e migliaia di persone: i liquidatori di Chernobyl.
Secondo il social network russo VK, Khiryak è uno dei sopravvissuti di quella tragedia che non è ancora finita: vive in campagna, va a cacciare e pescare con suo figlio e partecipare a rievocazioni storiche dell’epoca sovietica. Inoltre, ha recitato in un film russo e fa parte del gruppo comico di improvvisazione “Amsterdam”.
La miniserie trasmessa dalla HBO – che sta avendo un enorme successo di pubblico e critica – racconta quel che successe il 26 aprile 1986, quando uno dei 4 reattori della centrale nucleare di Chernobyl venne distrutto da un’esplosione. La popolazione che viveva entro 30 chilometri dell’impianto “più sicuro del mondo” vene evacuato il 2 maggio e la reazione nucleare venne tenuta sotto controllo da elicotteri, che gettarono sul nucleo circa 5.000 tonnellate di boro, sabbia e altri materiali. Alla fine, quelli che vennero subito chiamati i “liquidatori” di Chernobyl furono circa 600.000, a decine morirono nei primi 3 mesi dopo l’incidente e almeno 4.000 a lungo termine. Ma nessuno sa davvero quanti dei liquidatori sono morti in questi ultimi 33 anni per cancri e malattie indotti dall’esposizione alle radiazioni.
Tra i sopravvissuti c’è anche il generale Nikolai Tarakanov, che ha supervisionato la rimozione di elementi altamente radioattivi dal sito della centrale nucleare, che nella miniserie “Chernobyl” dell’HBO, che ha ricostruito accuratamente il ruolo che ha svolto nel disastro nucleare del 1986, è interpretato dall’attore britannico Ralph Ineson.
Tarakanov ha detto a RT Documentary che «Gli eroi non erano i comandanti o gli ufficiali, ma i soldati che hanno messo in pericolo le loro vite». Secondo l’uomo di Chernobyl, il cast della miniserie è perfetto, si è però lamentato per come sono stati ricreati gli eventi perché «Il finale differisce da quel che è realmente accaduto. Dopo il disastro, l’impianto nucleare era uno spettacolo terrificante, Mi stavo librando sopra il reattore in elicottero e non riuscivo a immaginare cosa fosse successo lì. E’ stata un’esplosione così forte che ha demolito una costruzione in cemento armato [il sarcofago]».
Tarakanov ha spiegato come è stata realizzata la “decontaminazione” iniziale di Chernobyl. «Sono stati estratti 300.000 metri cubi di terreno attorno all’impianto, messi sui camion e portati ai luoghi di interramento. Sono stati sostituiti con 300.000 metri cubi di pietra frantumata, sigillata nel cemento e coperta con pesanti lastre di cemento».
Misure che hanno portato a far scendere di «centinaia di volte» i livelli di radioattività intorno al sito del disastro, permettendo ai “liquidatori” di cominciare a lavorare nella centrale esplosa. «tutto fatto dai soldati – sottolinea Tarakanov – Le truppe sovietiche che hanno preso parte alla liquidazione di Chernobyl sono state i veri eroi. A tutti è stata data la possibilità di rifiutarsi di lavorare all’impianto, ma tutti si sono offerti volontari per partecipare, mettendo a rischio la loro salute e la loro vita».
Il generale, che ora ha 85 anni, convive da circa 33 anni con una malattia da radiazioni e ha detto che «Uno dei principali medici sovietici, Evgeny Chazov, aveva ragione quando aveva avvertito i liquidatori: “Soffrirai fino alla fine della tua vita. Chernobyl non ti lascerà andare”».
La malattia di Tarakanov si è rivelata, tra le altre cose, con «Gengive sanguinanti e diarrea sanguinolenta. Se mi facevo un piccolo taglio mentre mi facevo la barba, dopo due settimane non era guarito. Ho preso tutti i tipi di droghe. In questo momento in cucina ho 8 tipi di medicine, che prendo al mattino, a cena e di notte».
Chernobyl non lascia andare i suoi eroici liquidatori sovietici e nemmeno il futuro degli ucraini, bielorussi e russi che vivono e sopravvivono intorno e dentro all’area del più grande disastro nucleare civile della storia.