Corte dei Conti Ue, stiamo perdendo la lotta contro l’eutrofizzazione nel Mar Baltico

Occorrono ulteriori e più efficaci interventi a contrasto del fenomeno

[13 Aprile 2016]

Per limitare e ridurre l’inquinamento da sostanze eutrofizzanti nel Mar Baltico occorre fare di più: è quanto emerge dalla relazione speciale della Corte dei Conti Ue, appena pubblicata nel merito. La Corte ha sottolineato come i piani degli Stati membri mancano di ambizione e di indicatori adeguati; come gli investimenti europei a favore delle infrastrutture per le acque reflue sono stati solo in parte efficaci, e come le misure agricole non sono commensurate alla dimensione del problema. Per cui la Corte ha formulato una serie di raccomandazioni rivolte sia agli Stati membri sia alla Commissione.

Dato che il settore agricolo è quello che inquina di più il Baltico, agli Stati membri raccomanda di applicare i regimi agroambientali ad aree nelle quali il loro impatto sulla riduzione del carico di nutrienti è massimo e per i programmi d’azione relativi ai nitrati, raccomanda di stabilire requisiti sulla base dei più recenti studi. Inoltre consiglia di pianificare e costruire le proprie infrastrutture per le acque reflue nel modo più efficiente possibile.

Alla Commissione invece raccomanda di imporre agli Stati membri di designare le zone vulnerabili ai nitrati in modo appropriato; di ridurre il tempo necessario a valutare la conformità alla direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane. E visto che i progetti cofinanziati dall’Ue in Russia e in Bielorussia appaiono essere efficienti in termini di rapporto benefici/costi, raccomanda alla Commissione di promuovere i progetti volti a ridurre i carichi di nutrienti provenienti dalla Russia e dalla Bielorussia che confluiscono nel Mar Baltico.

Il Mar Baltico – su cui si affacciano otto Stati membri dell’Ue (Danimarca, Germania, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Finlandia e Svezia), la Russia e la Bielorussia – è uno dei mari più inquinati al mondo e l’eutrofizzazione è considerata il suo più grande problema. L’eutrofizzazione è un processo che si verifica quando un carico eccessivo di nutrienti penetra in un corpo idrico. E’ dovuto al dilavamento dei fertilizzanti usati nella coltivazione delle terre circostanti o all’inquinamento organico prodotto dalle attività umane o a prodotti di scarico industriali. E comporta una proliferazione di alghe intensa e potenzialmente tossica. Poiché il Mar Baltico è collegato agli oceani tramite canali stretti e poco profondi, la stessa acqua può rimanere nel Baltico per un periodo che può giungere sino a 30 anni. Ciò facilita l’accumulo di azoto e fosforo, causando potenzialmente problemi di salute per l’uomo, i pesci e gli altri animali, oltre a danneggiare i laghi, i fiumi, i bacini idrografici, i torrenti e le aree umide.

La qualità delle acque marine dell’Ue è disciplinata dalla direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino del 2008 , il cui obiettivo è garantire che le acque marine raggiungano il buono stato ecologico entro il 2020. L’attuazione della direttiva è ancora in una fase iniziale: gli Stati membri erano tenuti a riferire alla Commissione, entro ottobre 2012, sulla propria determinazione di «buono stato ecologico» per le acque marine, sulla base dei descrittori proposti dalla direttiva (uno dei quali è l’eutrofizzazione), di una valutazione iniziale dello stato delle rispettive acque marine e dei rispettivi valori-obiettivo ambientali e pertinenti indicatori.

Agli Stati membri è stato dapprima chiesto di elaborare piani di gestione dei bacini idrografici entro dicembre 2009, identificando i corpi idrici che rischiano di non raggiungere tale obiettivo entro il 2015, nonché specificando le pressioni più significative cui tali corpi idrici sono sottoposti. Analogamente alla direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino, questi piani di gestione dei bacini idrografici includono un programma di misure per contribuire al conseguimento degli obiettivi dalla direttiva quadro in materia di acque.

Questi programmi devono includere, come minimo, le altre misure rese obbligatorie dalla direttiva quadro in materia di acque (ed in particolare misure per controllare le fonti diffuse di inquinamento), nonché le misure necessarie per una piena attuazione delle direttive già esistenti volte a preservare la qualità dell’acqua. Ossia la direttiva del 1991 sul trattamento delle acque reflue urbane per quanto riguarda la raccolta e il trattamento delle acque reflue dagli agglomerati e la direttiva Nitrati del 1991 per quanto riguarda l’adozione di misure tese a garantire che gli agricoltori nelle aree agricole che provocano o rischiano di provocare l’inquinamento idrico da nitrati rispettino i requisiti minimi concernenti l’uso di fertilizzanti azotati.

Comunque sia, tra il 2007 e il 2013, l’Ue ha contribuito ai progetti di raccolta e trattamento delle acque reflue in cinque Stati membri con 4,6 miliardi di euro. A questi si sono aggiunti ulteriori 9,9 miliardi di euro che l’Ue ha speso per le misure di sviluppo rurale, inclusa la tutela delle acque di tutti gli otto Stati membri dell’Ue che si affacciano sul Mar Baltico. In aggiunta, dal 2001 al 2014 l’Ue ha cofinanziato progetti del valore di quasi 50 milioni di euro in Russia e Bielorussia per migliorare la qualità delle acque.

Però, nonostante gli ingenti fondi Ue destinati a progetti per il trattamento delle acque reflue urbane, l’attuazione della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane ha subito ritardi e la Commissione europea non ha monitorato tale attuazione in modo tempestivo. Ciononostante, i carichi di nutrienti provenienti dalle aree urbane sono stati ridotti.