Inquinamento del Lambro, l’amministratore di Lombarda Petroli colpevole di disastro ambientale

Nel 2010 finirono ne fiume lombardo 2.600 tonnellate di idrocarburi

[7 Aprile 2016]

La Corte di Appello di Milano,  riformando parzialmente la sentenza di primo grado emessa nel 2014 dal Tribunale di Monza, ha condannato per disastro ambientale colposo Giorgio Crespi, custode dell’impianto della Lombarda Petroli, sia Giuseppe Tagliabue, amministratore del deposito di Villasanta (MB) dal quale, nella notte tra il 22 e il 23 febbraio 2010, fuoriuscirono 2.600 tonnellate di idrocarburi che devastarono il fiume Lambro, con danni che si estesero lungo tutto il suo corso, arrivando a colpire anche il Po e l’Adriatico. Quello del 2010 è stato durissimo colpo per il Lambro, un corso d’acqua che già versava in non buone condizioni e che ancora oggi attende politiche di risanamento e rilancio che appaiono lontane dal venire nonostante la sottoscrizione, da parte delle amministrazioni, del Contratto di Fiume.

Il Wwf, costituitosi parte civile, sottolinea che la sentenza arriva proprio nei giorni dello storico maxirisarcimento per il disastro petrolifero del Golfo del Messico e aggiunge che «il giudice di secondo grado ha finalmente condannato i responsabili della società che gestiva il deposito di carburanti, rinviando  al giudice civile la quantificazione del risarcimento dei danni. Certamente non saranno liquidate le somme poste a carico del colosso americano proprio in questi giorni condannato dalle corti federali per il disastro del Golfo del Messico, ma è comunque un importante passo avanti  nell’applicazione anche in Italia dei risarcimenti del danno per i disastri ambientali causati dal petrolio».

Paola Brambilla, delegata Wwf Italia per la Lombardia, ricorda che «il Wwf gestisce due importanti oasi lungo il Lambro, che sono state interessate dall’evento, e che al Cras Wwf di Vanzago, centro di recupero degli animali selvatici, nei giorni successivi sono stati ricoverati e curati decine di esemplari di avifauna e fauna minore compromessa dagli idrocarburi. L’associazione è stata sempre in prima linea nella difesa concreta del territorio e dell’ambiente».

Legambiente, che si è costituita parte civile, non nasconde la sua delusione per un procedimento che dopo più di 6 anni attende ancora la sentenza definitiva e che nel frattempo, ha visto svanire nel nulla alcuni capi di imputazione, come ad esempio quello relativo allo sversamento abusivo, per intervenuta prescrizione e su cui pende l’incertezza dell’effettivo risanamento ambientale del fiume. Barbara Meggetto, presidente del Cigno Verde lombardo, ha detto: «Siamo soddisfatti a metà per questa sentenza. E’ sicuramente positivo che la sentenza abbia individuato i responsabili di uno dei più gravi disastri ambientali che hanno colpito la Lombardia negli ultimi 20 anni. Finalmente sono state attribuite specifiche colpe anche a chi dirigeva la Lombarda Petroli e non solo al custode dell’impianto. Ci dispiace che questa sentenza sia arrivata dopo così tanti anni con la conseguenza di vanificare almeno in parte gli sforzi investigativi profusi da forze dell’ordine e magistratura, ma siamo ancora più rammaricati dal fatto che molto probabilmente chi si è stato riconosciuto responsabile di questo tragico inquinamento non sarà mai chiamato a risarcire l’ambiente e la collettività per gli incalcolabili danni arrecati al fiume e ai suoi habitat».