Emissioni di gas serra: la Cina inverte i flussi

A causa del rapido sviluppo del commercio sud-sud, la Cina esporta meno emissioni negli Usa e nell’Ue

[24 Novembre 2017]

Secondo lo studio  “Chinese CO2 emission flows have reversed since the global financial crisis”,  pubblicato su Nature Communications da un team di ricercatori cinessi delle università dell’East Anglia (Uea), Maryland, Anhui e del Beijing Institute of Technology e che studia i flussi di carbonio prodotti dai  recenti cambiamenti nei modelli di sviluppo economico della Cina e il suo ruolo nel commercio internazionale dopo la crisi finanziaria globale, «I flussi di emissione sono cambiati notevolmente sia nel commercio interno che in quello estero. Alcune regioni economicamente meno sviluppate, come la Cina sud-occidentale e nord-orientale, sono passate da essere esportatrici nette di emissioni a importatrici nette di emissioni. Ciò è dovuto principalmente alla rapida crescita dei consumi nella Cina occidentale e ai cambiamenti nella struttura produttiva».

Paer quanto riguarda ii commercio estero, anche il ruolo della Cina nelle catene di approvvigionamento globali sta subendo un importante cambiamento strutturale: «Le emissioni rappresentate nelle esportazioni cinesi sono diminuite dal 2007 al 2012, il periodo studiato, principalmente a causa di cambiamenti nella struttura produttiva e dei guadagni in efficienza – dicono al Tyndall centre for climate change research dell’Uea –  mentre le destinazioni delle sue esportazioni si sono spostate dai Paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo. Ad esempio, le emissioni rappresentate dalle esportazioni verso il Nord America e l’Europa occidentale sono diminuite rispettivamente del 20 e del 16%, mentre quelle delle esportazioni verso l’America Latina e i Caraibi sono aumentate del 33%».

I ricercatori cinesi chiedono che «venga prestata maggiore attenzione alle emissioni derivanti dall’aumento degli scambi tra Paesi in via di sviluppo, in gran parte a causa del rapido sviluppo del commercio sud-sud – commercio con e tra Paesi in via di sviluppo – che ha visto crescere la quota delle economie in via di sviluppo nel commercio internazionale».

Il principale autore dello studio, Zhifu Mi, che fino a poco tempo fa era alla School of international development dell’Uea e ora lavora per University College London, spiega che «modelli di emissioni rappresentati nel commercio interno ed estero della Cina sono stati cambiati dalla recessione economica ma i flussi interregionali di emissioni di carbonio in Cina e a livello internazionale nell’era della crisi post-finanziaria non sono stati analizzati a fondo. Questo studio mostra questi nuovi modelli di flusso del carbonio in Cina e analizza i driver interni, oltre a indagare sul nuovo ruolo della Cina nel commercio globale, come riflesso dai flussi di emissioni di carbonio così come rappresentati tra i Paesi».

Quello che emerge è che «In Cina, grandi quantità di emissioni di CO2 legate a beni e servizi consumati nelle province costiere orientali più ricche vengono importate dalle province più povere della Cina centrale e occidentale. Nel 2012, circa il 50% delle emissioni di CO2 in Cina sono state emesse durante la produzione di beni e servizi che alla fine sono stati consumati in province della Cina diverse o all’estero».

Un altro autore dello studio,  Dabo Guan, che insegna economia dei cambiamenti climatici alla School of international development  e ricercatore al Tyndall centre, sottolinea che «I grandi squilibri nelle emissioni di CO2 presenti nel commercio interno riflettono le discrepanze nei livelli di sviluppo economico tra le province.

I flussi netti delle emissioni dalle regioni occidentali alle regioni orientali della Cina potrebbero ulteriormente ridursi a causa della più rapida crescita economica nelle regioni occidentali. La Cina sta lottando per bilanciare lo sviluppo economico tra le province e per restringere il divario tra est e ovest».

La crisi finanziaria ha rallentato la crescita dell’’economia globale ma, nonostante questo, nel periodo 2010 – 2012, più della metà delle emissioni provenienti dalle esportazioni cinesi è derivata dalla crescita del commercio estero verso i Paesi in via di sviluppo. Prima di allora, le esportazioni cinesi erano fortemente dipendenti dalla domanda di importazioni dalle economie sviluppate, in particolare dagli Stati Uniti e dai mercati europei.

Gli autori dello studio sostengono che «La recente traiettoria implica che le destinazioni delle emissioni delle esportazioni estere della Cina si sposteranno ulteriormente dai Paesi sviluppati ai Paesi in via di sviluppo a causa del suo ruolo in evoluzione nel commercio globale.Il crescente volume di scambi della Cina con altri Paesi in via di sviluppo contribuisce notevolmente allo sviluppo del commercio sud-sud. La Cina ha aumentato i suoi investimenti nelle economie emergenti, ad esempio in Africa, e sta promuovendo il commercio con i Paesi in via di sviluppo. Pertanto, le emissioni delle esportazioni cinesi verso queste economie aumenteranno ulteriormente».

Guan  conclude: «A causa dei grandi flussi di emissioni nette dai Paesi in via di sviluppo verso i Paesi sviluppati, negli ultimi anni, molti ricercatori hanno proposto di applicare una contabilità basata sul consumo per riassegnare le responsabilità di mitigare i cambiamenti climatici. La Cina ha un contributo predominante in questi flussi netti di emissioni, ma le emissioni incorporate nelle esportazioni verso i Paesi sviluppati sono diminuite. e politiche che affrontano la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo sono meno rilevanti. L’esternalizzazione delle emissioni di carbonio è un problema globale non solo tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo, ma sempre più tra Paesi in via di sviluppo. A causa del rapido sviluppo del commercio sud-sud, dobbiamo prestare maggiore attenzione ai trasferimenti delle emissioni di CO2 tra i Paesi in via di sviluppo».