Ex Ilva di Taranto, a che punto siamo con bonifiche e Viias?

Ciafani (Legambiente): «Noi pensiamo che il futuro dell’acciaio sia in una produzione totalmente "decarbonizzata", ma passeranno anni. Occorre lavorare per costruire questo futuro e fare in modo che gli anni che ci separano da esso non siano segnati da danni inaccettabili»

[9 Maggio 2019]

In un momento di tensione sul mercato siderurgico internazionale – con ArcelorMittal che ha annunciato nei giorni scorsi un taglio alla produzione di acciaio in Europa pari a 3 milioni di tonnellate – è fondamentale non abbassare la guardia sul fronte ambientale. Per questo Legambiente è tornata alla carica con un “dossier Taranto”, incentrato sulle criticità che rimangono aperte nella città pugliese che ospita la più grande acciaieria d’Europa, l’ex Ilva oggi di proprietà ArcelorMittal.

«Taranto è stanca di attendere. Al Governo Conte – dichiara il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani –  chiediamo di rendere obbligatoria, prima del prossimo incontro del 24 giugno a Taranto, la Viias (la Valutazione preventiva dell’impatto ambientale e sanitario) per il polo siderurgico. Al di là dell’eventuale decreto interministeriale annunciato, che resta un provvedimento amministrativo, ci sono tutti i presupposti di necessità e urgenza che giustifichino l’emanazione, da parte del Governo, di un decreto legge. Nei giorni scorsi la città ha urlato la sua rabbia, il suo dolore, la sua angoscia insieme a tanti cittadini e bambini del quartiere Tamburi. E tornerà a farlo: perché non si può chiedere a nessuno di attendere in silenzio che, a posteriori, vengano confermati anche per il Piano ambientale targato Arcelor Mittal, i rischi per la salute evidenziati da Arpa ed Ares Puglia e dalla Asl di Taranto nella Valutazione preventiva del danno sanitario effettuata prendendo a riferimento una produzione di otto milioni di tonnellate annue di acciaio ottenuta dal solo ciclo integrale ad A.I.A. del 2012 completamente attuata. Una valutazione che nessuno ha mai confutato, rispetto alla quale continuano a non essere fornite indicazioni concrete su come quei rischi possano essere scongiurati, riferita ad un’A.I.A. sovrapponibile per molti elementi a quanto previsto dall’attuale Piano ambientale».

Altro tasto dolente è legato alle bonifiche delle aree contaminate e alla depurazione. Eppure le risorse – notano da Legambiente – non mancano: ammonta a circa 800 milioni di euro la somma riveniente dalla transazione con la famiglia Riva destinata alla bonifica. Il 6 marzo 2019 i Commissari straordinari (nominati a gennaio 2015, e attesi da un cambio nomine il 1 giugno) sono stati protagonisti di una audizione alla Camera dei Deputati in cui, rispetto agli interventi di bonifica da effettuare hanno fornito solo alcune generiche indicazioni. Legambiente chiede che si proceda rapidamente e che i nuovi commissari forniscano al più presto una informazione puntuale e dettagliata sull’utilizzo delle risorse di cui sono in possesso unita ad un preciso cronoprogramma degli interventi di bonifica da effettuare.

Serve anche una decisa accelerazione sugli interventi di bonifica del Mar piccolo. Gravato dai veleni riversati negli anni dall’Arsenale Militare, dagli ex Cantieri Navali di Fincantieri e dal siderurgico, il Mar Piccolo è stato inserito sin dal 1990 nelle aree a elevato rischio ambientale e dal 1998 è tra i Siti di Interesse nazionale (SIN). Per la sua bonifica erano stati stanziati 119 milioni di euro. Il primo commissario straordinario alla bonifica di Taranto, l’ingegner Alfio Pini, fu nominato a gennaio 2013. L’attuale commissario, la dottoressa Vera Corbelli, è stata nominata a luglio del 2014. Sei anni di commissariamento e la bonifica del mar Piccolo continua a essere in alto mare.

«La città di Taranto e l’Italia –  aggiunge Ciafani – hanno bisogno di soluzioni innovative e coraggiose, in grado di coniugare la tutela dell’ambiente, la qualità della vita, la salute dei cittadini e il diritto al lavoro. Noi pensiamo che il futuro dell’acciaio sia in una produzione totalmente “decarbonizzata”, capace di abbattere le emissioni inquinanti, ma passeranno anni, prima che questo diventi realtà (il recente report Commissionato dalla European climate foundation e condotto da Material Economics con il supporto di prestigiosi istituti come l’Università di Cambridge sulla decarbonizzazione dell’industria pesante europea si pone come orizzonte il 2050, ad esempio, ndr). Occorre lavorare per costruire questo futuro e preoccuparci di fare in modo che gli anni che ci separano da esso non siano segnati da danni inaccettabili, da dolori e sofferenze che sarebbe stato possibile evitare».