Fuga mortale di gas tossici in India, esperto Onu: un cupo risveglio per l’industria chimica globale

12 morti e migliaia di intossicati. Tuncak: «In tutto il mondo dei disastri chimici, delle mini-Bhopal, continuano ad avvenire con una scioccante regolarità»

[15 Maggio 2020]

Secondo Baskut Tuncak , relatore speciale dell’Onu sulle sostanze e i rifiuti pericolosi, la micidiale fuga di gas tossici che il 7 maggio ha fatto 12 vittime, tra cui due anziani e una bambina di 8 anni, e a ha intossicato 5.000 persone, più di mille delle quali gravemente, nei dintorni di Visakhapatnam, nello Stato dell’Andhra Pradesh, nell’India sud-orientale, «E’ un cupo campanello d’allarme per l’industria chimica perché riconosca e adempia la sua responsabilità di rispettare i diritti umani».

Il grave incidente, con la fuoriuscita mortale di stirene, si è verificato nell’impianto chimico per la produzione di polimeri di Visakhapatnam della multinazionale sudcoreana LG. Lo stirene viene utilizzato per produrre materie plastiche, ma è noto per causare cancro e danni neurologici e all’apparato riproduttivo. I suoi impatti possono passare inosservati per anni dopo l’esposizione. Gli effetti della fuga di gas tossici si sono fatti sentire nel raggio di Km e anche a Santhoshnagar e nei dintorni – a 2 km dall’impianto – sono stati segnalati problemi di respirazione, vomito, svenimenti ed eruzioni cutanee.

L’ONG indiana Next IAS sottolinea che «Non è chiaro se i decessi siano dovuti all’esposizione diretta al gas stirene o ad uno dei suoi sottoprodotti. Secondo LG Polymers, un ristagno e le variazioni di temperatura all’interno del serbatoio di stoccaggio avrebbero potuto comportare una polimerizzazione automatica e potrebbero aver causato la vaporizzazione». Next IAS spiega che lo stirene «E’ principalmente un prodotto chimico sintetico e noto anche come vinil benzene, etilbenzene, cinnamene o feniletilene, è un derivato del benzene. Viene conservato in forma liquida a scopo commerciale a una temperatura inferiore ai 20° C, altrimenti evapora facilmente. Il prodotto chimico può essere trovato nell’aria, nell’acqua e nel suolo una volta rilasciato nell’ambiente. Si trova anche nei funi di scarico dei veicoli, nel fumo di sigaretta e negli alimenti naturali come la frutta. Può penetrare nel corpo umano attraverso la respirazione, il cibo e il contatto attraverso la pelle».

Tuncak  ha fatto notare che «Quest’ultimo disastro ha giustamente tracciato parallelismi con la fuga di gas tossici che ha ucciso migliaia di persone a Bhopal, in India, nel 1984. Illustra anche la gamma di violazioni dei diritti umani causate dal nostro consumo e produzione dilaganti di materie plastiche. Accolgo con favore l’avvio di un’inchiesta e le possibili accuse di omicidio».

L’esperto Onu  ha ricordato che «Gli incidenti di Visakhapatnam e Bhopal hanno coinvolto entrambi compagnie multinazionali :LG Chem, con sede nella Repubblica di Corea, più spesso conosciuta come Corea del Sud, e Union Carbide degli Stati Uniti, nel caso di Bhopal. E’ ancora un altro promemoria che in tutto il mondo dei disastri chimici, delle mini-Bhopal continuano ad avvenire con una scioccante regolarità».

La LG Chem ha inviato un team di 8 persone in India per indagare sulla fuga di gas. L’impianto di Visakhapatnam utilizzava monomero di stirene per produrre prodotti in polistirene che sarebbero diventati articoli di consumo come tazze, posate e pale per i ventilatori elettrici.

Tuncak ha ricordato il suo appello, lanciato l’anno scorso in occasione del 35esimo anniversario della catastrofe di Bhopal «affinché l’industria attui la dovuta diligenza in materia di diritti umani» e ha esortato le autorità pubbliche ad essere completamente trasparenti e garantire che i responsabili siano ritenuti colpevoli».

L’esperto è preoccupato soprattutto perché alle vittime esposte alle conseguenze di questi incidenti chimici – spesso poverissime –  che sviluppano malattie o disabilità in età avanzata non vengono offerti risarcimenti e cure efficaci: «Esorto le autorità indiane e sudcoreane, e le imprese implicate, a evitare gli stessi errori e abusi delle procedure giudiziarie che hanno negato la giustizia alle vittime del disastro di Bhopal, che continuano a soffrire ancora oggi».

Dopo il disastro di Bhopal,  nel tentativo di prevenire ulteriori violazioni dei diritti umani da parte dei produttori chimicl, l’industria chimica globale ha adottato la Responsible Care initiative ma  Tuncak  fa notare che «Tuttavia, i principi di questa iniziativa industriale non menzionano i diritti umani e non richiedono che l’industria rispetti i diritti umani nella pratica quotidiana, come invece richiesto dagli  United Nations Guiding Principles on Business and Human Rights.

L’appello di Tuncak è stato immediatamente sostenuto dal Working Group on the issue of human rights and transnational corporations and other business enterprises dell’Human Rights Council e da Danius Pūras, un esperto indipendente Onu per i diritti mani e l’ambiente.