Ciò non toglie che all'inquinamento atmosferico siano legate 84.300 morti l'anno

In Italia l’aria è più trasparente e pulita di 40 anni fa

Analizzata per la prima volta la visibilità orizzontale dell’atmosfera. Raddoppiati i giorni con visibilità sopra i 10 o i 20 km, grazie soprattutto alle norme anti-inquinamento

[6 Agosto 2019]

Secondo lo studio1951–2017 changes in the frequency of days with visibility higher than 10 km and 20 km in Italy” pubblicato su Atmospheric Environment da un team di ricercatori del Dipartimento di scienze e politiche ambientali dell’università degli studi di Milano e dell’Istituto per le scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac), «negli ultimi quaranta anni l’atmosfera in Italia è diventata più limpida, e l’aria può considerarsi “più pulita”».

I ricercatori italiani (Veronica Manara, Michele Brunetti, Stefania Gilardoni, Tony Christian Landi e Maurizio Maugeri) hanno utilizzato i dati di una variabile meteorologica, la visibilità orizzontale in atmosfera, molto condizionata dal livello di inquinamento atmosferico, che non era mai stata studiata in modo esaustivo in Italia e spiegano che «la visibilità orizzontale è importante in diversi ambiti tra cui quello del traffico aereo, tanto da venire monitorata continuamente da molti decenni in tutte le stazioni del Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare, dove un operatore addestrato valuta, mediante una serie di riferimenti, quale è la massima distanza alla quale un oggetto risulta visibile».

Lo studio esamina l’evoluzione della frequenza delle giornate con “atmosfera limpida” (con visibilità superiore a 10 e a 20 km) in diverse aree del territorio italiano nel periodo 1951-2017 ed evidenzia che «Questa frequenza è cambiata fortemente in tutte le aree considerate e i cambiamenti più grandi si sono avuti nelle aree più inquinate del Paese tanto che, in zone come il bacino padano, la frequenza dei giorni con visibilità sopra i 10 o i 20 km è più che raddoppiata negli ultimi 40 anni».

Dati che sembrano in contraddizione – ma in realtà non lo sono – con il fatto che la Pianura Padana risulta ancora la regione più inquinata da smog e pericolosa per la salute d’Europa, visto che anche recentemente l’Ispra nello studio “Analisi dei trend dei principali inquinanti atmosferici in Italia 2008-2017”, che «indaga la presenza nell’aria di una o più sostanze in concentrazione tale da avere la potenzialità di produrre un effetto avverso», scriveva: «Nel periodo analizzato si rileva una larga prevalenza di casi in cui le concentrazioni di PM10, PM2,5 e NO2 diminuiscono. È confermata invece la mancata riduzione nei valori medi delle concentrazioni dell’ozono». In particolare, per il PM10 il trend è decrescente nel 77% delle stazioni di monitoraggio analizzate, per il PM2,5 nel 69% e per l’NO2 nel 79%, mentre «nessun segno di diminuzione» è stato registrato per i valori medi dell’ozono, che «rimangono stabili negli anni».

Ciò non toglie che per tutti gli inquinanti analizzati la situazione rimanga critica, dato che «lo studio mostra chiaramente come in diverse parti d’Italia si superino ancora i valori limite per il materiale particolato, il biossido di azoto, l’ozono troposferico». Tanto che l’Agenzia europea dell’ambiente (Eea) testimonia un triste record per in termini di inquinamento atmosferico per il nostro Paese: in un solo anno (2015) in Italia le concentrazioni di PM2,5 sono state responsabili di 60.600 morti premature, quelle di NO2 di altre 20.500 e quelle di O3 3.200 ancora, per un totale di 84.300 morti. Nessuno ha registrato un dato peggiore in Europa in termini assoluti.

Università degli studi di Milano e Cnr-Isac  ricordano che «in Italia, così come negli altri Paesi più sviluppati, le emissioni di sostanze inquinanti sono fortemente cambiate negli ultimi decenni e, a una rapida crescita delle emissioni negli anni ’60 e ’70, dovuta al tumultuoso sviluppo economico di questo periodo, ha infatti fatto seguito un’altrettanta rapida decrescita dovuta ad una serie di norme emanate per ridurre l’inquinamento atmosferico nelle nostre città.

Maugeri, dell Cnr-Isac  e docente di fisica dell’atmosfera all’Università di Milano, sottolinea che «le analisi effettuate hanno quindi messo in evidenza in modo molto efficace il grande successo che si è avuto in Italia sul fronte della lotta all’inquinamento atmosferico. Tuttavia, non dobbiamo scordare che si può e si deve fare ancora di più per completare il percorso di risanamento che i dati di visibilità in atmosfera documentano in modo così efficace».

La Manara, del Cnr-Isac, aggiunge che «Un altro aspetto di grande rilevanza delle analisi è che esse mettono in evidenza in modo molto efficace il legame tra i livelli del particolato atmosferico e la trasparenza dell’atmosfera. Le emissioni degli inquinanti che concorrono al particolato atmosferico, oltre a danneggiare la nostra salute, vanno infatti ad interagire con la radiazione solare riflettendola verso lo spazio causando un raffreddamento della superficie terrestre provocando, quindi, un effetto opposto a quello dei gas climalteranti, come l’anidride carbonica».

Lo studio conclude che «l’aumento del contenuto di aerosol in atmosfera registrato fino agli inizi degli anni ’80 ha quindi parzialmente nascosto l’aumento di temperatura causato delle sempre più alte concentrazioni di anidride carbonica. Negli ultimi decenni, invece, grazie alle politiche di contenimento delle emissioni, la progressiva riduzione degli aerosol ha determinato un aumento della radiazione solare che giunge a terra “smascherando” il vero effetto dei gas serra. Infatti, mentre tra gli anni ’50 e la fine degli anni ’70 la temperatura nel nostro Paese è rimasta pressoché costante, dagli anni ’80 ad oggi è cresciuta di quasi mezzo grado ogni decennio».