Venezuela e Guyana: una nuova guerra petrolifera di confine?

[15 Luglio 2015]

Le rivendicazioni territoriali al confine tra Venezuela e Guyana rischiano di trasformarsi in un nuovo conflitto per il petrolio: ieri l’Asamblea Nacional, il Parlamento venezuelano, ha approvato all’unanimità la linea del presidente Nicolás Maduro sulla Guyana, riguardante la controversia per il territorio di Esequibo. In Venezuela le divisioni ideologiche tra destra e sinistra spariscono non appena entra in ballo il nazionalismo. Infatti, dopo il voto il presidente dell’Asamblea Nacional, Diosdado Cabello, ha invitato l’opposizione ad accompagnare i «deputati rivoluzionari» al palazzo presidenziale di Miraflores, per consegnare la mozione a Maduro, che poi l’ha letta durante il suo programma televisivo “En contacto con Maduro”.

Il parlamento di Caracas respinge  «categoricamente» i «comunicati e dichiarazioni» sulla controversia dell’ Esequibo da parte della Guyana, definendoli «provocazioni», e attacca «la politica de dominazione internazionale» della multinazionale petrolifera ExxonMobil  e degli «Apparati politici degli Usa».

Secondo il Parlamento del Venezuela, forze esterne «Pretendono di violentare la sovranità nazionale e la dignità del popolo venezuelano, utilizzando come mezzo il governo della Guyana recentemente formatosi».

Il riesplodere del conflitto con la Guyana è una manna politica per Maduro, in grandi difficoltà politiche ed economiche, che il 6 luglio aveva già attaccato in Parlamento le decisioni annunciate dalla Guyana ed ordinato all’ambasciatrice a Georgetown, Reina Margarita Arratia, di rientrare a Caracas, di ridurre la presenza diplomatica del Venezuela in Guyana e di rivedere le relazioni bilaterali.

Secondo Maduro i mai risolti conflitti territoriali tra Guyana e Venezuela vengono usati per scatenare conflitti e poi, tanto per mettere pace, ha detto che le dichiarazioni del presidente della Guyana, David Granger «Sono vomitevoli (…) Non possiamo accettare ce ci accusi di essere un popolo aggressore, noi siamo il popolo dei libertadores».

Granger aveva chiesto alla Comunidad del Caribe (Caricom) di condannare «Nei termini più energici» le  «oppressive e sgradevoli» rivendicazioni territoriali del Venezuela sulle acque dell’Oceano Atlantico, al largo del  cosiddetto Territorio del Esequibo. Ma la disputa territoriale riguarda anche un vastissimo territorio della Guyana, infatti Esequibo è anche a terra un’area ricca di minerali e foreste, rivendicato da sempre dal Venezuela, e dove la ExxonMobil ha scoperto un enorme giacimento petrolifero grazie ad una concessione del governo della Guyana.

Un litigio territoriale eterno che nel 2013 portò la Marina de guerra venezolana a sequestrare per un breve periodo la nave  Teknik Perdana, della texana Anadarko Petroleum,  che stava compiendo prospezioni petrolifere sismiche al largo di Esequibo.

Secondo Granger la posizione di Caracas è «Un onere insostenibile per il Paese», perché «Il Venezuela è diventato una scimmia sulla schiena della Guyana» e si tratta di una scimmia davvero ingombrante, visto che il Venezuela è molto più grande, popolato ed armato della Guyana.

Per Maduro le decisioni prese dal governo di Georgetown fanno solo gli interessi degli Stati Uniti e della Exxon Mobil, «che sfrutta le risorse petrolifere della zona, anche se è vietato perché è un territorio contestato», il problema è che il Venezuela bolivarista così rivendica più della metà della Repubblica cooperativa della Guyana.

Maduro ha  denunciato una operazione politica, «che cerca di promuovere l’odio e la diffidenza tra venezuelani e i popoli fratelli dell’America Latina e dei Caraibi», per tentare di scatenare guerre partendo da casi come la disputa su Essequibo. Se è così, a quanto pare il Parlamento venezuelano e Maduro hanno abboccato in pieno alla ghiotta esca del nazionalismo.