Etna, dopo il terremoto è in arrivo lo stato di emergenza

La scossa delle 03.19 di ieri viene infatti descritta dall’Ingv come uno «terremoti più energetici mai registrati sul vulcano»

[27 Dicembre 2018]

Ventotto feriti e 600 sfollati: mentre scriviamo è stabile il bilancio delle conseguenze cui ha portato il terremoto di magnitudo 4.8 registrato nel basso fianco sud-orientale dell’Etna – l’epicentro è stato localizzato 1 km a sud dall’abitato di Lavinaio (CT), alla profondità di circa 1 km sotto il livello del mare –, che alle 03.19 della notte tra il 25 e il 26 dicembre ha portato crolli e paura nel catanese.

L’Osservatorio etneo dell’Ingv – l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – sta continuamente monitorando l’evolversi dei fenomeni in stretto contatto con il tutte le autorità di Protezione civile, e nel mentre il vicepremier Di Maio si è recato stamani a Zafferana Etnea (nella foto, ndr), tra i Comuni maggiormente colpiti dal terremoto, anticipando che «domani sarà convocato il Consiglio dei ministri a Palazzo Chigi e sarà ovviamente dichiarato lo stato di emergenza. Saranno stanziate le risorse necessarie per dare supporto ai sindaci e alle autorità locali per aiutare le famiglie». Una richiesta in tal senso è attesa oggi anche da parte della Regione Siciliana, la cui Giunta regionale si riunirà oggi pomeriggio per dichiarare lo stato di calamità.

«L’Italia – ricorda intanto Francesco Peduto, presidente del Consiglio nazionale dei geologi – si conferma ancora una volta un territorio particolarmente vulnerabile a tutti i georischi, in questo caso con un combinato del rischio sismico e vulcanico, evidenziando ancora una volta che non bisogna abbassare la guardia e perseguire una necessaria prevenzione anche attraverso pianificazioni a lungo termine». È difatti la prevenzione l’arma principe contro i georischi, che trova però purtroppo il nostro Paese in perenne difetto. Eventi come quello di ieri impongono di ricordarcelo.

La scossa delle 03.19 di ieri viene infatti descritta dall’Ingv come uno «terremoti più energetici mai registrati sul vulcano», verosimilmente legato «all’attivazione della faglia Fiandaca e della faglia di Pennisi, due delle strutture più meridionali del sistema tettonico delle Timpe. Il danneggiamento maggiore è infatti distribuito lungo tali strutture vulcano-tettoniche, insieme ai vistosi effetti di fagliazione superficiale associati all’evento sismico. La distribuzione del danneggiamento e l’estensione della fagliazione sono molto simili a quelle riportate dalle fonti storiche per il terremoto dell’8 agosto 1894 (Int. max 8-9 EMS, Mw 4.6), che ha rotto la faglia di Fiandaca per l’intera lunghezza. Altri eventi storici documentati dal catalogo sismico storico sono avvenuti nel 18751907 e 1984, ma furono meno energetici e dovuti all’attivazione di parti della faglia di Fiandaca».

«Il terremoto di questa notte – continua l’Ingv – si è verificato il terzo giorno dall’inizio dell’eruzione vulcanica in atto all’Etna, che sta interessando le porzioni sommitali del vulcano e la valle del Bove». Un fenomeno accompagnato fino a tutt’oggi da un’importante attività deformativa e sismica, che ha generato circa 1.100 terremoti di cui circa 60 superano magnitudo 2.5, anche se l’ultima notte è fortunatamente trascorsa in modo abbastanza tranquillo.

«È opportuno segnalare che il terremoto – sottolineano comunque dall’Ingv – non risulta generato da movimenti di masse magmatiche presenti in area epicentrale, bensì rappresenta, probabilmente, la risposta fragile del fianco orientale del vulcano ad uno stress indotto dal sistema magmatico che in questo momento è sorgente dell’eruzione. Spesso accade, infatti, che l’intrusione di un dicco magmatico trasferisca uno stress alle strutture tettoniche circostanti provocando terremoti anche di elevata magnitudo. L’attuale situazione eruttiva poco si discosta dalla casistica più riconosciuta per le eruzioni effusive etnee, in occasione delle quali un trasferimento di stress dalle masse intruse verso le porzioni più superficiali dei fianchi del vulcano può generare l’innesco di terremoti anche diversi chilometri lontano dai centri eruttivi».