Glifosato: la Corte Ue riconosce i diritti dei cittadini

Annullate le decisioni dell’Efsa che negano l’accesso agli studi di tossicità e di cancerogenicità del glifosato

[8 Marzo 2019]

Secondo la nuova decisione della Corte di giustizia europea «L’interesse del pubblico ad accedere alle informazioni sulle emissioni nell’ambiente è appunto non solo quello di sapere che cosa è, o prevedibilmente sarà, rilasciato nell’ambiente, ma anche quello di comprendere il modo in cui l’ambiente rischia di essere danneggiato dalle emissioni in questione».
Esulta Maria Grazia Mammuccini, portavoce della Coalizione Stop Glifosato, (che raccoglie 51 associazioni ambientaliste, della società civile e dell’agricoltura biologica ) e responsabile della campagna Cambia la terra: «E’ di grandissima importanza la decisione del Tribunale Ue di dare libero accesso agli studi di tossicità e di cancerogenicità del glifosato. L’Efsa, l’agenzia per la sicurezza alimentare europea, aveva negato l’accesso ai dati motivandolo con il fatto che la divulgazione avrebbe potuto danneggiare gli interessi commerciali e finanziari delle imprese che hanno presentato gli studi e addirittura negando l’interesse pubblico prevalente alla divulgazione. Questa sentenza riconosce, finalmente, che a prevalere è proprio l’interesse della salute dei cittadini e dell’ambiente su quello dei fatturati delle aziende multinazionali che producono l’erbicida più utilizzato al mondo. Una vittoria dei cittadini che, dopo il pronunciamento nel 2015 dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) sulla possibile cancerogenicità del glifosato, avevano chiesto alla Commissione attraverso l’Ice-Iniziativa dei cittadini europei di vietare gli erbicidi a base di glifosato in tutti gli Stati membri».
Il glifosato, uno degli erbicidi più usati nell’Unione europea, era stato iscritto nell’elenco delle sostanze attive per un periodo che va dal 1° luglio 2002 al 30 giugno 2012, iscrizione prorogata temporaneamente fino al 31 dicembre 2015. Per il rinnovo dell’approvazione Ue del glifosato, la Germania, come Stato membro relatore, aveva presentato alla Commissione e all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) un “progetto di rapporto valutativo per il rinnovo”, pubblicato dall’Efsa il 12 marzo 2014.
La Corte di giustizia europea spiega che «Nella causa T-716/14, il sig. Anthony C. Tweedale ha presentato all’Efsa una domanda di accesso a documenti in forza del regolamento relativo all’accesso del pubblico ai documenti 1 nonché in forza del regolamento sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della Convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni 2 (in prosieguo: il «regolamento di Aarhus»). Tale domanda verteva su due studi di tossicità: «i due “studi chiave” utilizzati per determinare la dose giornaliera ammissibile (Adi) di glifosato. Nella causa T-329/17, le sig.re Heidi Hautala e Michèle Rivasi nonché i sig.ri Benedek Jávor e Bart Staes, membri del Parlamento europeo, hanno presentato all’EFSA una domanda di accesso a documenti in forza dei medesimi regolamenti. La loro domanda verteva sulle parti relative a “materiale, condizioni sperimentali e metodi” e a “risultati e analisi” degli studi sulla cancerogenicità del glifosato non pubblicati. Nella loro domanda, i ricorrenti hanno ricordato che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IAarc), nel marzo 2015, era pervenuta alla conclusione secondo cui il glifosato è potenzialmente cancerogeno e che, ciononostante, nel novembre 2015, l’esame inter pares dell’EFSA era giunto alla conclusione secondo cui il glifosato non presenta verosimilmente alcun rischio cancerogeno per l’uomo».
Nelle due cause, l’Efsa ha negato l’accesso dicendo, tra l’atro che: «1) la divulgazione di tali informazioni potrebbe arrecare serio pregiudizio agli interessi commerciali e finanziari delle imprese che hanno presentato i rapporti di studi; 2) non esisteva alcun interesse pubblico prevalente alla divulgazione; 3) non esisteva alcun interesse pubblico prevalente alla divulgazione delle parti degli studi alle quali i ricorrenti chiedevano accesso, atteso che tali parti non costituivano informazioni [riguardanti] emissioni nell’ambiente ai sensi del regolamento di Aarhus; 4 l’Esa ha ritenuto che l’accesso alle parti di tali studi non fosse necessario per verificare la valutazione scientifica dei rischi realizzata conformemente al regolamento relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari».
I ricorrenti hanno quindi chiesto l’annullamento delle decisioni delle Efsa al Tribunale dell’Unione europea che, con le due sentenze ricorda anzitutto «La presunzione secondo cui si ritiene che la divulgazione delle informazioni “[riguardanti] emissioni nell’ambiente”, ad eccezione di quelle relative alle indagini, presenti un interesse pubblico prevalente rispetto all’interesse concernente la tutela degli interessi commerciali di una determinata persona fisica o giuridica, cosicché la tutela di tali interessi commerciali non può essere opposta alla divulgazione di dette informazioni. Ciò implica che un’istituzione dell’Unione, quando riceve una domanda di accesso a un documento, non possa giustificare il suo rifiuto di divulgarlo sulla base dell’eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali di una determinata persona fisica o giuridica, qualora le informazioni contenute in tale documento configurino informazioni “[riguardanti] emissioni nell’ambiente”».
Dopo aver esaminato esamina poi la natura delle informazioni contenute negli studi richiesti al fine di accertare se tali studi costituiscono informazioni “[riguardanti] emissioni nell’ambiente, ai sensi del regolamento di Aarhus, il ha poi esaminato le informazioni contenute negli studi richiesti per accertare costituiscono informazioni “[riguardanti] emissioni nell’ambiente”, ai sensi del regolamento di Aarhus e ha constatato che «l glifosato è stato iscritto come sostanza attiva a decorrere dal 1º luglio 2002. A partire da tale data, il glifosato è stato autorizzato negli Stati membri ed è stato effettivamente utilizzato in prodotti fitosanitari. Il glifosato è uno degli erbicidi più usati nell’Unione. Le emissioni di glifosato nell’ambiente sono quindi reali. Detta sostanza attiva è in particolare presente sotto forma di residui nelle piante, nell’acqua e negli alimenti. Gli studi richiesti sono, di conseguenza, studi diretti a stabilire la cancerogenicità e la tossicità di una sostanza attiva che è effettivamente presente nell’ambiente».
Il Tribunale ha concluso che «l’Efsa non può sostenere che gli studi richiesti non riguardano emissioni effettive né gli effetti di emissioni effettive». Per quanto riguarda l’argomento dell’Efsa secondo cui un nesso con emissioni nell’ambiente non sarebbe sufficiente perché tali studi ricadano nell’ambito di applicazione del regolamento di Aarhus, il Tribunale rileva che «Dalla giurisprudenza della Corte di giustizia risulta che la nozione di “informazioni riguardanti emissioni nell’ambiente”, ai sensi del regolamento di Aarhus, non è circoscritta alle informazioni che consentono di valutare le emissioni in quanto tali, ma comprende anche le informazioni relative agli effetti di dette emissioni. Pertanto, il pubblico deve avere accesso non solo alle informazioni sulle emissioni in quanto tali, ma anche a quelle riguardanti le conseguenze a termine più o meno lungo di dette emissioni sullo stato dell’ambiente, come gli effetti di tali emissioni sugli organismi non bersaglio. Infatti, l’interesse del pubblico ad accedere alle informazioni sulle emissioni nell’ambiente è appunto non solo quello di sapere che cosa è, o prevedibilmente sarà, rilasciato nell’ambiente, ma anche di comprendere il modo in cui l’ambiente rischia di essere danneggiato dalle emissioni in questione. La nozione di “informazioni riguardanti emissioni nell’ambiente” deve quindi essere interpretata nel senso che essa include non solo le informazioni sulle emissioni in quanto tali, ossia le indicazioni relative alla natura, alla composizione, alla quantità, alla data e al luogo di tali emissioni, ma anche i dati relativi agli effetti a termine più o meno lungo di dette emissioni sull’ambiente».
Il Tribunale europeo ha concluso che «Gli studi richiesti devono essere considerati informazioni «[riguardanti] emissioni nell’ambiente» e che si ritiene che la loro divulgazione presenti un interesse pubblico prevalente. L’Efsa non poteva quindi negarne la divulgazione, adducendo che ciò avrebbe arrecato pregiudizio alla tutela degli interessi commerciali dei proprietari degli studi richiesti».
Quindi, «Nella causa T-716/14 Tweedale, il Tribunale annulla la decisione impugnata nella parte in cui l’EFSA ha negato la divulgazione di tutti gli studi richiesti, ad eccezione dei nomi e delle firme delle persone ivi menzionate. Nella causa T-329/17 Hautala e a., il Tribunale annulla la decisione impugnata nella parte in cui l’EFSA ha negato l’accesso alle parti “materiale, condizioni sperimentali e metodi” e “risultati e analisi” degli studi richiesti».