Senza un cambio tendenza i ghiacciai alpini italiani spariranno del tutto tra soli 35 anni

Giustizia ambientale e cambiamenti climatici: Roma guarda alla Cop di Parigi

Ronchi: «Superare la sindrome del ‘passo del gambero’, una gara a chi resta più indietro»

[9 Settembre 2015]

Quella dei cambiamenti climatici è un’emergenza che riguarda tutti i paesi del mondo, ma l’Italia ne è colpita con più duramente della media mondiale. Nelle sue valutazioni, l’Ispra prevede che – se non agiamo – da qui a 100 anni subiremo estati più calde fino a 7 °C, un balzo enorme i cui primi effetti sono già ben visibili. «In 50 anni abbiamo perso una superficie di ghiacciai alpini equivalente a quella di tutta la città di Milano – ha ricordato Silvio Seno, dell’università di Pavia, presentando alla stampa estera i geo-eventi del nord Italia in programma durante la Settimana del Pianeta Terra, dal 18 al 25 ottobre – Entro il 2050 i ghiacciai alpini scompariranno qualora non dovesse cambiare la tendenza».

L’appuntamento centrale per la lotta globale ai cambiamenti climatici rimane quello della Cop 21 di Parigi, ormai vicinissima, e a scaldarsi è anche il dibattito in corso sul clima. Per due giorni la città di Roma ne diventerà la capitale mondiale: è in programma il 10 e l’11 settembre nell’Istituto Patristico Augustinianum il meeting internazionale “Giustizia ambientale e cambiamenti climatici – Verso Parigi 2015”, promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, con il patrocinio del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, e in collaborazione con Poste Italiane. All’evento, che è stato presentato oggi nel corso di una conferenza stampa nella sede di Radio Vaticana, prenderanno parte alcuni dei più importanti esperti mondiali del settore come Achim Steiner (direttore esecutivo Unep), Nicholas Stern (presidente Grantham Research Institute), Jeffrey Sachs (direttore Earth institute – Columbia university), Ismail A. R. Elgizouli (Acting chair Ipcc) e Gian Luca Galletti (ministro dell’Ambiente). I lavori si concluderanno l’11 settembre con l’Udienza di Papa Francesco dedicata al tema della crisi climatica, che potrà essere seguita sul sito www.versoparigi2015.it.

«La questione dell’equità nella distribuzione dello sforzo necessario per contrastare i cambiamenti climatici – ha spiegato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – sarà al centro del negoziato di Parigi. Tale equità potrà essere perseguita su un percorso che porti tutti a convergere verso un medesimo livello sostenibile di emissioni pro-capite, compatibile con il non superamento dei 2°C. Servono quindi target coerenti, legalmente vincolanti e periodicamente verificabili. Questo percorso dovrebbe essere supportato con alcune misure chiave: il divieto di costruzione di nuove centrali a carbone, almeno per i paesi a più alte emissioni pro-capite, e di nuove perforazioni petrolifere in zone ecologicamente delicate; l’eliminazione entro il 2020 dei sussidi ai combustibili fossili (510 miliardi di $ nel 2014) e l’introduzione di una carbon tax; il rafforzamento delle politiche e misure di risparmio energetico in tutti i settori; la promozione dello sviluppo delle fonti rinnovabili, spingendo almeno i paesi principali emettitori ad assumere target specifici al 2030; l’intervento sulla mobilità e i trasporti, riducendo la crescita della domanda di mobilità veicolare privata e puntando su modalità di trasporto più sostenibili».

I cambiamenti climatici possono dunque ancora essere evitati nella loro forma più estrema (anche se una certa dose di resilienza è già necessaria, e lo sarà sempre di più), a patto di un’azione rapida e incisiva. L’ostacolo maggiore da superare, come sappiamo, non è di natura tecnologica o economica; un esempio sono i risparmi derivanti dall’abbattimento dei sussidi ai combustibili fossili, già citati da Ronchi, e che per l’Italia si stima valgano 17,5 miliardi di euro l’anno. Per non parlare dei 242 miliardi di euro per danni da terremoti, frane e alluvioni spesi nel nostro Paese dal 1944 ad oggi, che calerebbero drasticamente investendo in prevenzione.

Lo sforzo necessario a tutela di un clima favorevole allo sviluppo umano, in definitiva, rimane dunque politico. «La crisi climatica – ha concluso Ronchi – può ancora essere vinta, a patto che si superi la sindrome del ‘passo del gambero’, una gara a chi resta più indietro, pensando di poter sfruttare i benefici della riduzione delle emissioni di gas serra, realizzate però da altri».