Nel mentre sale la ricchezza netta delle famiglie, a quota 671 miliardi di euro

Bankitalia, in Toscana c’è sempre meno lavoro per i giovani

Meno occupati, e anche meno laureati. Aumentano i lavoratori over 55

[14 Giugno 2016]

È una fotografia in chiaroscuro quella scattata da Bankitalia nell’ultimo rapporto annuale “L’economia della Toscana”, e che certamente non sorride ai più giovani. Secondo i dati presentati ieri all’università di Firenze, nel 2015 l’occupazione in Toscana è aumentata dell’1,5% (+22.700 unità), ma l’offerta di lavoro è cresciuta molto meno, dello 0,4%. Come mai? «Al contributo negativo delle classi di età 15-24 e 25-34 anni – spiega la Banca d’Italia – si è contrapposto quello positivo delle altre, principalmente degli over 55».

Complessivamente, nell’ultimo anno il tasso di occupazione è aumentato di un punto percentuale, al 64,8% – una media tra il 58,5% dell’occupazione femminile e il 71,2% di quella maschile –, con il contributo della popolazione al di sopra dei 55 anni che si mantiene positivo per il prolungamento della vita lavorativa. È tornato positivo anche quello della classe 35-54, mentre «permane negativo quello degli individui nelle fasce di età più giovani».

Nel dettaglio, all’interno della fascia d’età 15-34 anni «la riduzione di due punti percentuali del tasso di disoccupazione (al 17,4 per cento) è ascrivibile al calo della partecipazione al mercato del lavoro. Il tasso di attività è sceso di due punti, quello di occupazione di mezzo punto». A risentire della crisi in modo «intenso» è anche il numero delle immatricolazioni, che in Toscana tra il 2007 e il 2014  sono diminuite nei 18-20enni del 6,3%.

Eppure, l’economia Toscana non va certo peggio della media nazionale. «Nelle opinioni degli agenti economici, nei primi mesi del 2016 sono proseguiti i segnali positivi», e nel  Pil regionale «è salito poco meno di un punto percentuale, in linea con l’andamento nazionale» che ha segnato un +0,8%, anche se rispetto al livello pre-crisi rimane ancora un pesante -6% a marcare le distanze.

Segnali moderatamente positivi sono arrivati, nonostante tutto, dall’industria. La produzione manifatturiera nel 2015 ha segnato un +0,9%, il valore aggiunto +1,4% rispetto al 2014 (quello dei servizi, solo dello 0,4%). È proseguita la ripresa degli investimenti delle imprese industriali, con «segnali positivi in particolare dal sistema della moda, dalla chimica, dal comparto metalmeccanico» e anche – nonostante la cronaca che le vuole spesso nell’occhio del ciclone – dalle «public utilities».

L’andamento congiunturale del settore manifatturiero, spiegano da Bankitalia, ha beneficiato «del recupero della domanda interna, in particolare dei consumi delle famiglie, sostenuti dal miglioramento nel mercato del lavoro», ma i numeri sopra riportati lasciano ancora forti dubbi sulla capacità del sistema toscano di creare nuova ricchezza e soprattutto di riuscire a distribuirla in modo equo.

Come hanno reso noto ricercatori proprio della Banca d’Italia nei mesi scorsi, a Firenze la condizione socioeconomica dei cittadini di oggi è ancora (troppo) strettamente legata a quella degli avi che abitavano la città già ai tempi del Rinascimento. Chi nel 1427 era ricco, con alta probabilità lo è anche ora, a 600 anni di distanza. Tracce ben più recenti non lasciano intravedere cambi di rotta nella mobilità sociale.

Secondo i dati Bankitalia negli ultimi dieci anni, attraversati per buona parte dalla crisi economica, la ricchezza netta totale delle famiglie toscane è aumentata del 7,1% (contro il 14,2% nazionale), ed ammontava a fine 2014 a circa 671 miliardi di euro correnti, nove volte tanto il reddito disponibile, «un rapporto sostanzialmente stabile dalla metà del decennio scorso e pressoché in linea con la media italiana».

Gran parte di questa ricchezza risiede nelle case, con la componente abitativa delle famiglie toscane che rappresentava circa l’85% della ricchezza reale, il resto è composto da attività finanziarie. Il rapporto di Bankitalia non si sofferma sulla distribuzione di questa ricchezza (il dato offerto è il “trilussiano” procapite, 179mila euro), ma la situazione nota a livello nazionale – anche per quanto riguarda i redditi – suggerirebbe la necessità di ulteriori indagini.

Quel che è certo è che senza ritrovare la capacità di creare valore, e di far partecipare a questo processo le generazioni più giovani, per la Toscana tutta si delineerà un futuro di triste declino. Una prospettiva cui non possiamo rassegnarci, e che vede lo sviluppo sostenibile – ovvero per sua natura capace di durare nel tempo – l’unica strada percorribile. I segnali che arrivano dal mondo dell’industria individuano un settore su cui ancora conviene puntare, e rilanciare attraverso processi di riconversione ecologica. Un lavoro minimo per tutti rimane la bussola da seguire ma, per quanti dovessero rimanere indietro, la proposta di un reddito minimocara proprio al presidente della Regione, Enrico Rossi – è una soluzione che acquista sempre maggiore pregnanza. Si attendono ancora i prossimi passi, dalla teoria alla pratica.