Bastano 15 giorni di dieta bio per eliminare insetticidi e glifosato dalle urine

Valentini: la proroga Ue sul glifosato ostacola sviluppo dell’agricoltura di qualità

[30 Novembre 2017]

Cambia la terra – No ai pesticidi, sì al biologico, il progetto di informazione e sensibilizzazione di Federbio con Isde – Medici per l’ambiente, Legambiente, Lipu e Wwf, ha presentato i risultati della  campagna web #ipesticididentrodinoi e i risultati della analisi delle urine della famiglia D.  dopo due settimane di dieta bio e quel che è emerso è che «Bastano due settimane di una dieta a zero pesticidi per abbattere e in alcuni casi azzerare il contenuto di inquinanti nelle urine di una famiglia italiana. Madre, padre, due bambini di 7 e 9 anni: per tutti loro, per quasi tutte le sostanze chimiche analizzate, si passa da livelli di contaminazione alti a quantità molto basse e spesso sotto i limiti di rilevabilità.  La “decontaminazione” ha funzionato per alcuni degli insetticidi più utilizzati dall’agricoltura convenzionale (clorpirifos e piretroidi) e per il glifosato, l’erbicida contro cui si è mobilitata l’opinione pubblica e una parte della ricerca a livello europeo e non solo».

A Cambia la terra spiegano che «In complesso, su 16 analisi delle urine (quattro per ognuno dei membri della famiglia), ben 13 hanno dato risultati estremamente positivi, con significative differenze tra prima e dopo la dieta, e solo in un due casi non si sono registrati miglioramenti. In altre parole la dieta bio ha avuto effetto su oltre l’80% delle analisi effettuate. Un’indicazione importante del fatto che la chimica contenuta negli alimenti da agricoltura convenzionale – anche in presenza di cibi che rispettano le soglie stabilite di fitofarmaci, come capita nella maggior parte dei prodotti consumati in Italia – rimane e si accumula nel nostro corpo, con conseguenze che ancora non sono state totalmente studiate e comprese».

I risultati delle analisi, elaborate dal Medizinisches Labor Bremen – MLHB, hanno dato risultati indiscutibili: «L’insetticida clorpirifos, ad esempio, prima della dieta era presente nelle urine del bambino più piccolo con oltre 5 microgrammi per grammo di creatinina, un valore più di tre volte maggiore della media di riferimento (*) che è 1,5 (microgrammi/g). Dopo quindici giorni di dieta biologica la concentrazione dell’inquinante è scesa a un valore di 1,8 microgrammi. Mentre nelle analisi del padre, Giorgio, la stessa sostanza – che era oltre tre volte la media di riferimento per la popolazione adulta– non è più rilevabile dopo la dieta.

Per il glifosato, dopo la dieta tutti i valori sono sotto la soglia di rilevabilità. In Giorgio raggiungeva concentrazioni pari a più del doppio della media della popolazione di riferimento (+116%): dopo 15 giorni di cibi senza chimica, le tracce di erbicida non ci sono più. E lo stesso è successo ai bambini. Prima dei 15 giorni, il più piccolo era a quota 0,19 microgrammi di glifosato per litro e la più grande a 0,16 rispetto a una media, per la popolazione di riferimento, di 0,12 microgrammi/litro: ora i residui di erbicida sono assenti.

Più complesse le analisi per rilevare, prima e dopo, la presenza di piretroidi. Per farlo, occorre analizzare le molecole che l’organismo stesso produce degradando le sostanze chimiche. I due metaboliti “sentinella” si chiamano Cl2CA e m-PBA. Per tutte e due le sostanze, le analisi della famiglia mostrano una diminuzione importantissima degli inquinanti: solo per Marta il valore rimane appena sopra la soglia di rilevabilità».

Maria Grazia Mammuccini, dellufficio di presidenza di FederBio e portavoce della campagna #StopGlifosato, evidenzia che «L’iniziativa che abbiamo condotto ci spinge a una seria riflessione sul fatto che se cerchiamo ‘i pesticidi dentro di noi’ è molto probabile che li troviamo. Ma su questo non ci sono monitoraggi su ampia scala: è incredibile che ancora oggi ci si ponga in maniera molto vaga il tema dell’effetto dei pesticidi all’interno del nostro organismo. Misurare i livelli di inquinamento da fitofarmaci sui prodotti alimentari è il primo passo. Ma serve approfondire la conoscenza degli effetti che diverse e numerose sostanze hanno sulla nostra salute. Serve più ricerca, e soprattutto più ricerca indipendente dagli interessi economici, come ha dimostrato la stessa vicenda del glifosato».

Paolo Carnemolla, presidente di FederBio, ricorda che «Ci sono già state esperienze simili alla nostra in altri paesi europei: in questo come negli altri casi i risultati delle analisi prima e dopo la dieta provano che il biologico è una risposta più che valida alla chimica nel piatto. Due sole settimane sono bastate a cambiare significativamente la quantità di pesticidi rilevabili. Il biologico si conferma come l’unica strada per evitare i rischi chimici che sono associati direttamente al consumo alimentare, oltre che per garantire un ambiente sano per tutti».

Daniela Sciarra, responsabile filiere e politiche agroalimentari di Legambiente, conclude: «I dati presentati oggi sulla campagna #IPesticididentrodinoi  indicano che la dieta bio può abbattere i pesticidi nel corpo. Come evidenziamo ormai da tempo nel dossier Stop Pesticidi, l’uso dei prodotti chimici per l’agricoltura in Italia rimane significativo e il problema dell’esposizione a pesticidi e il multiresiduo rappresentano aspetti da mettere a fuoco sul piano scientifico e normativo. Oggi le alternative all’uso massiccio dei pesticidi ci sono e devono essere sostenute. La crescita esponenziale dell’agricoltura biologica e delle pratiche agronomiche sostenibili stanno dando già un contributo importante alla riduzione dei fitofarmaci e al ripristino della biodiversità e alla salute dei suolo; ma in questa partita un ruolo fondamentale lo gioca anche la Politica Agricola Comune (PAC) che deve incoraggiare la diffusione e la conoscenza di queste pratiche agronomiche, che sostituiscono l’intervento chimico con l’utilizzo dei meccanismi naturali, mettendo definitivamente al centro la salute dell’ambente e dei cittadini e la crescita un’agricoltura agro ecologica».

Intanto continua a far discutere la proroga di 5 anni per il glifodsato concessa a maggioranza qualificata dai Paesi Ue e Riccardo Valentini, del Centro euromediterraneo per i cambiamenti climatici  –  uno degli  scienziati più influenti del mondo secondo la classifica dall’agenzia Thomson Reuters – intervenendo a un   convegno organizzato da Greenaccord e dall’Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio, ha detto che «La decisione dell’Unione europea di autorizzare l’utilizzo del glifosato per altri cinque anni si rivelerà un boomerang perché rallenterà la diffusione di un’agricoltura di qualità, non più dipendente dall’abuso di fertilizzanti e altri prodotti chimici. E questo sarà un problema anche dal punto di vista della lotta ai cambiamenti climatici. Al di là del dibattito sulle evidenze scientifiche sui danni che il controverso fertilizzante produrrebbe, la sua proroga è di fatto un incentivo a rinviare l’adozione di nuovi modelli agricoli, più sostenibili e più attenti a salute e ambiente. Il rischio è che questo si traduca in un indiretto favore al climate change e conduca in direzione opposta a quanto promesso con l’Accordo sul clima di Parigi. L’agricoltura rappresenta attualmente circa il 20% delle emissioni globali. È infatti il terzo settore per impatto, subito dopo quelli dell’energia e dei trasporti. Solo l’agricoltura di qualità può dare un contributo importante alla riduzione delle emissioni».