C’è sempre qualcuno più a sud

L’Austria alza un muro sul Brennero: per chi suona la campana?

Incredulità dall’Italia. Il Parlamento Ue riconosce il fallimento del sistema d’asilo

[12 Aprile 2016]

In una “risoluzione non legislativa” approvata oggi con 459 voti favorevoli, 206 voti contrari e 52 astensioni, i deputati del Parlamento europeo riconoscono – si legge esplicitamente in una nota diffusa al termine del voto – il fallimento del sistema esistente di asilo nel far fronte al sempre crescente numero di arrivi di migranti e chiedono una revisione di fondo del cosiddetto sistema di Dublino. Propongono dunque l’istituzione di un sistema centralizzato per la raccolta e l’assegnazione delle domande di asilo. Lo schema, che potrebbe includere una quota per ogni Stato membro dell’UE, dovrebbe funzionare sulla base di “punti di crisi” (hotpost), a partire dai quali dovrebbe aver luogo la distribuzione all’interno dell’Unione.

Come ha sottolineato la co-relatrice Roberta Metsola durante il dibattito in plenaria, «non esiste alcuna soluzione rapida per la migrazione, nessuna bacchetta magica. Non abbiamo bisogno di più soluzioni di emergenza, ma di un approccio sostenibile per il futuro». Ma, proprio mentre l’Europarlamento osserva che l’attuale sistema di asilo non tiene sufficientemente conto della particolare pressione migratoria cui sono sottoposti gli Stati membri situati ai confini esterni dell’Unione, sui quotidiani italiani e austriaci deflagra la notizia di un muro – pardon, di una «rete» – lunga 250 metri a separare il confine tra i due Paesi lungo il Brennero. I controlli, non è ancora chiaro con quali modalità, potrebbero partire già da maggio.

Dalla plenaria di Strasburgo arriva il debole commento del commissario europeo per gli Affari interni, Dimitri Avramopoulos, che si limita ad osservare­: «Quello che sta accadendo al confine tra Italia e Austria non è la soluzione giusta». Concorde il presidente del gruppo dei socialisti e democratici, l’italiano Gianni Pittella: «Siamo arrivati al muro preventivo. Quella dell’Austria è una spallata inutile e negativa contro l’Europa».

Nel frattempo, mentre piovono parole i lavori sul Brennero sono già partiti, stamattina, con le ruspe al lavoro in Austria, subito dopo il confine con l’Italia. «Con i controlli previsti al Brennero – commenta il direttore della Caritas altoatesina, Paolo Valente – si trasferisce semplicemente il problema da un’altra parte. Sono confini tra paesi poveri e paesi ricchi, come a Lampedusa e a Lesbo».

«Il management di confine al Brennero e le nuove misure legislative sul diritto d’asilo non sono auspicabili, ma – si è giustificato con parole vuote il cancelliere austriaco, Werner Faymann – necessari e giusti». Tra poco più di dieci giorni, il prossimo 24 aprile – in Italia la vigilia della Liberazione dall’occupazione nazista – in Austria si vota per individuare il successore dell’attuale presidente della Repubblica, Heinz Fischer. Il clima politico è dunque quanto mai caldo, portato all’ebollizione dall’immigrazione agitata come spauracchio. Il confine con l’Italia, attraverso il quale non passano solo migranti ma anche una fetta importante del commercio transfrontaliero, è stato evidentemente eletto a vittima sacrificale.

Prima di avviare i lavori per la realizzazione della rete, l’Austria non ha contattato nessuna autorità europea – pur facendo di fatto carta straccia del trattato di Schengen –, italiana o dell’Alto Adige (territorio, oggi spiazzato, che da sempre ha costituito un ponte tra le due nazioni) per elaborare accordi preventivi. Anzi. Intervistato dal Corriere della Sera, il sottosegretario all’Interno, Domenico Manzione afferma che il governo italiano con l’Austria ha «siglato un patto tre giorni fa che non prevede la chiusura» del confine: «Abbiamo preso un accordo venerdì scorso. Non può essere saltato. Se lo fosse ci saranno conseguenze». Eppure le ruspe sono già lì, a lavoro sul Brennero, a esprimere molto più chiaramente della diplomazia quanta sia il peso politico internazionale che l’Italia più spendere oggi, già con i suoi più stretti vicini. Di fronte a quella che in altri tempi sarebbe stata individuata come una crisi diplomatica di portata epocale, il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Matteo Renzi, al momento non ha proferito parola. Ieri ha tenuto la sua arringa di fronte a una platea parlamentare deserta: alla Camera è atteso il voto definitivo sulle riforme costituzionali. Si cambia la colonna portante del Paese, ma gestire cosa accade nel cortile di casa è al di fuori della portata.