La coraggiosa protesta contro il governo etiope del maratoneta medaglia d’argento a Rio (VIDEO)

Un gesto che potrebbe costare la vita, il carcere o l’esilio a Feyisa Lilesa

[22 Agosto 2016]

La parola “coraggio” è stata usata e abusata troppe volte durante le Olimpiadi di Rio de Janeiro, ma proprio durante la giornata di chiusura il maratoneta etiope Feyisa Lilesa, arrivato secondo, ha dimostrato quanto si può essere coraggiosi e rinunciare per questo a onori, gloria e una rendita in patria. Peccato che quasi nessuno, compresi gli interdetti cronisti italiani, se ne fosse accorto.

Lilesa è arrivato al traguardo dietro il vincitore kenyano portando le braccia sopra la testa incrociate ai polsi e con i pugni chiusi e il significato di questo gesto lo si è capito solo dopo, durante la conferenza stampa del campione etiope.

Dal novembre 2015, il governo etiope egemonizzato dai tigrini  ha ucciso circa 400 persone – ne ha ferito e imprigionate molte di più – che partecipavano alle proteste degli Oromo, il più grande gruppo etnico del Paese, contro gli espropri delle loro terre per costruire la “grande Addis Abeba”,

Human Rights Watch, citando un rapporto che includeva interviste con 125 testimoni, dice che  «Le forze di sicurezza hanno sparato indiscriminatamente sulla folla, hanno ucciso persone durante retate di massa, e hanno torturato i manifestanti detenuti. Dato che gli studenti delle scuole primarie e secondarie in Oromia sono stati tra i primi a manifestare contro il governo, molti degli arrestati o uccisi erano bambini e ragazzi di età inferiore ai 18 anni».

Nei video di quegli scontri con la polizia che circolano su internet è possibile vedere i manifestanti che fanno lo stesso gesto che ha fatto Lilesa alla fine della maratona olimpiaca dove ha conquistato la medaglia d’argento. Un gesto che poi Lilesa ha ripetuto anche sul podio durante la premiazione.

In una conferenza stampa dopo la maratona, Lilesa  ha detto di essere consapevole che con quel gesto clamoroso, non compreso nel resto del mondo ma che deve aver mandato su tutte le furie il regime etiope che ha fatto dei suoi corridori un vanto nazionalistico, ora  rischia la vita: «Stavo protestando per la mia gente – ha detto Lilesa – L’ho fatto per tutti i miei parenti in carcere, mi sono preoccupato di chiedere ai miei parenti di non parlarne in carcere. Se ne  parlano verranno uccisi. Se torno in Etiopia forse mi uccideranno.  Se non verrò ucciso forse mi metteranno in prigione, se non mi metteranno in prigione mi bloccheranno all’aeroporto. Devo prendere una decisione. Forse mi trasferisco in un altro paese».

Secondo il coraggioso maratoneta, in Etiopia negli ultimi 9 mesi sono state uccise dal governo più di un migliaio di persone solo perché protestavano per i loro diritti e la democrazia: «Ll governo etiope ha scacciato le persone dalla loro terra e poi le ha imprigionate o le ha uccise per le proteste. Se si parla di questo è molto pericoloso, quindi un atleta come  può parlare di questo? E’ un cattivo governo. Ora l’America, l’Inghilterra, la Francia supportano questo governo,  quando gli danno questo sostegno  ci acquista le mitragliatrici che  poi uccidono le persone».

E Feyisa Lilesa, con la morte nel cuore, ha deciso di sacrificare quella che probabilmente era la più Gloriosa ed esaltante giornata della sua vita, la sua impresa di uomo e sportivo, alla solidarietà e al ricordo della sua gene assassinata che lotta per difendere terra e diritti. E’ lui la medaglia d’oro olimpica del coraggio.

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